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Se nelle obbligazioni del locatore vi rientra anche quella di procurare al conduttore il certificato di abitabilità dell’immobile.-
Locatore ha l'obbligo di ottenere il certificato di abitabilità dell'immobile
Cassazione , sez. III civile, sentenza 11.04.2006 n° 8409

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8409 dell'11 aprile 2006, ha precisato che nelle obbligazioni del locatore vi rientra anche quella di procurare al conduttore il certificato di abitabilità dell’immobile.
Detto obbligo sussiste – salvo patto contrario – sia nel caso in cui l’immobile sia destinato ad uso abitativo, sia nel caso venga adibito ad uso commerciale o anche ad uso di deposito.
Qualora tale certificato non sia ottenibile, si ha una situazione di grave inadempimento del locatore, a fronte della quale il conduttore può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
(Presidente G. Nicastro, Relatore L.A. Scarano)
Sentenza 11 aprile 2006, n. 8409 Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 27/10/81 il sig. C. R. conveniva la società E&C. Costruzioni s.r.l. avanti al Tribunale di Cagliari per ivi sentir accertare e dichiarare "il grave inadempimento della convenuta" e la legittimità del proprio recesso dal contratto con la medesima stipulato in data 25 novembre 1980 di locazione di un seminterrato sito in (OMISSIS) "da adibire a deposito merci".
Esponeva al riguardo che, seppure fissata la decorrenza della locazione per la data del 25 novembre 1980, l'inizio del pagamento dei canoni era stato stabilito per il 1 gennaio 1981, essendo ancora in corso lavori di ultimazione, e di aver conseguito la effettiva disponibiltà dei locali soltanto nell'ultima decade di gennaio del 1981, senza che gli venissero peraltro consegnati i certificati di abitabilità e di uso commerciale, indispensabili per poter utilizzare i locali per depositarvi le merci.
Aveva successivamente appreso del mancato rilascio dei suindicati certificati da parte delle competenti autorità amministrative nonchè, conseguentemente, dell'autorizzazione sanitaria all'uopo necessaria, e non avendo potuto utilizzare quale deposito commerciale il magazzino locato era stato costretto ad interrompere alcuni rapporti di fornitura di generi di erboristeria, dietetica e macrobiotica che l'avevano condotto a porre fine all'attività cui il locale era destinato, sicchè si era finalmente indotto a recedere dal contratto di locazione in questione.
Nella resistenza della società convenuta, con sentenza parziale dell'8/2/90 l'adito giudice dichiarava risolto il contratto per inadempimento della locatrice, che condannava altresì al pagamento delle spese di lite.
Interposto gravame dalla società E&C. Costruzioni s.r.l., cui resisteva il C., con sentenza del 15/4/2002 la Corte d'Appello di Cagliari, in accoglimento dell'impugnazione ed in riforma dell'impugnata decisione di primo grado, nel disattendere l'istanza istruttoria di deferimento del giuramento suppletorio proposta in via subordinata rigettava tutte le domande originariamente formulate dal C., con conseguente condanna del medesimo alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Esponeva al riguardo che ai sensi del R.D. n. 1265 del 1934, art. 221 (T.U. delle Leggi Sanitarie) il certificato di abitabilità è irrilevante con riferimento a locali destinati - come nel caso in esame - ad uso diverso da abitazione; che vi era stata da parte del conduttore appellato una utilizzazione in concreto dell'immobile locato con (quantomeno un "tentativo" di) modificazione della destinazione d'uso dell'immobile contrattualmente pattuita quale "deposito merci" in quella di "deposito commerciale", confermata anche dalla assunta prova testimoniale; che "la riflessione sulla notevole differenza concettuale determina una ipotesi di palese inadempimento negoziale da parte del conduttore"; che in base ad "orientamento giurisprudenziale sul punto, ormai consolidato in sede di legittimità", non è "onere del locatore ottenere le eventuali autorizzazioni amministrative necessarie per l'uso del bene locato", salvo patto contrario nel caso invero non emergente dallo stipulato contratto.
Avverso la suindicata sentenza della corte di merito ricorre ora per Cassazione il C., sulla base di 4 motivi.
Resiste la società società E&C. Costruzioni s.r.l., con controricorso illustrato da memoria.
Motivi della decisione
Con il 1 motivo il ricorrente denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, concernente la destinazione del locale.
Si duole in particolare che la corte di merito abbia immotivatamente ravvisato la sussistenza della sua "intenzione" di ottenere il mutamento della destinazione d'uso contrattualmente pattuita dell'immobile allo scopo di "aprire un esercizio commerciale destinato alla vendita al pubblico", per poter a fine rapporto locatizio così conseguire quell'indennità di avviamento che in sede di negoziazione era rimasta viceversa esclusa.
Deduce che la Corte d'Appello di Cagliari ha valorizzato la deposizione testimoniale di un funzionario comunale al riguardo invero inidonea; che non vengono nel caso in rilievo i contatti con il pubblico; che non sono stati considerati i contratti, prodotti in atti, da lui stipulati con imprese quali la Cadey, Fior di loto ed Ulrich, delle quali era divenuto concessionario, svolgendo pertanto un'attività che "contrasta" con la vendita al pubblico.
Sostiene che tale giudice avrebbe dovuto considerare che (anche) per utilizzare il locale ad uso deposito di merci è invero necessaria la certificazione da parte dell'Ufficiale sanitario del Comune, oltre al fatto che la stessa società locatrice aveva costruito su sua richiesta bagno e antibagno, nonchè apposto delle zanzariere, stante la necessità di assicurare la necessaria protezione e la salubrità dell'immobile locato.
Con il 2 motivo, denunziando violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, con riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all'art. 221 del citato (T.U. delle Leggi Sanitarie), il ricorrente invoca l'autorità della pronunzia Cass., Sez. Un. Pen., 6/7/1996, n. 6818 (Timpani), ove si è affermato essere la licenza di abitabilità necessaria anche nel caso in cui un edificio venga destinato ad usi diversi da quello abitativo, non essendo il D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4 (unica fonte normativa che distingueva tra "certificato di abitabilità" e "certificato di agibilità", riservando il primo agli immobili destinati ad uso abitativo ed il secondo a quelli utilizzati in modo diverso), più in vigore sin dal 28 luglio 1994, dal tempo cioè di efficacia del D.P.R. n. 425 del 1994, il quale tale distinzione ha soppresso prescrivendo che ai fini dell'utilizzabilità - in tutto o in parte - degli edifici il proprietario è tenuto a richiedere il certificato di abitabilità.
Con il 3 motivo, denunziando violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento agli artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione alla clausola contrattuale riguardante la destinazione dell'immobile locato ad uso "deposito merci", il ricorrente lamenta in particolare l'apoditticità e l'infondatezza della distinzione dalla Corte d'Appello operata tra "deposito merci" e "deposito commerciale", ribadendo il proprio diritto ad ottenere in ogni caso un locale a norma di legge ed oggettivamente idoneo alla sua naturale utilizzazione.
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Nell'impugnata sentenza la corte di merito afferma essere la licenza di abitabilità nel caso che ne occupa del tutto irrilevante, avendo il contratto di locazione ad oggetto un immobile destinato ad uso diverso da abitazione.
Come già posto in rilievo da Cass. Sez. Un. Pen., 19/6/1996, n. 6816, P.M. in proc. Timpani (richiamata anche dal ricorrente), è invero ormai superato il risalente orientamento (per il quale v.
Cass. pen., sez. 3^, 20/1/1981, n. 3887, Canali) secondo cui l'obbligo di munirsi dell'autorizzazione all'abitabilità era prescritta soltanto per gli immobili adibiti ad uso abitativo, per quelli aventi diversa destinazione viceversa esistendo adempimenti sostitutivi ugualmente idonei alla salvaguardia delle esigenze igienico-sanitarie tutelate dal R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, art. 221.
Orientamento interpretativo che era rimasto disatteso, in accordo con la migliore dottrina, già dalla successive pronunzie di questa Corte (v. Cass. Pen., sez. 3^, 23/1/1985, Spanò; Cass. Pen., sez. 4^, 11/1/1983, Paglianti; Cass. Pen., sez. 3^, 22/4/1985, Barberis; Cass. pen., sez., Sez. 3^, 21/8/1986, Pitella; Cass. Pen., sez. 4^, 28/6/1989, Nobile; Cass. Pen., sez. 1^, 29/3/1989, Montecucco; Cass. Pen., sez. 3^, 13/7/1992, Santulli; Cass. Pen., sez. 4^, 7/2/1994, Ferrante; Cass. pen., sez. 3^, 30/6/1995, n. 1758, Menaldo; Cass. pen., sez. 3^, 16/1/1996, n. 120, P.G. in proc. Boldrini; Cass. pen., sez. 3^, 3/11/1995, n. 3704, P.M. in proc. Cialdi ed altri; Cass. pen., sez. 3^, 19/9/1997, n. 923, P.M. in proc. Riccardi; Cass. pen., sez. 3^, 5/2/1998, n. 503, P.M. in proc. Petrucci ed altro. Contra, nel senso che la mancanza del certificato di abitabilità non integra più il reato di cui al citato art. 221 per intervenuta abrogazione da parte del D.P.R. n. 425 del 1995, art. 5 v. Cass. pen., sez. 3^, 27/1/1996, n. 812, Caltabiano), prima dell'emanazione del D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, che ha soppresso la distinzione tra il certificato di "abitabilità", riservato agli immobili destinati ad uso abitativo, e quello di "agibilità", relativo agli immobili utilizzati ad uso diverso da abitazione, posta dal D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, non più in vigore sin dal 28 luglio 1994.
Con la conseguenza che la disciplina normativa unitaria del procedimento autorizzativo, correlata alla ineludibile ed insostituibile necessità di tutelare le condizioni igienico- sanitarie degli edifici a qualsiasi titolo frequentati dalle persone fisiche, non può essere in alcun modo rimessa in discussione (v. la citata Cass. Sez. Un. Pen., 19/6/1996, n. 6816, P.M. in proc. Timpani).
Il D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425, art. 4 (emanato in attuazione della delega di cui alla L. n. 537 del 1992, art. 2, comma 7) prevede che "1. Affinchè gli edifici, o parti di essi, indicati nel R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 220, possano essere utilizzati, è necessario che il proprietario richieda il certificato di abitabilità al sindaco, allegando alla richiesta il certificato di collaudo, la dichiarazione presentata per l'iscrizion...

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