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Se il condomino può pretendere il risarcimento del danno per l'insufficiente grado di riscaldamento nel proprio appartamento.-
Impianto di riscaldamento centralizzato: omessa riparazione e risarcimento
Cassazione , sez. II civile, sentenza 31.05.2006 n° 12956

Il singolo condomino non è titolare verso il condominio di un diritto di natura sinallagmatica, poichè l'obbligo di pagamento degli oneri condominiali trova causa nella disciplina del condominio e non in un rapporto contrattuale che obblighi.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12956 del 31 maggio 2006, precisando che il condomino, il quale lamenti l'insufficiente grado di riscaldamento nel proprio appartamento e la colpevole omissione del condominio nel provvedere alla riparazione dell'impianto centralizzato, può pretendere il risarcimento del danno conseguente subito, ma non la restituzione dei contributi versati per il godimento del servizio fornito.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
SENTENZA 31 maggio 2006 n. 12956
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione 12/09/88 B.P. convenne davanti al Tribunale di Terni, il condominio di Via ..... e, deducendo che l'impianto centralizzato di riscaldamento per cattivo funzionamento, non imputabile all'istante, forniva all'appartamento di sua proprietà una temperatura insufficiente e, comunque, inferiore a quelle delle altre unità immobiliari, chiese fosse posto in essere, a spese del condominio, come stabilito dall'art. 9 del Regolamento condominiale, ogni intervento necessario per ottenere l'omogeneità di erogazione del calore nel proprio appartamento pari a quello degli altri immobili condominiali. Il condominio, costituitosi, sollevate eccezioni di rito, nel merito contestava la domanda, siccome infondata, assumendo che l'impianto centralizzato era perfettamente funzionante. Disposta ed espletata C.T.U., il B., all'udienza di precisazione conclusioni (28/09/94) chiedeva, inoltre, che il condominio venisse condannato al risarcimento dei danni subiti, nella misura indicata di L. 15.000.000, nonchè alla restituzione delle somme erogate per il servizio di riscaldamento in tutto o in parte non goduto, ed al rimborso di tutte le spese sostenute e di quelle giudiziali. Il Tribunale, con sentenza 4/07/97, respinte le eccezioni di rito, condannava il condominio ad eliminare tutte le deficienze strutturali dell'impianto centralizzato di riscaldamento al fine di fornire in modo continuativo all'appartamento dell'attore una quantità sufficiente di calore pari a quello fornito agli altri condomini; nonchè a pagare a titolo risarcitorio, una somma incrementata di L. 5.000.000, pari al contributo che il B. aveva versato o che avrebbe dovuto versare per le spese di combustibile o per la manutenzione ordinaria dell'impianto, dalla data della domanda fino a quella della sentenza; lo condannava, ancora, a pagare, sempre a titolo risarcitorio la somma di L. 11.425.785 versata dall'attore al proprio consulente tecnico, oltre rivalutazione, ed interessi; nonchè a rifondere al B. le spese del giudizio; respingeva la domanda di restituzione delle somme versate per il riscaldamento. Su impugnazione principale del Condominio ed incidentale del B., che chiedeva, in via principale, la conferma della sentenza del tribunale oltre al risarcimento dei danni posteriori alla sentenza ed, in via subordinata e di appello incidentale, la condanna del condominio ad effettuare l'equilibratura fine o altro migliore intervento tecnico ritenuto idoneo, oltre alla condanna alla restituzione delle somme versate, per non aver usufruito del servizio; la corte di appello di Perugia, con sentenza 23/02/2001, in parziale riforma, accoglieva nel merito l'appello del condominio, respingeva l'appello incidentale del B., nonchè la domanda di risarcimento dei danni materiali e morali dallo stesso avanzata; riduceva le spese corrisposte al consulente tecnico del B.; ordinava la cancellazione delle espressioni ritenute offensive nell'atto di appello; condannava il B. al pagamento delle spese del grado. Precisato: che è incontestabile perchè accertato dal C.T.U. e dallo stesso consulente di parte del condominio che, al momento dell'introduzione della causa, i difetti strutturali dell'impianto limitarono considerevolmente il rendimento del servizio di riscaldamento in particolare a danno dell'alloggio del B.; che, tuttavia, a seguito di modifiche apportate all'impianto, come risulta dal supplemento di C.T.U. a seguito di una seconda misurazione effettuata in un sopralluogo, si è constatato, nell'appartamento B., una differenza di temperatura tra mandata e ritorno del radiatore notevolmente più bassa di quella constatata 30 minuti prima in una precedente misurazione (che viceversa dava quel valore di molto superiore, indice del passaggio nel radiatore di una quantità di fluido caldo inferiore a quella necessaria); che il constatato indice più basso della seconda misurazione è indicativo di una portata congruente con le altre rilevate ai vari piani; che il C.T.U. non è riuscito a spiegare il perchè della differenza tra le due misurazioni; che la c.d. equilibratura fine sarebbe operazione complessa, dispendiosa, di scarsa e comunque breve efficacia; afferma la corte d'appello che, in relazione alla struttura dell'impianto, la resa in termini calorici per l'alloggio del B. è comparabile a quella degli altri appartamenti, in conseguenza degli interventi effettuati nel corso del giudizio. Afferma ancora la corte d'appello: quanto alla domanda del B. di restituzione delle somme da lui versate per l'erogazione del servizio, che la circostanza dell'insufficiente erogazione del calore dall'impianto centralizzato non giustifica per il condomino l'esonero dal contributo non essendo egli titolare nei confronti del condominio di un diritto di natura contrattuale sinallagmatica; quanto alla domanda di risarcimento danni che, pur sussistendo la violazione del diritto del B. ad ottenere che l'impianto fosse commisurato in modo da assicurare un uniforme riscaldamento di tutti gli appartamenti e pur sussistendo la colpa per negligenza del condominio, il diritto al risarcimento configurabile ex art. 2043 c.c. non può in concreto essere riconosciuto al B. perchè nessun danno economico ha dimostrato di aver subito, per cui non è possibile neppure procedere ad una valutazione equitativa; e se può senz'altro convenirsi che sia stata inflitta al medesimo ed alla sua famiglia un disagio fisico per l'insufficiente riscaldamento, è tuttavia noto che il danno non patrimoniale può essere risarcito solo a seguito di commissione di reato, inesistente nel caso di specie. Ritiene ancora la corte sproporzionata ed immotivata la somma liquidata al consulente di parte B., che può essere ridotta a quanto richiesto con la parcella 24/05/91, tenuto conto che il C.T. di parte va liquidato in base alle tariffe professionali. Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione il B. con sei motivi di impugnazione. Resiste con controricorso il condominio. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deduce il ricorrente a motivi di impugnazione: 1) l'omessa, insufficiente, illogica ed incongrua motivazione su punti decisivi della controversia, anche per mancata ed errata valutazione di risultanze processuali, e per travisamento di fatti, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5. - per avere la corte d'appello, discostandosi e travisando le obiettive risultanze peritali acquisite nel 1^ grado di giudizio, erroneamente affermato che, in virtù delle modifiche apportate all'impianto, nel 1990, dall'ing. M., consulente di parte del condominio, la resa dell'impianto, in termini calorici era, per l'appartamento del B., comparabile a quella degli altri appartamenti del condominio, OMETTENDO di considerare: A) che il dato, assolutamente isolato e casuale, emerso nel 1995 (e non nel (1990) era di per sè insignificante in quanto conseguente a due misurazioni contrastanti, delle quali il C.T.U. non aveva saputo fornire spiegazioni e che, per nulla, garantivano che fosse assicurato in modo continuativo all'appartamento del B., una quantità di calore pari a quella fornita agli altri condomini, tanto più che, nella seconda misurazione un dato, quello della sala dell'appartamento de quo, risultava insufficiente; B) che il C.T.U. a conclusione del supplemento di perizia aveva accertato che, sui quesiti espressamente postigli, "l'equilibratura fine" (operazione che lo stesso C.T.U. ed il C.T. del condominio avevano ritenuto importante soprattutto per impianti termici posti in opera grossolanamente (come quello di causa) ed in relazione ai difetti dallo stesso manifestati) era di tipo approssimativo e migliorabile, indicando anche le operazioni da eseguire; C) che non era stata effettuata dal C.T.U. la misurazione della temperatura ambienti, circostanza che lo stesso condomino, nell'atto di appello, aveva rilevato come il più importante accertamento omesso; 2) la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( art. 329 c.p.c., comma 2) ed extrapetizione ( artt. 99 e 112 c.p.c.) in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3. - per avere la corte d'appello, con vizio di extra-petizione, erroneamente respinto la domanda di risarcimento danni sul presupposto che il danno patrimoniale non era stato provato, nonostante: A) il condominio non avesse impugnato specificamente sul punto la decisione del Tribunale che, delle due domande proposte dal B. (di risarcimento e di restituzione degli oneri corrisposti), aveva accolto la prima domanda liquidando equitativamente il danno e quantificandolo con riferimento alle quote imputate al B. per spese di esercizio, aumentate di L. 5.000.000; B) l'impugnazione del condominio si fosse limitata a censurare la decisione del tribunale per aver costretto il condominio a restituire somme che il B. avrebbe dovuto versare al condominio, e che non aveva mai versato; D) la formazione del giudicato interno, sull'an e sul quantum risarcitorio, precludesse alla corte d'appello ogni indagine sul punto. 3) la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1223, 1226, 2043, 2056, 2059 c.c.), insufficiente, errata ed incongrua motivazione su punto decisivo della controversia anche per mancata valutazione di risultanze processuali, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. - per avere la corte d'appello erroneamente respinto la domanda di risarcimento danni affermando che il B. non aveva provato di aver subito un danno economico, nonostante: A) il danno, anche di natura contrattuale ex art. 9 del regolamento condominiale, dovesse ritenersi in re ipsa, una volta riconosciuto che il diritto del B. ad un riscaldamento efficiente era stato violato e che il condominio era in colpa per negligenza; B) il principio della risarcibilità del danno ingiusto, senza alcun riferimento alla natura patrimoniale dello stesso, stabilisca in via immediata la risarcibilità del complessivo "valore" della persona nella sua proiezione non solo oggettiva ed economica, ma anche soggettiva, della lesione dei diritti primari, in guanto inerenti alla persona umana, come anche la giurisprudenza più evoluta va affermando: B) la natura di illecito permanente non consenta di opporre alcun limite temporale al risarcimento (nè il 1990, non sussistendo alcun elemento obiettivo che consenta di riferire a tale epoca il miglior funzionamento dell'impianto; nè il 1995, in quanto, come emerso dalla C.T.U. suppletiva, l'equilibratura fine non era stata effettuata correttamente e l'impianto era ancora suscettibile di miglioramento per conseguire una omogenea, sufficiente ed equilibrata erogazione di calore nell'appartamento dell'attore; 4) la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1104, 1118, 1123, 1136 c.c.) e di principi di diritto (inadimplenti non est adimplendum - art. 1460 c.c.); l'omessa, insufficiente ed errata motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 9 del Regolamento condominiale) in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 e 5. - per avere la corte d'appello disatteso la domanda di restituzione delle somme sempre regolarmente corrisposte dal B. per la quota parte delle spese di riscaldamento dall'87 (a fronte di un servizio termico in tutto o in parte non goduto), sull'assunto affermato dalle SS.UU. di questa Corte, secondo cui non è applicabile ai rapporti di condominio il principio inadimplenti non est adimplendum, nonostante: A) parte della giurisprudenza di legittimità e della dottrina siano inclini ad estendere l'applicabilità del suddetto principio, pur in assenza di un vincolo sinallagmatico, semprechè vi sia interdipendenza fra le obbligazioni funzionalmene e teleologicaraente collegate fra loro; B) nel caso di specie l'art. 9 del regolamento condominiale, regolarmente trascritto, attribuendo al condomino il diritto a che l'impianto non funzionante sia regolarizzato a spese del condominio, abbia espressamente creato un rapporto di interdipendenza sinallagmatica lato sensu, fra obbligazioni; C) non sia, comunque, in discussione il principio suddetto, mai invocato dal B., ma la disciplina del condomini...

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