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QUESITO N. 066: Se il possessore, ha la possibilità di vendere l'immobile usucapito
tano 1889.
Inizialmente il Sig. Tizio deteneva i locali in qualità di custode/giardiniere, successivamente ottiene dal Prefetto di Napoli anche il riconoscimento di guardia particolare del bene.
Nel corso degli anni la proprietà degli immobili in questione subisce varie vicissitudini, ed in particolare vi è stato un primo trasferimento di proprietà avvenuto nel 1907, in base a donazione fatta dall’originario proprietario ed un secondo trasferimento avvenuto in base a contratto di compravendita stipulato, nel 1974, tra il nuovo proprietario ed una Cooperativa.
Nel 1981 vi è stato un contenzioso tra la Cooperativa e il nostro cliente conclusosi con l’emissione di una sentenza tra l’altro mai messa in esecuzione.
Nel 1984 il Comune, in cui i locali in questione si trovano, ha emesso un decreto di espropriazione degli stessi, per costruire in loco una villa comunale; provvedimento rimasto lettera morta per decorrenza dei termini previsti dalla legge.
Pertanto, La Cooperativa , ancora nella proprietà degli immobili, li vende nel 2002 con un regolare atto notarile, al suddetto Comune.
Nonostante i vari passaggi di proprietà, la famiglia del Sig. Tizio, nostra cliente, ha comunque continuato indisturbatamente a detenere gratuitamente l’appartamento al piano terreno, dove ancora oggi vive.

PREMESSE NORMATIVE E GIURISPRUDENZIALI

L’istituto giuridico che viene in rilievo, per la soluzione del caso prospettatoci, è quello dell’usucapione.
Si tratta di un modo di acquisto della proprietà che non si realizza attraverso il trasferimento di essa da un titolare ad un altro, ma attraverso il possesso, ossia attraverso un rapporto diretto con la cosa.
Perché il possesso, ovvero il potere di fatto esercitato sulla cosa, possa produrre l’acquisto della proprietà è necessario che esso si prolunghi per un determinato periodo di tempo e che soprattutto abbia particolari requisiti.
In base all’art. 1158 c.c. la proprietà dei beni immobili si acquista in virtù del possesso continuato per venti anni.
Ai fini dell’usucapione, il possesso deve essere continuo, non interrotto e deve essere esercitato in modo visibile e non occulto.
Solo il possessore può usucapire il bene, non può farlo, invece, il semplice detentore.
Detentore è colui che tiene la cosa nomine alieno, riconoscendo cioè il diritto altrui e non avendo l’intenzione di utilizzare la cosa come propria.
Solo in alcuni casi il detentore può usucapire il bene e cioè nel caso in cui egli acquisti il possesso o nel caso in cui egli cessi di riconoscere l’altrui diritto, contestandolo materialmente o in altro modo.
Tuttavia ai sensi dell’art. 1141 c,c., una volta dimostrato il potere di fatto, pubblico e indisturbato, esercitato sulla cosa, per il tempo necessario ad usucapirla, il possesso è presunto, per cui spetta alla controparte dare la prova contraria.
Ci si chiede se eventuali atti di disposizione da parte del proprietario in favore di terzi valgano a porre nel nulla un acquisto della proprietà avvenuto grazie al possesso ad usucapionem; la Giurisprudenza al riguardo ha affermato che gli atti di disposizione del diritto da parte del proprietario in favore di terzi non incidono sulla situazione di fatto utile ai fini dell’usucapione, rappresentando, rispetto al possesso, res inter alios acta, come tali ininfluenti sulla prosecuzione dell’esercizio della signoria di fatto sul bene, non impedito materialmente né contestato in modo idoneo (Cass. Civ. sez. II, 11 febbraio 2000, n. 1530).
Non valgono poi a disturbare il possesso nè eventuali atti giudiziali che non siano diretti ad ottenere ope iudicis la privazione del possesso né eventuali provvedimenti della Pubblica Amministrazione (es. decreto di espropriazione) quando il possessore usucapiente abbia com...

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