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Se l'agente immobiliare che non è iscritto nei ruoli degli agenti di affari in mediazione può percepire una forma di compenso alternativa alle provvigioni.-
ESTRATTO DELLA SENTENZA: il mediatore non iscritto nei ruoli degli agenti di affari in mediazione, il quale, ai sensi della citata legge n. 39 del 1989, art. 6, non ha diritto alla provvigione, non può pretendere alcun compenso neppure con l'azione generale di arricchimento senza causa, atteso che la stessa legge, art. 8 - secondo cui il mediatore non iscritto è tenuto a restituire alle parti contraenti le provvigioni percepite - comporta l'esclusione di ogni possibilità di percepire un compenso per l'attività di mediazione svolta da soggetto non iscritto.


TESTO DELLA SENTENZA

SENTENZA

Cassazione Civile Sent. n. 13184 del 05-06-2007

Svolgimento del processo

1. - Con sentenza pubblicata in data 17 aprile 2000, il Tribunale di Roma rigettò la domanda principale proposta dalla Società per azioni Vitali European Group VEG (d'ora in poi, anche VEG) di condanna dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (d'ora in poi, anche IPZS) al pagamento in suo favore della somma di L. trenta miliardi, oltre interessi moratori, in forza di un rapporto contrattuale intercorso tra le parti tra il volgere dell'anno (OMISSIS) e gli inizi del (OMISSIS), e quella alternativa di condanna dello stesso Istituto convenuto al pagamento della medesima somma, oltre rivalutazione ed interessi, a titolo di risarcimento danni per illecito arricchimento, e compensò tra le parti le spese di lite.

2. - La Corte d'appello di Roma, in parziale accoglimento della proposta azione ex art. 2041 c.c., condannava l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato al pagamento, in favore dell'appellante Società Vitali European Group, della somma di Euro 207.724,00, costituente la somma capitale di Euro 154.937,00 rivalutata all'attualità con gli interessi legali, dichiarando compensate tra le parti le spese di lite del grado per la metà e condannando per l'ulteriore parte l'Istituto appellato alla rifusione in favore della Società appellante.

2.1. - La Società VEG fondava il suo preteso credito sulla ipotizzata sussistenza, tra essa e l'IPZS, di un contratto, formatosi con uno scambio di fax in data (OMISSIS), sussunto nel tipo della cessione al Poligrafico di anteriori posizioni contrattuali intercorse in data (OMISSIS) tra la Società VEG ed il Governo dell'Ucraina, in persona del Gabinetto dei Ministri, in forza delle quali la Società VEG era incaricata di rappresentare gli interessi ucraini per l'ottenimento di crediti finalizzati alla realizzazione di progetti aventi interesse primario per l'economia ucraina, ed era inoltre incaricata di progettare e realizzare con i rappresentanti del mondo degli affari, con le garanzie del Governo dell'Ucraina, la creazione di nuove strutture industriali, comprendenti una cartiera, una fabbrica per la stampa di banconote, una zecca per il conio delle monete metalliche ed una fabbrica per la produzione di inchiostri.

Rilevava, in proposito, la Corte territoriale che lo scambio dei fax, se rispettava il requisito della forma scritta ad substantiam cui soggiacciono i contratti stipulati dalla P.A., non soddisfaceva il requisito generale della manifestazione volitiva dell'ente pubblico, la quale, in base alla L. 13 luglio 1966, n. 559, (Nuovo ordinamento dell'Istituto Poligrafico dello Stato) , poteva essere operata solo dal suo presidente, laddove nella fattispecie in esame il fax era stato sottoscritto, per l'Istituto Poligrafico, dal direttore generale M.A., senza che risultasse esservi stata una delega del presidente in favore di quest'ultimo, che avrebbe dovuto necessariamente essere scritta. Osservava, inoltre, che la presunzione della sussistenza di una delega in favore del direttore generale dell'Istituto da parte del suo presidente doveva escludersi, e ciò tanto più considerando che gli atti sottoscritti dal M. avevano mere funzioni preparatorie o di direttiva, mentre le dichiarazioni impegnative nelle situazioni negoziali (come il contratto in data 25 giugno 1992 e i relativi subcontratti, intercorsi tra il Governo Ucraino e l'Istituto Poligrafico) portavano la sottoscrizione del presidente di detto Istituto (OMISSIS).

La detta carenza volitiva integrava, ad avviso della Corte di Roma, carenza del requisito di cui all'art. 1325 c.c., n. 1, con conseguente nullità del contratto.

2.2. - Prima di esaminare funditus l'azione alternativa ex art. 2041 c.c., proposta dalla medesima Società, la Corte rilevava che tale azione era stata proposta dall'attrice non già generalmente per qualsiasi risultato di arricchimento conseguito dall'Istituto Poligrafico per effetto delle intraprese della Società VEG e dei suoi rappresentanti nella materia, ma specificamente in relazione alla situazione e ai rapporti discendenti dal contratto del 21 gennaio 1992, qualificato come vantaggiosa, per il Poligrafico, cessione del contratto del 16 novembre 1991 intervenuto tra la VEG ed il Governo Ucraino.

In proposito, la Corte capitolina osservava che gli accordi del (OMISSIS) costituivano un mandato concesso alla VEG per l'ottenimento di finanziamenti e per la programmazione e realizzazione con terzi di determinati impianti, e che tale mandato non era stato ceduto dalla VEG all'IPZS con il negozio del 21 gennaio 1992, che invece conferiva in via del tutto generale e programmatica alla medesima VEG l'affidamento da parte del detto Istituto di tutti gli interventi necessari per il perfezionamento, tra il Governo Ucraino e lo stesso Istituto Poligrafico, dei contratti di fornitura ed avviamento afferenti agli impianti di cui al detto mandato generale del (OMISSIS), nonchè l'organizzazione e l'assistenza per la realizzazione degli impianti: azioni, interventi, organizzazione ed assistenza da definirsi con ulteriore contrattazione specifica, in relazione alla quale, e non per le attività pregresse, era promessa un'aliquota del 10% + 2% sull'intero investimento effettuato dal Governo dell'Ucraina. Pertanto, secondo la Corte territoriale, il rapporto discendente dall'invalido negozio del (OMISSIS) era da qualificarsi come contratto quadro di mediazione.

La corte di Roma escludeva che alla VEG fosse data azione per il conseguimento del compenso, e ciò data la nullità del contratto quadro per sua contrarietà a norme imperative (in base alle applicabili - trattandosi di contraenti di nazionalità italiana e di contratto concluso in Italia - disposizioni di cui alla L. 3 febbraio 1989, n. 39, artt. 2 e 6), non essendo la VEG iscritta nel ruolo degli agenti di affari in mediazione.

Tuttavia - proseguiva la Corte d'Appello - alla VEG poteva essere data l'azione ai sensi dell'art. 2041 c.c., la quale poteva essere esclusa soltanto nell'ipotesi di nullità del contatto per illiceità della causa dovuta a contrarietà al buon costume.

Per quanto concerne il quantum di detta azione generale di arricchimento, lo stesso doveva essere parametrato, non all'aliquota del 10% + 2% sull'intero investimento nel settore del Governo Ucraino (giacchè tale aliquota era collegata agli accordi specifici contemplati nel mandato quadro del (OMISSIS), che non erano poi intercorsi tra la VEG ed il Poligrafico), ma al costo e alle spese delle attività poste in essere dalla Società VEG successivamente al negozio generale del (OMISSIS) - fino al suo fallimento intervenuto in data (OMISSIS) -, quali quelle relative alla stipula del contratto preliminare operato in data (OMISSIS) tra la VEG e la Banca Nazionale Ucraina e agli incontri organizzati tra i rappresentanti ucraini e lo staff dell'Istituto Poligrafico ed iniziative similari.

Detto contesto, ad avviso della Corte, era del tutto utile ai fini della conclusione del contratto del (OMISSIS) e dei suoi subcontratti, tale era stato riconosciuto testualmente dal Governo dell'Ucraina, e di esso l'Istituto si era reso utilizzatore e si era correlativamente avvantaggiato patrimonialmente.

Tale importo veniva dalla Corte d'Appello equamente e prudenzialmente stabilito, all'epoca del (OMISSIS), in L. trecento milioni, pari ad Euro 154.937,00, e tale somma - trattandosi di debito di valore - veniva rivalutata all'attualità, secondo gli indici ISTAT, in Euro 207.724,00. La Corte stabiliva anche la debenza degli interessi al tasso legale sull'importo di Euro 154.937,00 di anno in anno rivalutato, e su quello di Euro 207.724,00 dal giorno della sentenza al saldo.

3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello la Società VEG ha interposto ricorso, con atto notificato il (OMISSIS), affidato a tre motivi di censura.

Ha resistito, con controricorso, l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.a., il quale, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo.

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell'udienza pubblica.

Motivi della decisione
1.1. - Con il primo motivo, la Società VEG denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1323, 1325, 1326 e ss., 1339 c.c., L. 11 luglio 1988, n. 266, art. 1, art. 112 c.p.c., artt. 1406 e 1441 c.c. e art. 1444 c.c., comma 2, artt. 1470 e ss. e 1498 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè motivazione omessa o insufficiente su punti decisivi della controversia, rappresentati dalla qualificazione del negozio inter partes e dalla sua validità, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5.

Premette la ricorrente che, a fondamento della sua domanda principale, la Società VEG aveva dedotto la conclusione di un contratto di cessione tra essa e l'IPZS, concluso mediante scambio documentato di fax in data (OMISSIS), con il quale le parti avevano inteso sostanzialmente addivenire ad una totale successione dell'ente pubblico italiano, dietro il versamento di un preciso corrispettivo, in tutte le posizioni giuridiche antecedentemente spettanti alla VEG in virtù dei suoi rapporti con lo Stato dell'Ucraina.

Dopo avere passato in rassegna il contenuto dell'atto del (OMISSIS), della lettera dell'(OMISSIS) con cui la VEG aveva offerto al Poligrafico la cessione del contratto stipulato prima con il Governo dell'Ucraina, della lettera del (OMISSIS), a firma del direttore generale M., contenente l'impegnativa dell'Istituto per le forniture alla Repubblica Ucraina, dello scambio documentato di fax del (OMISSIS), in cui il Poligrafico, con le modifiche definitive, accettava di acquistare per un corrispettivo del 10% + 2% del valore globale dell'affare il contratto nel testo proposto, del contratto definitivo sottoscritto il (OMISSIS) dall'Istituto Poligrafico con lo Stato dell'Ucraina, nonchè della lettera del Ministro ucraino in data (OMISSIS), la VEG - premesso di avere "sostenuto innanzi alla Corte d'Appello che il contratto tra essa attrice e l'Istituto Poligrafico ben poteva considerarsi un contratto misto, con l'elemento dominante, e rappresentativo dal punto di vista causale, della cessione dietro corrispettivo" - rileva come fosse indiscutibile il diritto di essa cedente al corrispettivo, "sia considerando il contratto alla stregua di una compravendita mista ad altro tipo di negozio, e quindi in applicazione dell'art. 1498 c.c., quale disciplinata dal tipo prevalente, sia ravvisando nello stesso una cessione del contratto a titolo oneroso, tipica od atipica". "Esistendo un contratto traslativo ..., doveroso era il pagamento del corrispettivo e quindi doverosa era la richiesta di condanna dell'ente inadempiente al versamento di quanto pattuito: ossia d'un compenso (fosse esso da considerare prezzo o provvigione dal punto di vista giuridico) nella misura determinata per relationem mediante l'applicazione della ... percentuale del 10 + 2% sul valore dell'affare".

Ciò premesso, la ricorrente si duole che la Corte territoriale, apodittica sull'aspetto della qualificazione, abbia nondimeno dichiarato la nullità del contratto inter partes per "carenza volitiva" dell'Istituto, recando esso la sottoscrizione del direttore generale anzichè del presidente, ritenuto l'unico organo autorizzato ad esternare la volontà contrattuale dell'Istituto medesimo.

Ad avviso della ricorrente, "la Corte d'Appello, una volta ritenuta esistente la forma scritta e ravvisati gli altri elementi del contratto, avrebbe dovuto in effetti far diretta applicazione al negozio tra VEG e Istituto Poligrafico delle consuete norme privatistiche dettate dal codice civile a proposito dell'accordo delle parti e della rappresentanza ad negotia. Norme che, se applicate nel loro intero corpus, dovevano condurre il Giudice del merito a valutare la sussistenza dell'elemento della manifestazione volitiva dell'ente pubblico non in base al criterio soggettivo e formalistico della presenza, o meno, della sottoscrizione del presidente, ma in virtù dei canoni generali dettati in tema di accordo delle parti, appunto, dall'art. 1326 e ss. c.c.. In base a tali principi, riscontrata l'esternazione di una volontà dell'Ente effettuata in forma scritta e quindi ritenuto esistente in astratto un contratto sinallagmatico scritto, l'eventuale difetto soggettivo nella manifestazione di tale volontà, scorto nella firma di un organo in thesi non munito dei poteri, non poteva che considerarsi alla stregua di un ordinario difetto di rappresentanza. Quindi un difetto, pur ammessane per assurdo l'esistenza, non solo privo di effetti sul vincolo negoziale, ma tutt'al più rilevante esclusivamente sotto il profilo interno, e in ogni caso sanabile attraverso la successiva attività di ratifica". In tale prospettiva, l'eventuale difetto di poteri in capo al direttore generale poteva considerarsi tout court inopponibile alla VEG, rappresentando al limite solo una ragione di responsabilità del predetto organo, di rilevanza meramente interna; in ipotesi, anche ad assegnare all'"incompetenza" dell'organo un effetto sul vincolo contrattuale, il vizio procedimentale integrava, al massimo, una mera ipotesi di annullabilità del contratto.

Dalla riconduzione del preteso vizio, al più, ad una fonte di mera annullabilità, la Corte d'Appello non poteva che desumere le ordinarie conseguenze sul piano processuale e sostanziale: sul piano processuale, il vizio era non solo invocabile esclusivamente a cura della parte interessata, ma esclusivamente in via di eccezione di merito in senso stretto, con la conseguente non rilevabilità d'ufficio (non essendo d'altra parte ammissibili trasformazioni officiose dell'annullabilità in nullità, e ciò attesa la natura di ente pubblico economico dell'Istituto Poligrafico, in forza della L. 11 luglio 1988, n. 266); sul piano sostanziale, nulla ostava a scorgere, ai sensi dell'art. 1444 c.c., comma 2, una sanante convalida del contratto da parte dell'ente successivamente alla stipula del contratto in questione.

Comunque, la Corte d'Appello avrebbe dovuto accogliere la domanda principale della VEG anche muovendo dalla tesi della nullità del contratto per un vizio della rappresentanza organica. Al contratto andava infatti riconosciuta efficacia in forza della successiva ratifica, idonea, ex art. 1399 c.c., a sanare, con effetto retroattivo, l'eventuale difetto di rappresentanza del direttore generale: ratifica da ravvisare nella conclusione del contratto con le autorità ucraine da parte dell'Istituto Poligrafico, in persona del presidente, in data (OMISSIS) (contratto attuativo di quello concluso precedentemente con la Società VEG). E - ricorda la ricorrente - la disciplina del negozio concluso da un rappresentante senza poteri si applica anche alla c.d. rappresentanza organica degli enti pubblici, con la conseguenza che il contratto stipulato da un soggetto al di fuori dei suoi poteri può comunque formare oggetto di ratifica da parte dell'organo che sarebbe stato competente. Del resto - soggiunge la ricorrente - ogni ratifica, compresa quella relativa ad atti a forma scritta, non deve necessariamente estrinsecarsi in maniera esplicita, ma può risultare anche per facta concludentia a attraverso un comportamento del rappresentato dal quale sia chiaramente desumibile l'approvazione dell'operato di chi abbia assunto iniziative a suo nome pur in assenza dei relativi poteri di rappresentanza.

1.2. - Il secondo mezzo prospetta la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2231 c.c., L. 3 febbraio 1989, n. 39, artt. 2 e 6, artt. 1755 e 1756 c.c., art. 25 preleggi, (nel testo vigente anteriormente alla L. 31 maggio 1995, n. 218), artt. 1709, 1720 e 1761 c.c., e art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, e denuncia motivazione contraddittoria sul punto decisivo della controversia rappresentato dal diritto alla provvigione conseguente alla qualificazione del rapporto come di mediazione e sulla provvigione autonoma spettante per l'attività svolta in rappresentanza, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5.

Pur dando atto che il compenso previsto per la cedente mediatrice era determinato nell'aliquota del 10% + 2% del valore dell'intero investimento nel settore da parte del Governo dell'Ucraina, la Corte d'Appello avrebbe preteso di escludere ogni diritto a tale compenso in base ad un presupposto completamente errato, costituito dalla pretesa nullità del contratto quadro di mediazione ai sensi della L. n. 39 del 1989, artt. 2 e 6, per mancata iscrizione della VEG nel ruolo degli agenti di affari in mediazione.

Tale norma, ad avviso della Società ricorrente, sarebbe stata falsamente applicata al caso di specie per più profili.

In primo luogo perchè il contatto di mediazione non poteva considerarsi come concluso esclusivamente tra due soggetti di nazionalità italiana e in Italia. Nella vicenda in esame, la Società VEG aveva operato mettendo in relazione l'Istituto Poligrafico, da una parte, e il Governo dell'Ucraina, dall'altro. La L. n. 39 del 1989, era inapplicabile perchè il contratto di mediazione era di struttura eminentemente trilaterale ed una delle parti messe in contatto, che quindi doveva considerarsi a tutti gli effetti parte della mediazione, era addirittura un Governo straniero. Il fatto che una delle parti fosse uno Stato estero e l'affare concluso per effetto della mediazione fosse anch'esso collegato all'estero, in relazione ad attività da eseguire all'estero, impediva di ritenere la mediazione come nazionale, e quindi soggetta al diritto interno.

A tale conclusione la Corte d'Appello avrebbe dovuto giungere sia configurando la mediazione come rapporto non negoziale, sia riconducendola ad un rapporto contrattuale (di fatto): applicando le norme all'epoca vigenti, infatti, nulla autorizzava la conclusione recepita nella decisione impugnata, in quanto la vicenda non si poteva in alcun modo considerare esaurita nell'ambito nazionale e soggetta, come tale, alla limitazione della ricordata legge speciale.

Alla stregua dell'art. 25 preleggi, l'obbligazione di pagare la provvigione del mediatore VEG doveva ritenersi sorta in Ucraina, perchè in quella sede era stato concluso l'affare (tra IPZS e Stato estero) dal quale, ai sensi dell'art. 1755 c.c., era nato il diritto del mediatore alla provvigione.

Conclusione analoga doveva a fortiori essere raggiunta aderendo alla ricostruzione teorica della mediazione come rapporto non negoziale, perchè in tal caso - applicando l'art. 25 preleggi, comma 2 - l'obbligazione di pagamento doveva considerarsi regolata dal luogo in cui è avvenuto il fatto dal quale l'obbligazione deriva: fatto costituito o dalla conclusione dell'affare o comunque dai contratti creati per opera della VEG, tutti sorti e da eseguirsi all'estero.

Ad avviso della ricorrente, la sostanza delle cose, e quindi l'impossibilità di ridurre la mediazione ad una vicenda nazionale, non mutava neppure "dimenticando" l'art. 1755 c.c., e quindi ancorando la genesi dell'obbligazione di pagamento della provvigione alla conclusione di per sè del contratto o rapporto di mediazione, giacchè - si sostiene - "il primo contratto era intercorso all'estero tra VEG e Stato dell'Ucraina, e l'adesione al rapporto trilaterale di mediazione da parte dell'Istituto era avvenuta in un secondo momento: tale adesione ineriva a quella già precedentemente espressa dal mediatore ed aveva concorso a formare un unico vincolo contrattuale", da considerare dunque, anche per questo profilo, non una vicenda nazionale.

Per altro verso, ed a prescindere da tale considerazione (ritenuta assorbente), la ricorrente rileva che la necessità dell'iscrizione nell'albo professionale per la mediazione interna è prevista, sì, dalla L. n. 39 del 1989, ma senza che alla mancata iscrizione sia riconnessa una sanzione di nullità. Si era in presenza di un contratto di mediazione perfettamente valido, e purtuttavia non azionabile per il pagamento del compenso da parte del mediatore: ma tale mancata azionabilità, non vertendosi in tema di nullità del contratto, non poteva che essere eccepita dalla parte interessata, nei limiti rigorosi previsti dall'art. 180 c.p.c.. Non essendo questo avvenuto, e dovendosi escludere una rilevabilità ex officio, anche la mancata iscrizione si poneva come elemento impeditivo da far valere in via di eccezione a cura della parte tenuta al pagamento.

Comunque, costituendo per la VEG la mediazione un'attività occasionale, ne derivava la non obbligatorietà dell'iscrizione al ruolo, riservata ai soli esercenti in via professionale l'attività di mediazione.

In via ulteriormente subordinata, ad avviso della ricorrente incombeva sulla Corte d'appello il dovere di disapplicare la norma della L. n. 39 del 1989, art. 6, in quanto contrastante con norme comunitarie di rango superiore (in particolare, con la direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, n. 653), così come ritenuto a proposito della figura limitrofa dell'agente di commercio.

Infine, la ricorrente rileva che, ipotizzandosi - nella prospettiva della Corte d'appello - nel contratto del (OMISSIS) un negozio quadro di mediazione, le successive attività compiute in attuazione dell'incarico andavano considerate autonomamente, alla luce del combinato disposto degli artt. 1754 e 1761 c.c., quali attività compiute in virtù di un contratto (esecutivo del contratto quadro) di mandato. E poichè il mandato si presume oneroso, spettava al Giudice di merito provvedere comunque alla condanna dell'Istituto, riducendo all'occorrenza l'importo della provvigione.

1.3. - Con il terzo motivo (violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2041 c.c., comma 1, e degli artt. 1223 e 1226 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3; motivazione contraddittoria e insufficiente sul punto decisivo della cont...

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