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I requisiti della trattativa individuale per l’esclusione del Foro del consumatore.-

I requisiti della trattativa individuale per l’esclusione del Foro del consumatore


Nei contratti stipulati tra consumatore e professionista, affinché possa essere esclusa la vessatorietà della clausola che deroga al c.d. foro del consumatore, di cui all’art. 33, lett. u), cod. cons., è necessario che la singola clausola sia stata oggetto di specifica trattativa individuale, ai sensi dell’art. 34 cod. cons..-
Il principio è stato recentemente ribadito dalla III sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza 20 agosto 2010, n. 18785 con la quale si evidenzia come la trattativa deve avere i requisiti della individualità, serietà ed effettività.-
Con riguardo al requisito della individualità della trattativa i giudici di legittimità ritengono che la stessa deve avere avuto ad oggetto tutte le clausole costituenti il contenuto dell'accordo contrattuale, prese in considerazione sia singolarmente che nel significato assumente nell'ambito del complessivo tenore del contratto.-
In particolare la Suprema Corte precisa quindi che, qualora un contratto sia stato solo parzialmente oggetto di trattativa tra consumatore e professionista, l'esclusione dell'applicazione della disciplina di protezione del consumatore, prevista dagli artt. 33 e ss. cod. cons., è consentita con esclusivo riferimento a quelle clausole che abbiano costituito singolarmente oggetto di una specifica trattativa, seria ed effettiva, laddove invece la restante parte del contratto, che non sia stata negoziata, rimane assoggettata alla disciplina di tutela del consumatore.-
Come già affermato in passato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. civ., Sez. III, sentenza 20 marzo 2010, n. 6802 e 26 settembre 2008, n. 24262), inoltre, la Cassazione nella sentenza in commento ribadisce che qualora il consumatore contesti l’incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato citato, per violazione del c.d. foro del consumatore, non debba essere il consumatore stesso a provare l’assenza della trattativa, spettando invece al professionista fornire in giudizio la prova che la clausola contrattuale che deroghi al disposto dell’art. 33, lett. u), cod. cons. sia stata oggetto di trattativa individuale nei termini sopra esposti.-
La trattativa individuale costituisce, infatti, un prius logico rispetto alla verifica della sussistenza del significativo squilibrio in cui riposa l'abusività della clausola o del contratto, sicché spetta al professionista che invochi la relativa inapplicabilità dare la prova del fatto positivo dello svolgimento della trattativa e della relativa idoneità, in quanto caratterizzata dai suindicati imprescindibili requisiti, ad atteggiarsi ad oggettivo presupposto di esclusione dell'applicazione della normativa in argomento.-
La Cassazione aggiunge inoltre che in ogni caso non consente di superare la presunzione di vessatorietà della clausola derogatoria del foro del consumatore, il fatto che la competenza territoriale sia stata fissata in una località coincidente con l'applicazione di uno dei criteri ordinari delineati dal codice di procedura civile (in tal senso anche Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 14669).-
Nel caso esaminato dalla Cassazione, quindi, è stata affermata la vessatorietà della clausola contrattuale derogatoria del foro del consumatore, non avendo il professionista fornito la prova del fatto che la clausola stessa fosse stata oggetto di specifica trattativa individuale.-
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Sentenza 20 agosto 2010, n. 18785
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
È stata depositata in cancelleria relazione che, emendata da errori materiali, di seguito si riproduce:
"Il sig. V.R. propone regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. avverso la sentenza del Tribunale di Chiavari del 17/7/2009 declinatoria della competenza territoriale in favore del Tribunale di Milano, quale foro del consumatore, trattandosi di domanda spiegata nella sua qualità di architetto per la condanna dei committenti sigg.ri A. al pagamento del (residuo) compenso professionale spettantegli in ragione della compiuta attività di progettazione e di direzione dei lavori (eseguiti dall'impresa F.) di quattro posti auto all'interno di immobile di proprietà dei medesimi in Sestri Levante, oltre che per il risarcimento dei conseguentemente sofferti danni.
Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del d.lgs. n. 206 del 2005, artt. 3, 33 in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che l'adito giudice abbia erroneamente accolto l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata da controparte e ritenuto nel caso applicabile la disciplina di tutela del consumatore, e in particolare del c.d. foro del consumatore, laddove la detta disciplina è finalizzata a tutelare il contraente "debole", non potendo invero considerarsi tali i committenti del contratto de quo, trattandosi di avvocati, come tali pertanto maggiormente adusi di lui, architetto, a negoziare e redigere contratti.
Lamenta che, "al fine di qualificare o meno un soggetto come consumatore", erroneamente il giudice di merito ha nel caso ritenuto "irrilevante la ricchezza o la preparazione professionale del soggetto che agisce", giacché un soggetto non può essere qualificato come consumatore "quando, pur agendo per scopi estranei alla propria attività professionale, abbia la competenza e il potere contrattuale per negoziare, alla pari con un professionista del settore considerato".
Lamenta ulteriormente che nel caso di specie non vi è stata da parte sua alcuna predisposizione ed imposizione alla controparte del "contenuto contrattuale, considerato che, come ampiamente dimostrato nel corso del giudizio di prime cure, il contenuto e le modalità dell'incarico sono state sempre dettate dagli avvocati A. e, addirittura, alcune indicazioni costruttive (pavimentazione e spazi utilizzabili) sono state fornite dagli stessi committenti"; e di essersi anzi trovato lui "in posizione di debolezza contrattuale", non avendo, "in virtù dello stretto rapporto di amicizia che intercorreva con l'avvocato A.A.", avuto di fatto la possibilità di "negoziare il contratto", né di "tutelarsi innanzi alle richieste del committente".
Pone quindi il seguente quesito: "Se, considerate le qualità oggettive della prestazione (progettazione per la realizzazione di posti auto con ubicazione in ****) e le qualità soggettive dei resistenti in concreto (la professione, la ricchezza, e le modalità concrete con cui si è svolto il rapporto contrattuale tra le parti), considerata la ratio ispiratrice del codice del consumo, debba essere qualificato "consumatore" ai sensi del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 3 anche colui che, pur agendo per scopi estranei alla propria attività professionale, abbia la capacità, la competenza, e il potere contrattuale ed economico per negoziare alla pari con un professionista del settore considerato, e, pertanto, dica se la sentenza emessa dal Tribunale di Chiavari abbia correttamente statuito la competenza esclusiva del Tribunale di Milano quale foro esclusivo del consumatore, qualificando i resistenti come consumatori".
Il motivo si appalesa infondato, nei termini di seguito indicati.
Va anzitutto premesso che come questa Corte ha già avuto modo di affermare (v. Cass., 20/3/2010, n. 6802; Cass., 26/9/2008, n. 24262) la disciplina dettata dal d.lgs. n. 206 del 2005 (c.d. Codice del consumo), in cui è stata riversata quella dettata al Capo 15 bis del Codice civile, è applicabile ai contratti stipulati tra il "consumatore" ed il "professionista" (d.lgs. n. 206 del 2005, art. 3, comma 1) a prescindere dal tipo contrattuale dalle parti posto in essere e dalla natura della prestazione oggetto del contratto (v. Cass., 24/11/2008, n. 27911), essendo rilevante, come sottolineato anche in dottrina, il mero fatto che risulti concluso un contratto tra un soggetto (professionista) per il quale lo stesso costituisca atto di esercizio della professione, e cioè dell'attività imprenditoriale o di professionista intellettuale (v. Cass., 27/2/2009, n. 4914; Cass., 26/9/2008, n. 24257) esplicata o che rientri nel quadro della medesima in quanto volto a realizzarne una connessa finalità (v. Cass., 10/7/2008, n. 18863; Cass., 13/6/2006, n. 13643), ed altro soggetto (consumatore) per il quale, pur essendo se del caso il medesimo un professionista, il contratto sia viceversa funzionalizzato a soddisfare esigenze della vita comune di relazione, estranee all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale sua propria (cfr. già Cass., 25/7/2001, n. 10127).
La disciplina di tutela in argomento è invero altra e diversa da quella - concorrente - posta dall'art. 1341 c.c. e segg., e si è al riguardo in giurisprudenza di legittimità sottolineato che, laddove l'onerosità ex art. 1341 c.c., comma 2, attiene a contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, la disciplina di tutela del consumatore posta dal c.d.
Codice del consumo (e già dall'art. 1469 bis c.c. e segg.) è invece di comune e generale applicazione, non avendo riguardo solamente a contratti conclusi mediante moduli o formulari unilateralmente predisposti - in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti - da uno dei contraenti ma anche al contratto dal professionista predisposto in vista della singola stipula per lo specifico affare (v. Cass., 20/3/2010, n. 6802; Cass., 27/2/2009, n. 4914; Cass., 26/9/2008, n. 24262).
La disciplina posta dal Codice del consumo è infatti volta a garantire e tutelare il consumatore dalla unilaterale predisposizione e sostanziale imposizione del contenuto contrattuale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso, sostanziantesi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale, nella fondamentale espressione rappresentata dalla libertà di determinazione del contenuto del contratto. Con conseguente alterazione, su un piano non già solamente economico, della posizione paritaria delle parti contrattuali idonea a ridondare, mediante l'imposizione del regolamento negoziale unilateralmente predisposto, sul piano dell'abusivo assoggettamento di una di esse (l'aderente) al potere (anche solo di mero fatto) dell'altra (il predisponente).
Evidente è pertanto che non solo mediante la unilaterale predisposizione di moduli o formulari in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, ma anche in occasione della stipulazione come nella specie di un singolo contratto redatto per uno specifico affare, il professionista può invero, mediante l'unilaterale predisposizione ed imposizione del relativo contenuto negoziale, imporre la propria autorità (di fatto) contrattuale al consumatore.
La lesione dell'autonomia privata del consumatore, riguardata sotto il segnalato particolare aspetto della libertà di determinazione del contenuto dell'accordo, fonda allora sia nell'una che nell'altra ipotesi l'applicazione della disciplina di protezione in argomento.
Nel che si coglie la pregnanza e la specificità del relativo portato, giacché, diversamente dalla disciplina posta dall'art. 1341 c.c., comma 2, la vessatorietà d.lgs. n. 206 del 2005, ex artt. 33 e segg. può dunque attenere anche al singolo contratto (v. Cass., 20/3/2010, n. 6802; Cass., 26/9/2008, n. 24262).
In particolare, l'applicabilità della disciplina di cui al d.lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 1 e comma 2, lett. u), (c.d. Codice del consumo) è stata da questa Corte riconosciuta con riferimento a contratti singolarmente negoziati di prestazione d'opera professionale (v. Cass., 26/9/2008, n. 24262); di appalto privato avente ad oggetto lavori di ristrutturazione di bene immobile (v. Cass., 20/3/2010, n. 6802); di prestazione professionale medica concluso tra medico e paziente (v. Cass., 27/2/2009, n. 4914; Cass., 2/1/2009, n. 20).
Orbene, nella vicenda in esame trattasi di contratto tra le parti stipulato per l'attività di progettazione e di direzione dei lavori da parte dell'odierno ricorrente V., in esplicazione della sua attività professionale di architetto, e pertanto sicuramente integrante un suo atto della professione, in favore dei committenti sigg.ri A., in vista del soddisfacimento delle esigenze dei medesimi quali proprietari degli immobili di abitazione facenti parte dello stabile in questione sito in ****, contratto da costoro pertanto stipulato non già nell'esercizio della loro professione di avvocati bensì nella veste di committenti di appalto privato.
Ricorrono pertanto in astratto, sotto il profilo considerato, le condizioni per l'applicabilità della disciplina di tutela del consumatore dettata al d.lgs. n. 206 del 2005, art. 33 e segg. (c.d. Codice del consumo) (cfr. Cass., 20/3/2010, n. 6802).
Come in giurisprudenza di legittimità si è già avuto modo di porre in rilievo, l'applicabilità della disciplina di tutela del consumatore in argomento è peraltro in concreto esclusa allorquando ricorra il presupposto oggettivo della trattativa d.lgs. n. 206 del 2005, ex art. 34, comma 4, sempre che la medesima risulti caratterizzata dagli indefettibili requisiti della individualità, serietà ed effettività (v. Cass., 20/3/2010, n. 6802; Cass., 26/9/2008, n. 24262).
La trattativa costituisce, a tale stregua, un prius logico rispetto alla verifica della sussistenza del significativo squilibrio in cui riposa l'abusività della clausola o del contratto, sicché spetta al professionista che invochi la relativa inapplicabilità dare la prova del fatto positivo dello svolgimento della trattativa e della relativa idoneità, in quanto caratterizzata dai suindicati imprescindibili requisiti, ad atteggiarsi ad oggettivo presupposto di esclusione dell'applicazione della normativa in argomento (v. Cass., 26/9/2008, n. 24262. Cfr. altresì Cass., 28/6/2005, n. 13890).
In giurisprudenza di legittimità si è già avuto altresì modo di affermare, con riferimento alla disciplina di tutela di cui al d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33 e segg. (c.d. Codice del consumo), e già con riferimento agli artt. 1469 bis c.c., comma 3, n. 19, e art. 1469 ter c.c. che il c.d. foro del consumatore è esclusivo ma derogabile, altresì precisandosi che la presunzione di vessatorietà della clausola di relativa deroga è superabile, ad onere del professionista, solamente con la dimostrazione dell'essere (quantomeno solamente) la medesima stata oggetto di specifica trattativa (v. Cass., 24/11/2008, n. 27911; Cass., 6/9/2007, n. 18743).
E ciò anche laddove la pattuizione si sia tradotta nell'indicazione derogatoria di una località coincidente con l'applicazione di uno dei criteri delineati dal codice di rito (v. Cass., Sez. Un., 1/10/2007, n. 14669. V. altresì Cass., 23/2/2007, n. 4208; Cass., 8/3/2005, n. 5007).
Sotto altro profilo, questa Corte ha del pari già avuto modo di precisare che allorquando il consumatore, convenuto avanti a foro diverso da quello proprio, come nella specie eccepisca l'incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto, al medesimo incombe di allegare che trattasi di controversia concernente un contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, ovvero dal professionista unilateralmente predisposto per il singolo affare.
Atteso che nei sopra richiamati precedenti si è sottolineato come la trattativa spieghi invero rilievo non già ai fini dell'accertamento della vessatorietà o abusività della clausola bensì dell'applicazione o meno della disciplina di tutela del consumatore in argomento, di cui come detto costituisce oggettivo presupposto di esclusione (v. Cass., 20/3/2010, n. 6802; Cass., 26/9/2008, n. 24262), va ulteriormente osservato che in presenza della suindicata allegazione da parte del consumatore convenuto spetta al professionista, che contrapponga l'inapplicabilità del c.d. foro del consumatore, dare anzitutto la prova positiva che il contratto è stato oggetto di specifica trattativa idonea - in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività - ad escludere l'applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dall'art. 1469 bis c.c. e segg.).
Come anche in dottrina osservato, con specifico riferimento al disposto normativo dell'art. 1469ter c.c., comma 4 (nel sottolinearsi la diversità al riguardo della soluzione adottata dall'ordinamento italiano rispetto a quella posta dalla Direttiva 93/13/CEE), non è infatti l'assenza di trattativa a rilevare quale presupposto di applicazione della disciplina di tutela del consumatore in argomento, ma al contrario è lo svolgimento della trattativa ad atteggiarsi quale oggettivo presupposto di esclusione della relativa applicazione.
Non è allora il consumatore a dover provare il fatto negativo della mancanza di negoziazione, ma è invece il professionista che intenda far valere la disapplicazione, nel singolo caso concreto, della disciplina di tutela del consumatore a dover dare la prova del fatto positivo del prodromico svolgimento di una trattativa dotata dei caratteri essenziali suoi propri, quale fatto impeditivo della relativa applicazione.
Si evince, a tale stregua, che (così come già l'art. 1469 ter c.c., comma 4) il d.lgs. n. 206 del 2005, art. 34, commi 4 e 5 debbono, come sostenuto anche in dottrina con riferimento alla analoga previgente normativa, essere letti non già in termini di contrapposizione, e facendo valere l'argumentum a contrario, bensì in modo collegato e coordinato, nel quadro di un'interpretazione sistematica che ne privilegi gli aspetti funzionali, riconoscendosi che al di là di ogni ridondanza formale il d.lgs. n. 206 del 2005, art. 34, comma 5 (così come già l'art. 1469 terc.c., comma 5, comma 4) in realtà esplicita e ribadisce una regola sulla ripartizione della prova volta a favorire, o quantomeno ad "alleggerire", la posizione processuale del consumatore, giacché nell'operare una scelta di carattere sicuramente qualitativo il legislatore ha come detto posto l'onere della prova in capo alla parte - il professionista - che in base al ruolo svolto (anche) nel rapporto contrattuale ha senz'altro maggiore possibilità di fornirla.
Nel caso che ne occupa gli A. (consumatori) deducono nel controricorso (indicato come memoria difensiva) di avere in precedenza inviato per esame all'arch. V. (doc. 5 del fasc. ATP doc. 28) il contratto de quo, successivamente sottoscritto alla presenza dell'arch. V. che, per l'assistenza allo stesso ha richiesto il compenso (doc. 8 del fase. ATP doc. 28).
Orbene, alla stregua di quanto dagli stessi consumatori odierni controricorrenti dedotto nei loro scritti difensivi, e dai medesimi documentalmente provato emerge per tabulas essere stati nel caso che ne occupa loro stessi a predisporre il testo del contratto di appalto de quo, successivamente integrato ed accettato dal professionista V., con quest'ultimo conducendo un contraddittorio protrattosi nel tempo anteriormente alla relativa conclusione, nel corso del quale hanno formulato richieste e dato precise indicazioni, anche mediante invio di documentazione, in ordine al contenuto del contratto v. in particolare: a) la lettera d.d. 20 ottobre 2006 redatta su carta intestata Studio Legale A. Avvocati Associati, recante a margine l'indicazione dei nominativi degli odierni controricorrenti Avv.ti I., S. e A.P., a firma A. e indirizzata all'Egr. Sig. Arch. V.R., del seguente tenore: "Caro R., ho ricevuto il Tuo disegno ed il preventivo. Forse non Ti ho sufficientemente precisato la mia volontà. Io desidero avere un parcheggio unico senza scalini per evitare manovre di parcheggio per le quali sono negato. Solo dopo che sarà eseguito il parcheggio deciderò se eseguire altri lavori come le scale, le aiuole e quanto altro. Ti rimetto una descrizione lavori da me predisposta con due allegati. Potrò rivedere la mia posizione solo se quanto da me desiderato è tecnicamente ineseguibile oppure se Tue eventuali osservazioni mi convinceranno diversamente. Ritengo anche che la soluzione da me desiderata comporti una sensibile diminuzione dei costi. Desidererei conoscere il Tuo pensiero anche a mezzo filo. Sono, comunque, disponibile ad un incontro in loco per un esame più approfondito ..." (v. doc. n. 4 del fase. ATP doc. 28);
b) la lettera d.d. 23 ottobre, 2006 redatta su carta intestata Studio Legale A. Avvocati Associati, recante a margine l'indicazione dei nominativi degli odierni controricorrenti Avv.ti I., S. e A.P., a firma A. e indirizzata all'Egr. Sig. Arch. V.R., del seguente tenore: "Caro R., i problemi che devono essere risolti con molta attenzione sono i seguenti. 1) L'uscita delle autovetture dovrà avvenire in retromarcia verso l'alto e non già verso il basso per impedimenti di ordine giuridico circa l'utilizzo della strada **** (all. 1).
L'uscita in retromarcia verso l'alto dovrà avvenire in modo diretto e cioè senza una preventiva uscita in retromarcia verso il basso (all. 2). L'entrata dovrà avvenire direttamente percorrendo la strada dal basso in alto, I posti auto potranno rimanere nella posizione obliqua da te proposta, se esiste assoluta e certa possibilità di uscita come io voglio altrimenti preferisco la posizione verticale anche a scapito di spazio. 2) I due posti macchina siti nella parte alta, ritengo debbano essere situati a livello diverso poiché il dislivello è molto forte, mentre i primi due - secondo me -potrebbero essere posti su un unico piano inclinato. Mi sono permesso di farti avere in via preventiva queste mie osservazioni per facilitare la conclusione dell'opera. Per quanto riguarda il prezzo esposto dall'impresa Ti farò conoscere il mio pensiero al più presto mentre Ti rimetto una bozza del contratto di appalto" (v. doc. n. 5 del fase. ATP doc. 28);
c) il contratto di appalto firmato in **** (v. doc. n. 6 del fase. ATP doc. 28).
Emerge pertanto evidente da tale prova documentale (dalla quale non può invero prescindersi, in virtù del principio di acquisizione della prova, in forza del quale un elemento probatorio, una volta introdotto nel processo, è definitivamente acquisito alla causa e non può più esserle sottratto, dovendo il giudice utilizzare le prove raccolte indipendentemente dalla provenienza delle stesse dalla parte gravata dell'onere probatorio: v. Cass., Sez. Un., 23/12/2005, n. 28498) che nella specie il presupposto dell'unilaterale predisposizione del contratto da parte del professionista V. al riguardo invero difetta, avendo i consumatori invero goduto non già di una meramente astratta e formale bensì di una reale e concretamente esercitata possibilità di determinare il contenuto del contratto, in piena esplicazione della loro autonomia contrattuale, (anche) sotto tale profilo riguardata.
Il contratto in argomento costituisce infatti in parte qua l'esito di una espletata trattativa connotata dagli indefettibili caratteri di essa propri e in particolare di quelli dell'effettività e della serietà, addirittura a fortiori rispetto all'ipotesi in cui il testo contrattuale fosse stato viceversa oggetto dell'attività di predisposizione da parte del professionista al consumatore comunque assicurandosi la possibilità di influire sulla formulazione delle clausole contrattuali.
Non può allora certamente affermarsi che al riguardo i consumatori A. siano rimasti assoggettati all'autorità (pur solo di mero fatto) contrattuale del professionista V., e che quest'ultimo abbia loro imposto siffatto contenuto del contratto, con clausole negoziali inique a loro danno.
Non si pone conseguentemente, con riferimento ad esso, l'esigenza di tutela che la disciplina posta dal c.d. Codice del Consumo è volta ad assicurare, la cui applicazione è d'altro canto - come detto - in radice preclusa dall'avvenuto svolgi...

... continua
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