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Se il diritto alla provvigione del mediatore sorge anche quando le parti decidano di non concludere il contratto definitivo di compravendita.-
Se il diritto alla provvigione del mediatore sorge anche quando le parti decidano di non concludere il contratto definitivo di compravendita



Provvigione – Presupposti – Conclusione dell’«affare» – Successiva modifica consensuale – Incidenza – Esclusione

«Il mediatore ha diritto al pagamento della provvigione in tutti i casi in cui le parti, per effetto del suo intervento, abbiano concluso un «affare» (nella specie, contratto preliminare di vendita immobiliare non sottoposto ad alcuna condizione), a nulla rilevando che, successivamente, le parti stesse decidano concordemente di modificare i termini nell’accordo o di sottoporre lo stesso a condizione sospensiva».
Cass. civ. 2 novembre 2010, n. 22273, Sez. III

Commento
Il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice pur non richiedendosi che, tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare sussista un nesso eziologico diretto ed esclusivo, ed essendo, viceversa, sufficiente che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso e articolato nel tempo, la «messa in relazione» delle stesse costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire attraverso fasi e vicende successive alla conclusione del contratto (App. Roma n. 3600/2010).
Il fondamento del diritto al compenso in favore del mediatore è da ricercarsi nella circostanza che l’attività di mediazione – che si concreta nella messa in relazione delle parti – costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualora sia stato concluso – tra le parti messe in relazione dal mediatore – un contratto preliminare, sono indifferenti, ai fini del diritto alla provvigione, le vicende successive che nella specie possano condurre le parti stesse a non concludere il contratto definitivo. (Nella specie il contratto prevedeva che nessun compenso era dovuto, a incarico scaduto, in caso di mancata vendita e il giudice del merito, preso atto che il contratto preliminare era stato stipulato dopo la scadenza del mandato a vendere ed era stato consensualmente risolto, a motivo dell’inadempimento del promissorio acquirente, aveva negato il diritto alla mediazione. In applicazione del principio di cui sopra, Cass. n. 5348/2009, la S.C. ha cassato tale pronunzia perché in contrasto con i principi di buona fede e correttezza come oramai facenti parte del tessuto connettivo dell’ordinamento giuridico. Ha osservato, in particolare, la S.C. che l’obbligo di buona fede oggettiva o cor...

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