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QUESITO N. 492. Vendita di immobile proveniente da donazione e contestuale atto di permuta, rischi per l’acquirente e modalità operative.
Quesito n. 492. Vendita di immobile proveniente da donazione e contestuale atto di permuta, rischi per l’acquirente e modalità operative.
Il padre, in regime di separazione dei beni, dona al figlio un immobile. Il figlio, nello stesso atto notarile, trasferisce a titolo di permuta, alla sorella che accetta, la piena ed esclusiva proprietà dell’immobile X; a sua volta la sorella, sempre a titolo di permuta, trasferisce al fratello la quota indivisa pari alla metà, a lei spettante, della piena ed esclusiva proprietà dell’immobile Y.
Volendo vendere l’immobile X , essendo quest’ultimo proveniente da donazione e quindi di difficile commerciabilità, quale atto occorre per annullare la donazione e chi deve comparire in sede di atto pubblico .

RISPOSTA
Molto complicata è la vendita di immobili che in passato siano stati oggetto di donazione, la ragione di questi problemi è che gli immobili fatti oggetto di donazione possono essere la ragione di pretese ereditarie da parte degli eredi legittimari del donante, e cioè di coloro che hanno un inalienabile diritto a ricevere una rilevante quota del patrimonio del donante che sia poi defunto (vale a dire, principalmente, il coniuge superstite, i suoi figli e i discendenti dei figli).
Se infatti un legittimario chiama in causa il donatario perché la donazione lede la quota di legittima spettante al legittimario stesso e se il patrimonio del donatario convenuto in giudizio non è sufficiente a soddisfare le ragioni del legittimario (si pensi al caso che l’immobile donato sia stato venduto e poi sia stato scialacquato il denaro ricevuto come prezzo), allora ne può far le spese colui che in quel momento si trova a essere proprietario dell’immobile in questione, anche se egli non c’entri nulla con la famiglia del donante e con la donazione intervenuta in passato e avente a oggetto l’immobile che poi gli è stato venduto: infatti quell’immobile gli può essere chiesto in restituzione, con la quasi certezza che egli non avrà alcun ristoro economico rispetto a questa “spoliazione”.
Nel caso che ci si occupa, volendo le parti, di comune accordo, vendere l’appartamento e annullare la donazione, sarebbe preferibile, quale rimedio per recuperare la commerciabilità dell'immobile, che le parti dell'atto di donazione (donante e donatario) addivengano al preventivo scioglimento consensuale della donazione effettuata, in modo da ripristinare la situazione anteriore alla donazione e per far alienare il bene direttamente dal donante anziché dal donatario;
All’atto di risoluzione per mutuo dissenso occorre la presenza di tutti i soggetti che sono stati parti del contratto da rimuovere ed il permanere della fattispecie in capo alle parti originarie.
Pertanto, preliminarmente, visto che l’immobile è stato successivamente oggetto di permuta, occorre risolvere consensualmente anche il contratto di permuta, ripristinando con tale atto la situazione identica a quella precedente alla permuta, rimettendo la proprietà in capo al donatario dell’immobile permutato che provvederà poi consensualmente al donante all’annientamento della donazione ed al ripristino con effetto retroattivo dello status quo ante.
Con riferimento al mutuo dissenso di un atto di donazione, come la donazione deve rivestire la forma dell'atto pubblico alla presenza di due testimoni, a cui le parti non possono rinunciare a pena di nullità (art. 782 comma 1 Cod. Civ. ed artt. 47 e 48 legge notarile 16 febbraio 1913 n. 89) anche la risoluzione della donazione per mutuo dissenso dovrà rivestire la stessa forma dell'atto pubblico alla presenza dei testimoni.
La pubblicità immobiliare ex art. 2643 ss. Cod. Civ. dell'atto di mutuo dissenso della donazione si potrà attuare attraverso l'annotazione in margine alla trascrizione dell'atto di donazione (art. 2655 Cod. Civ.).
Secondo il nostro sistema di pubblicità immobiliare, qualora un atto trascritto o iscritto sia dichiarato in base a una sentenza o a una convenzione nullo o annullato o risolto o rescisso o revocato o sia soggetto a condizione risolutiva, la dichiarazione di nullità e l'annullamento, la risoluzione, la rescissione, la revocazione e l'avveramento della condizione devono annotarsi in margine alla trascrizione o all'iscrizione dell'atto (art. 2655 comma 1 Cod. Civ.).
L'annotazione così eseguita, con il suo collegamento alla trascrizione, produce la conoscibilità legale dell'atto di risoluzione.





MOTIVI
Per risolvere il quesito suesposto occorre preliminarmente richiamare l’istituto della donazione;
La donazione è il negozio giuridico col quale una parte, il donante, intenzionalmente arricchisce l’altra, il donatario, disponendo di un proprio diritto - o obbligandosi a disporne - senza conseguire un corrispettivo.
Ai sensi dell'art. 769 del codice civile, la donazione è un contratto: infatti per il suo perfezionamento serve l'incontro delle dichiarazioni di entrambe le parti.
Il contratto di donazione sorge allo scopo di arricchire un altro soggetto: quindi elementi della donazione sono lo spirito di liberalità e l’arricchimento.
Lo spirito di liberalità (animus donandi) è, secondo la dottrina maggioritaria, la causa del contratto. Essendo un contratto, pertanto, non può essere revocato su iniziativa del solo donante (ad esempio, nel caso di ripensamento se il donatario non tiene un comportamento conforme alle sue aspettative).
Secondo la vigente normativa, la revocazione delle donazioni può essere richiesta all'autorità giudiziaria in due casi specifici:
- la revocazione per ingratitudine: è possibile la revoca della donazione quando il donatario abbia commesso reati gravi nei confronti del donante o dei suoi congiunti (omicidio volontario, tentato omicidio o altro reato cui siano applicabili le norme sull'omicidio; denuncia o testimonianza per reato punibile con l'ergastolo, o reclusione non inferiore a tre anni se la denuncia è risultata calunniosa o la testimonianza è risultata falsa); si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante; abbia dolosamente arrecato grave pregiudizio al suo patrimonio, o gli abbia rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti a sensi di legge;
- la revocazione per sopravvenienza di figli: le donazioni fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti legittimi al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio, o di un discendente legittimo del donante. La revocazione può essere richiesta anche se il figlio del donante era già concepito al momento della donazione.
L'acquisto di un immobile proveniente da una donazione presenta sempre elementi di problematicità. La ragione di questo problema è che gli immobili fatti oggetto di donazione possono essere al centro di pretese ereditarie da parte degli eredi legittimari del donante, e cioè di coloro che hanno un inalienabile diritto a ricevere una rilevante quota del patrimonio del donante che sia poi defunto (vale a dire, principalmente, il coniuge superstite, i suoi figli e i discendenti dei figli).
In tale caso la legge riconosce infatti ai legittimari lesi la possibilità di agire contro la donazione per avere soddisfazione dei loro diritti, anche ottenendo la restituzione dell'immobile donato. La donazione può considerarsi al riparo da tali azioni solo in due casi: - decorsi venti anni dalla trascrizione della donazione se, nel frattempo, nessuno dei legittimari ha agito in riduzione o ha fatto opposizione alla donazione stessa; - decorsi dieci anni dal decesso del donante se, nel frattempo, nessuno dei legittimari ha agito in riduzione.
Lo stato di famiglia di per sé non garantisce che non ci saranno altri legittimari che potrebbero essere lesi dalla donazione (basti pensare alla sopravvenienza di ulteriori figli, al riconoscimento di figli naturali o al successivo matrimonio del donante).
La prassi conosce alcune modalità operative per eliminare o ridurre i rischi connessi ad una provenienza donativa:
Ad esempio la previa risoluzione della donazione e la successiva vendita da parte del donante, ridivenuto proprietario dell'immobile.
Quale rimedio per recuperare la commerciabilità dell'immobile o per consentire che sull'immobile possa essere concessa ipoteca a garanzia di un finanziamento si è prospettata la necessità che le parti dell'atto di donazione (donante e donatario) addivengano al preventivo scioglimento consensuale della donazione effettuata, in modo da ripristinare la situazione anteriore alla donazione e per far alienare il bene direttamente dal donante anziché dal donatario o per far concedere direttamente dal donante la garanzia ipotecaria sull'immobile.
Con l'espressione scioglimento del contratto per mutuo consenso o per mutuo dissenso ci si riferisce all'accordo con cui le parti della donazione (donante e donatario) estinguono il precedente atto (l'art. 1372 Cod. Civ. prevede che il contratto, che ha forza di legge tra le parti, non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge).
Con l'atto di mutuo dissenso della donazione si produce pertanto la risoluzione consensuale della donazione, il suo annientamento ed il ripristino con effetto retroattivo dello status quo ante.
Si tratta di un negozio ripristinatorio a mezzo di un accordo risolutorio che comporta la riviviscenza dell'atto di provenienza originario e anteriore all'atto di donazione.
L'immobile ritorna in tal modo al donante che, proprietario in base al primitivo suo titolo di provenienza, può addivenire all'atto di alienazione con il terzo.
Il terzo con l'alienazione a lui fatta diventa in tal modo proprietario dell'immobile nei cui titoli di provenienza dei precedenti proprietari sono escluse donazioni (sottoposte come visto potenzialmente alla possibilità dell'esperimento delle azioni di riduzione e di restituzione dei legittimi lesi).
Si eliminerebbero così i problemi su esposti.
Gli effetti che si producono consistono come detto precedentemente nel ripristino della situazione anteriore: è come se il primo contratto non fosse mai intervenuto, gli effetti vengono cancellati con l’eliminazione del co...

... continua
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