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Se il decoro architettonico dell'edificio condominiale sia tutelabile con l'azione di manutenzione.-
Condominio: azione di manutenzione e decoro architettonico
Tribunale Lamezia Terme, sentenza 10.02.2005 Ermelinda Biesuz

La sentenza in oggetto presenta aspetti di notevole interesse per i principi che essa enuncia in tema di decoro architettonico.
Nel caso in esame il giudicante è stato adito da un Condominio, che aveva proposto azione di manutenzione avverso due condomine, l’una per avere collocato delle inferriate al primo piano dell'appartamento di sua proprietà, infiggendole sul muro condominiale ed alterando l'aspetto della facciata, l’altra per aver abbattuto la parete che separava la porta d'ingresso della propria abitazione dalla finestra, con conseguente ampliamento delle superfìci vetrate e creazione di un unico corpo porta-finestra.
All’esito della fase interdettale il giudice emetteva apposita ordinanza in cui accoglieva la domanda proposta, qualificata come azione di manutenzione, disponendo il ripristino dello stato dei luoghi, mediante rimozione delle opere realizzate.
Le convenute proponevano reclamo, che veniva rigettato.
Nella seconda fase del merito possessorio la prima delle succitate condomine manifestava la volontà di rinunciare alla prosecuzione del giudizio.
La seconda condomina resisteva invece in giudizio eccependo, con riferimento alla lamentata lesione del decoro dell’edificio, che all'epoca dell'intervento non fosse presente alcun decoro architettonico da tutelare, in quanto questo era stato già compromesso da una serie dì interventi realizzati in passato da altri condomini.
Chiamato a decidere, il Tribunale ha, preliminarmente, affermato che la domanda proposta dovesse qualificarsi come “azione di manutenzione e non di spoglio, in quanto le condotte denunciate dall'istante integrano delle turbative al compossesso degli altri condomini e non dei veri e propri impedimenti radicali all'esercizio di tale compossesso. Tanto perché le facciate ed il relativo decoro architettonico costituiscono un modo dì essere dell'immobile (quattro corpi di fabbrica o palazzine) e, conseguentemente, un elemento del modo di godimento da parte dei loro possessori. La modifica della facciata, implicando un'interferenza nel godimento medesimo, può determinare un'indebita molestia, suscettibile di salvaguardia possessoria (cfr. Cass. 22.06.1995, n. 7069; Cass. 10.07.1985, n. 4109; Cass. 23.10.1982, n. 779)”.
Nel merito, il giudicante ha ritenuto infondata l’eccezione proposta dalla convenuta, operando interessanti considerazioni circa la nozione di decoro architettonico.
Segnatamente, ha osservato che il decoro architettonico dell'edifìcio “integra l'estetica, data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali, che costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di un fabbricato di particolare pregio artistico”, evidenziando che l’indagine volta a determinare se, in concreto, un'innovazione causi o meno un danno a tale decoro è demandata al giudice del merito.
Nel riconoscere la sussistenza, nel caso in esame, di un siffatto danno il Tribunale ha affermato che “in confronto ad un aspetto consolidato delle facciate dello stabile, indipendentemente dalla natura dell'intervento che lo ha generato, integra alterazione del decoro qualsiasi realizzazione di opere che immutino tale aspetto, anche limitatamente a singoli elementi o punti del fabbricato, tutte le volte in cui detta immutazione sia suscettibile di riflettersi sull'insieme dell'aspetto dello stabile (cfr. Cass. 24.03.2004, n, 5899; Cass. 29.07.1995, n. 8381; Cass. 29.07.1989, n. 3549)”.
Ha, inoltre, osservato che si ha lesione del decoro architettonico quando gli interventi operati comportino un deprezzamento dell'intero fabbricato e delle singole porzioni in esso comprese, con conseguente pregiudizio economico, il quale può consistere nel danno estetico, laddove incida in modo rilevante sull'aspetto dell’edificio.
Secondo il giudicante, infatti, “affinché sia integrata la menzionata alterazione, è sufficiente la sussistenza di quei mutamenti che siano idonei ad apportare una disarmonia nell'insieme e che si risolvano in un deterioramento del suo carattere estetico e dell'aspetto decorativo, senza assurgere alla deturpazione, che rappresenta un quid pluris rispetto all'alterazione medesima, in quanto deturpare significa deformare, rendere brutto o, addirittura, ripugnante (cfr. Cass. 6.10.1997, n. 9717: Cass. 27.04.1989, n. 1947; Cass. 31.07.1987, n. 6640; Cass. 15.05.1987, n. 4474; Cass. 4.04.1981, n. 1918; Cass. 13.07.1965, n. 1472)”.
Applicando tali principi al caso in esame, il Tribunale ha accertato che le modifiche effettuate non avevano una portata ripristinatoria, né miglioravano l'originario aspetto dell’edificio, ma la compromettevano, con conseguente lesione del decoro architettonico.
A conclusione di tale rigorosa ricostruzione teorico-fattuale il giudicante ha, quindi, confermato l’ordinanza possessoria, pronunciando la cessazione della materia del contendere nei confronti della prima condomina e condannando la seconda alla rimozione delle opere realizzate con conseguente ripristino dello status quo ante.

TRIBUNALE DI LAMEZIA TERME
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Lamezia Terme in composizione monocratica, nella persona del Giudice, dott. Cesare Trapuzzano, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. … del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 2001, vertente
TRA
Condominio F. (P.I. …), in persona del suo amministratore -legale rappresentante prò - tempore* rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso introduttivo del giudizio possessorio, dall'avv. …, nel cui studio in Lamezia Terme ha eletto domicilio.
= RICORRENTE =
E
B.T. (C.F. …), nata a … in data …., rappresentata e difesa, giusta procura a margine della memoria di costituzione, depositata in data 26.07.2001, dall'avv. …, nel cui studio in Lamezia Terme ha eletto domicilio.
NONCHÉ'
M.S. (C.F. …), nata a … in data …, rappresentata e difesa, giusta procura a margine della memoria di costituzione, depositata in data 26.07.2001, dall'avv. …, nel cui studio in Lamezia Terme ha eletto domicilio.
=RESISTENTI=
OGGETTO: azione di manutenzione nel possesso ex art. 1170 ce.
CONCLUSIONI
All’udienza in data 20.10.2004, i difensori delle parti precisavano le rispettive conclusioni.
Per il ricorrente: "...preliminarmente, dà atto che la resistente B.T. ha corrisposto le spese legali relative al presente giudizio al condominio ricorrente. Nel dare atto che la resistente B.T. si è adeguata al provvedimento di manutenzione, precisa le proprie conclusioni riportandosi a quelle contenute nel ricorso introduttivo, che devono qui intendersi richiamate e trascritte. Chiede che, nei confronti della sig.ra B.T., venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, con contestuale nulla a provvedere in ordine alle spese e competenze del giudizio". Nel ricorso introduttivo, così concludeva: "...chiede che l'On. Tribunale adito voglia, previi gli incombenti istruttori sommari, mediante l'audizione di informatori ed accesso sui luoghi, reintegrarlo immediatamente nel possesso del muro condominiale ordinando alla sig.ra M. S. il ripristino dello status quo ante ed ordinando alla sig.ra B. T. l'immediata rimozione di tutte le inferriate poste sul muro condominiale, in corrispondenza delle vedute di proprietà esclusiva. Con vittoria di spese e competenze legali". Per la prima resistente: "...conferma che la sig.ra B.T. ha rinunciato alla prosecuzione del giudizio".
Per la seconda resistente: "Voglia il Giudice adito, previa revoca dell'ordinanza cautelare emessa in data 19.12.2001, respingere la domanda di merito cosi come proposta ex adverso".
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 4.05.2001, il condominio F., in persona del suo
amministratore, legale rappresentante pro - tempore, premesso: che, nel giugno 2000, nei giorni 12-13 e seguenti, M.S. aveva apportato delle modifiche al muro comune di uno degli edifici, costituenti il condominio; che, più precisamente, in corrispondenza della porzione immobiliare di sua proprietà, aveva operato l'abbattimento di una piccola parete divisoria, esistente tra la porticina d'ingresso e la finestra, con conseguente ampliamento delle superfici vetrate e creazione di un unico corpo porta-finestra; che l'opera aveva determinato l'alterazione della facciata condominiale; che, nel mese di settembre 2000, B.T. aveva installato delle inferriate al primo piano dell'appartamento di sua proprietà, infiggendole sul muro condominiale ed alterando l'aspetto della facciata; che a nulla erano valsi gli inviti inoltrati con lettere raccomandate a.r. del 17.07.2000 e del 3.10.2000. affinché fosse ripristinato lo stato originario dei luoghi; che le opere citate erano state realizzate in dispregio dell'art. 5 del regolamento di condominio; tanto premesso, chiedeva che fosse ripristinato lo stato originario dei beni indicati.
Con comparsa depositata in data 26.07.2001, si costituiva B.T., la quale rilevava: che, nel periodo settembre 1999 - settembre 2000, aveva subito una serie ripetuta di azioni delittuose, tradottasi sia in rapine sia in furti nella propria abitazione; che, nella sua qualità di titolare del bar xxx, sito in Lamezia Terme, era costretta a portare l'incasso serale nella sua abitazione, prima di versarlo, il giorno successivo, presso gli sportelli bancari; che tali fatti violenti le avevano cagionato uno stato patologico di tipo ansioso reattivo, che avevano richiesto la sottoposizione a terapie e cure farmacologiche; che, allo scopo di apprestare rimedio ai furti subiti nella propria abitazione, aveva deciso di dotarsi di una grata in ferro, posta dinanzi alle finestre del primo piano, per proteggere i beni e le persone dalle altrui intrusioni; che il condominio era insorto e aveva finto di trascurare che analoghe opere erano state eseguite da altri condomini, rimasti impuniti; che dalla semplice osservazione dell'estetica minimale d'insieme del complesso edilizio, si poteva inferire che nessun pregiudizio il condominio aveva subito, in conseguenza dell'apposizione della grata metallica; che la collocazione delle inferriate si inseriva, infatti, nella facciata dell'edifìcio, senza mutarne, in via pregiudizievole, le linee architettoniche ed estetiche; che, in ogni caso, vi era una sua irrinunciabile utilità. Pertanto, chiedeva che la domanda possessoria spiegata fosse respinta.
Con separata memoria depositata sempre in data 26.07.2001, si costituiva anche M.S., la quale deduceva: che, prima della modifica apportata, la facciata posteriore del piano terra era contrassegnata da due distinti infìssi (porta e finestra), separati da un breve tratto di muro; che la sua attività si sostanziava nella sostituzione degli originari infissi con un pezzo unico porta-finestra, impiegando i medesimi materiali (alluminio) e colore; che tale opera ricadeva nella parte retrostante del villino a schiera, non visibile né dagli altri condomini, le cui aree destinale a giardino erano delimitate da alta vegetazione, né - tanto meno - dagli estranei, giacché, rispetto alla strada comunale con cui essa confinava, era ben separata da un'alta e fìtta siepe; che dalla modificazione della forma geometrica dell'infisso non derivava alcuna alterazione del decoro architettonico né dell'estetica e dell"architettura generale del fabbricato. Aggiungeva: che l'infisso contestato era funzionale ad un miglior godimento di un'area di proprietà esclusiva (giardino), avulso da una situazione di condominialità, che lo poneva al riparo da ogni pretesa possessoria; che, prima della realizzazione dell'opera denunciata, ciascuno dei condomìni aveva arbitrariamente provveduto ad effettuare l'apertura, senza una comune linea progettuale: che, quindi, l'estetica dell'edificio era stata già compromessa; che, infatti, sussistevano diverse e variegate tipologie dì aperture verso l'esterno; che l'iniziativa giudiziale assunta non era stata avvallata da gran parte dei condomini; che non vi era, inoltre, pregiudizio all'uso comune della cosa; che parte istante, ancora, aveva invocato il rispetto di una previsione regolamentare, che poggiava su una situazione di fatto viziata da un'assoluta ed insanabile illiceità; che, al riguardo, il muro comune, su cui erano state realizzate le suddette aperture, non doveva addirittura esistere poiché si trattava, in realtà, di un'opera abusiva, attuata da tutti i condomini: che, infatti, rispetto al progetto originario, illecitamente e senza alcun provvedimento concessorio, i condomini avevano realizzato, nella parte anteriore, un vano garage, laddove era previsto un portico, e, nella parte posteriore, uno sbancamento allo scopo speculativo, ma altrettanto illecito, di godere di un piano fuori terra, creando volumi e superfici eccedenti quelle assentite, laddove era previsto un vano integralmente interrato. Per l'effetto, chiedeva che la domanda avversaria, proposta a difesa del possesso, fosse disattesa.
All'udienza di prima comparizione del 30.07.2001, erano sentiti l'amministratore del condominio ricorrente, G.G., nonché le resistenti, B.T. e M.S.. All'udienza successiva in data 1.10.2001 era effettuata l'ispezione dei luoghi. Quindi, all'udienza del 5.11.2001, erano sentiti, in qualità di informatori, G.V., L.G. e C.D., addotti da parte ricorrente, e V. A. , B. D. e F. U., addotti dalle parti resistenti.
All'esito, previo deposito di note autorizzate, avvenuto in data 12.12.2001, con ordinanza emessa il 19.12.2001, depositata il 3.01.2002, a conclusione della fase interdittale, veniva accolta la domanda possessoria avanzata, qualificata come azione di manutenzione, e - per l'effetto - era ordinato, a B.T. di eliminare le inferriate esterne fisse, poste al primo piano dell'alloggio da questa posseduto, su due balconi e due finestre e, a M.S. di eliminare il fìnestrone, unito alla porta-finestra, con ripristino dello stato originario dei luoghi, quantomeno rispetto alla creazione di una finestra avente le stesse dimensioni di quella originaria, separata attraverso una parete dalla porta-finestra, al piano terra. Avverso detta ordinanza, con ricorso depositato il 19.01.2002, B.T. e M.S. spiegavano reclamo davanti al Collegio, in cui si concludeva per la revoca del provvedimento che aveva concesso la tutela manutentiva e per la conseguente reiezione della difesa invocata. All'udienza collegiale del 7.03.2002, presentava memoria difensiva il condominio F., che concludeva per il rigetto del reclamo e la conferma dell'ordinanza reclamata. Quindi, all'udienza successiva del 4.04.2002, il Collegio si riservava e con ordinanza emessa il 13.05.2002, depositata il 16.05.2002, respingeva il reclamo e confermava l’interdetto concesso.
Nella seconda fase del merito possessorio, non venivano richieste prove costituende entro i termini perentori concessi, ai sensi dell’art. 184 c.p.c.. Ancora. all'udienza del 4.12.2002, era verbalizzata l'intenzione della resistente B.T. di rinunciare alla prosecuzione del giudizio.
Infine, all'udienza in data 20.10.2004, precisate le conclusioni a cura delle partì, si disponeva lo scambio delle comparse conclusionali e delle successive memorie di replica nei termini ordinari di legge ex art. 190 c.p.c, come richiamato dall'art. 281 quinquies, primo comma, c.p.c Alla scadenza dei termini stabiliti, la causa veniva introitata per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In primis, sul piano probatorio, non è utilizzabile la consulenza di parte allegata al fascicolo di parte resistente, poiché non vi è alcuna certezza sulla data del deposito (il timbro riportante la data del 7.03.2003. data di scadenza del primo termine perentorio concesso, ai sensi dell'art. 184 c.p.c, per la produzione di documenti, tra cui rientra la consulenza di specie, che non ha valore contro-deduttivo ad una consulenza tecnica d'ufficio, non espletata nel giudizio, non riporta la sottoscrizione del cancelliere).
Con riferimento alla posizione assunta dalla resistente B.T., la quale ha dichiarato di avere abdicato alla resistenza in giudizio, oltre ad essersi adeguata al contenuto cogente dell'ordinanza adottata in corso di causa di manutenzione nel possesso, attraverso eliminazione delle inferriate esterne contestate, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, per sopravvenuta carenza dell'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c, come espressamente richiesto dalla stessa parte istante. In aggiunta, non occorre valutare la soccombenza virtuale o potenziale, poiché le parti hanno dichiarato di avere raggiunto l'accordo anche in ordine alla refusione delle spese di lite, con l'effetto che, in ordine a tale capo accessorio, non vi è luogo a provvedere.
Resta da valutare, in tutta la sua interezza, la posizione, rimasta contenziosa, dell'ulteriore resistente, M.S., e ciò con specifico riguardo alle censure sollevate avverso la domanda spiegata dal condominio F.. Con riguardo alla configurazione dell'opera dalla stessa pacificamente realizzata, quale turbativa o molestia nel possesso, a scapito degli altri condomini della struttura, costituita sotto la veste di condominio F. (all'origine, si trattava di una cooperativa), occorre affrontare separatamente due aspetti, quello della ricostruzione in fatto e quello dell'inquadramento in diritto.
Più precisamente, la M.S., in corrispondenza della porzione immobiliare di sua proprietà, ha abbattuto la parete che divideva la porta d'ingresso e la finestra, con conseguente ampliamento delle superfìci vetrate e creazione di un unico corpo porta-finestra. La doglianza mossa avverso tale intervento si è consacrata nel denunziato peggioramento del decoro architettonico dell'edificio, inteso nel suo complesso. Si conferma che l'azione possessoria proposta - nei termini anzidetti - deve essere qualificata come azione di manutenzione e non di spoglio, in quanto le condotte denunciate dall'istante integrano delle turbative al compossesso degli altri condomini e non dei veri e propri impedimenti radicali all'esercizio di tale compossesso. Tanto perché le facciate ed il relativo decoro architettonico costituiscono un modo dì essere dell'immobile (quattro corpi di fabbrica o palazzine) e, conseguentemente, un elemento del modo di godimento da parte dei loro possessori. La modifica della facciata, implicando un'interferenza nel godimento medesimo, può determinare un'indebita molestia, suscettibile di salvaguardia possessoria (cfr. Cass. 22.06.1995, n. 7069; Cass. 10.07.1985, n. 4109; Cass. 23.10.1982, n. 779).
Sotto l'aspetto inerente al fatto, devono essere risaltati i seguenti significativi - e decisivi - elementi della condotta azionata dalla resistente indicata: a. l'abbattimento di una porzione di muro comune, poiché le aperture in questione insistono su un muro perimetrale, attratto alla proprietà condominiale (muri maestri citati dall'art. 111 7, n. 1, ce), nel tratto compreso tra la porticina d'ingresso e la finestra: b. il mutamento della linea architettonica dell'edificio (e innegabile che nessun altro condomino ha unito la porta d'ingresso al giardino con la finestra, situate al piano terra); c. la variazione cromatica (il colore originario dei serramenti era bianco con bordi rossi); d. l'inglobamento all'interno delle persiane, che all'inizio erano esterne; e. l'integrale diversità del motivo ornamentale dei serramenti, con annesso cambiamento della forma (la stessa parte riconosce di avere modificato la forma geometrica dell'infisso), delle dimensioni (le originarie dimensioni delle aperture sono state evidentemente aumentate) e del materiale di questi (da una struttura plastificata si è passati ad una struttura in alluminio); f. il difetto di alcuna previa informazione all'amministratore del condominio e agli altri condomini; g. la visibilità esterna dell'intervento eseguito. Tutti questi rilievi possono essere desunti dalla descrizione fotografica dei luoghi, dalle risultanze dell'effettuata ispezione e dal tenore delle deposizioni rese dagli informatori escussi, che hanno un chiaro valore indiziario nella fase del merito possessorio (cfr. Cass. 25.09.1991. n. 10011). Peraltro, attesa la natura bifasica del procedimento de quo (cfr. Cass. S.U. 24.02.1998, n. 1984), le informazioni assunte durante la fase interdittale s'innestano, pur sempre, nel medesimo giudizio e non ne costituiscono un corpo estraneo. Ne deriva che, già fermandosi al piano del fatto, l'entità dell'intervento eseguito compromette l'unità esteriore dell'edificio, creando spazi pieni laddove il ritmo delle altre porte d'ingresso e finestre crea dei vuoti, e inglobando all'interno le persiane dei serramenti. Inoltre, l'opera dà luogo ad un accentuato mutamento dell'uniformità complessiva e dell'estetica della facciata, cagionando un mutamento nella tinta e nel motivo ornamentale dei serramenti medesimi. Peraltro, è stata palesemente violata la prescrizione dell'art. 5 del regolamento di condominio, che imponeva ai condomini di dare immediata notizia all'amministratore dell'esecuzione di opere o lavori che, comunque, avessero potuto interessare la stabilità o l'estetica dell'edificio o di parte di esso. In più, è stata violata l'ulteriore previsione secondo cui ogni interevento diretto ad alterare il decoro architettonico doveva essere approvato dall'assemblea dei condomini ali"unanimità ex art. 22, n. 4, lett. b), del citato regolamento. D'altro canto, sia dall'ispezione dei luoghi, sia dalle deposizioni degli informatori (vedi quanto dichiarato da G.V. e da V.A.), è emerso che l'opera è visibile, sia dagli appartamenti adiacenti, sia dai piani superiori. Sennonché, motivo centrale della difesa di M.S. è rappresentato dal l'osservazione in forza della quale, all'epoca dell'intervento, non vi era alcun decoro architettonico da rispettare, poiché questo era già compromesso da una serie dì interventi eterogenei non rimediabili, realizzati da altri condomini in precedenza. Anche tale doglianza non può trovare accoglimento.
Si rimarca che, in tema di condominio negli edifici, il condomino può aprire nel muro comune della struttura nuove porte o finestre ovvero ingrandire e trasformare quelle esistenti, se queste opere, di per sé non incidenti sulla destinazione della cosa, non pregiudichino la stabilità e il decoro architettonico dell'edifìcio medesimo. Quest'ultimo integra l'estetica, data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali, che costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di un fabbricato di particolare pregio artistico. L'indagine volta a determinare se, in concreto, un'innova/ione cagioni o meno un'alterazione di siffatto decoro è demandata al giudice del merito (cfr., da ultimo, Cass. 16.12.2004, n. 23459; Cass. 3.09.1998, n. 8731). Punti nodali della ricerca di un'unità di forme estetiche nelle quattro palazzine che compongono il condominio F. sono rappresentati, da un lato, dall'individuazione di una linea architettonica di fondo o di massima o essenziale, ricondotta ad un'anali-i non dei singoli particolari ma dell'impatto visivo esterno (cromatico, strutturale, ornamentale, dimensionale), nel suo insieme o nel suo complesso (dinanzi al quale l'opera realizzata dalla M.S. risalta come un pugno nell'occhio, non perché detto intervento possa essere definito, sul piano estetico e tecnico, come "brutto", anzi in sé considerato, cioè isolatamente, detto cambiamento potrebbe anche essere apprezzabile, quanto per l'assoluta diversità rispetto alle aperture poste al piano terra degli altri appartamenti condominiali). Dall'altro, dalla constatazione che, una volta individuata tale linea di fondo, benché non esente da asimmetrie nei dettagli, oltre che indubbiamente di modesto, se non di nessun, pre...

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