Loading…
Se, e con quali modalità, il locatore può agire nei confronti dei precedenti conduttori nel caso in cui dopo alcune cessioni l'ultimo conduttore si renda moroso.-
In caso di cessioni plurime del contratto di locazione commerciale, a che titolo rispondono i vari cedenti e l'attuale conduttore? Sentenza 20 aprile 2007, n. 9486
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE Sentenza 20 aprile 2007, n. 9486 FATTO

Con scrittura privata del 10 aprile 1986 O. D. stipulò con L. P. un contratto di locazione di immobile adibito ad esercizio commerciale per la durata di sei anni. Contestualmente, la moglie del conduttore, R. C., si impegnava a garantirne l’obbligazione di pagamento del canone nella espressa qualità di fideiussore solidale. Con raccomandata del 4 febbraio 1992 il P., nella qualità di legale rappresentante della società in nome collettivo "R. di P. L.", comunicò al D. di aver ceduto, ex articolo 36 della legge 392/1978, (il contratto di locazione e) l’esercizio commerciale a L. F., senza peraltro ottenere la liberazione dalla proprie obbligazioni, come esplicitato dal locatore con raccomandata di riscontro del successivo 29 febbraio 1992. Il 18 aprile del 1994 il contratto di locazione verrà ancora ceduto dal F. a G. M., anche questa volta senza liberazione del subconcedente da parte del proprietario. Proprietario che, a fronte del mancato pagamento dei canoni nel periodo 1 agosto 1994/31 marzo del 1995, in ragione della iniziale conduzione del P., dell’impegno fideiussorío della moglie C., delle successive cessioni del contratto di locazione (senza liberazione di alcuno dei cedenti) prima al F. e poi al M., intimò a ciascuno dei predetti soggetti sfratto per morosità (convalidato con ordinanza 19.7.1995), con contestuale richiesta di ingiunzione esecutiva per canoni interessi e spese. A seguito di un nuovo ricorso per ingiunzione presentato dal D. il 3.9.1996, il Pretore di Maglie ordinò al P., alla C., al F. e al M. il pagamento in solido, in favore del ricorrente, della complessiva somma di circa 26 milioni di lire, a titolo di canoni di locazione scaduti e non pagati dall’ultimo conduttore dell’immobile. Il P. e la C. proposero opposizione. Premesse le successive cessioni di contratto dal P. in proprio alla R. s.a.s. (della quale il predetto era legale rappresentante), da tale società al F., e da quest’ultimo al M., gli opponenti dedussero: 1) la propria estraneità all’ultimo rapporto locativo, essendosi ormai estinto, a seguito delle successive cessioni, quello originario tra il D. e il P.; 2) l’inapplicabilità, nella specie, dell’articolo 36 comma II della legge 392/78, il cui ambito andava limitato ai rapporti tra l’ultimo cedente e l’ultimo cessionario; 3) l’estinzione della garanzia in capo al fideiussore C., ex articolo 1957 c.c.; 4) la violazione dell’articolo 1408 comma 3 c.c.; 5) il mancato rimborso di una trimestralità anticipata (di cui veniva, in via riconvenzionale, richiesto il pagamento); 6) l’interesse ad essere tenuti indenni dalla richiesta di pagamento da parte del F. e del M. - chiamati per l’effetto in causa a titolo di manleva e rivalsa - rispetto alla pretesa del locatore D.. Quest’ultimo, nel costituirsi, contestò in toto l’assunto degli opponenti, eccependo, da un canto, l’esistenza di un accertamento giudiziale (ormai definitivo) del rapporto locativo, dall’altro, la indiscutibile esistenza di un vincolo solidale di responsabilità fra cedenti e cessionari "intermedi" in caso di cessioni plurime di contratto (di azienda e) di locazione. Previa autorizzazione del pretore, il D. estese la sua domanda alla R., prima cessionaria del contratto. Questa, eccepita, in limine. l’inammissibilità della chiamata, ripropose, nel merito, le stesse difese dei due opponenti. Si costituì in giudizio il F., deducendo la propria estraneità ai fatti di causa, per essere subentrato nelle proprie obbligazioni contrattuali il cessionario M., l’avvenuto compiersi della "prescrizione" della garanzia ex articolo 1957 c.c. rispetto alla domanda del D. e degli opponenti, l’applicabilità dell’articolo 1408 c.c.. Il tribunale di Lecce accolse l’opposizione del P. e della moglie (revocando per l’effetto l’impugnato decreto di ingiunzione), rigettò la domanda del D. nei confronti della R., rigettò altresì l’istanza di manleva degli opponenti nei confronti del F. e del M., respinse infine la domanda riconvenzionale proposta dai medesimi opponenti, P. e C., contro il locatore. osservò il giudicante che l’articolo 36 della legge sull’equo canone nulla espressamente prevedeva, né per l’ipotesi di cessioni plurime, né sul punto della solidarietà passiva tra cessionari, ma il dato logico - letterale desumibile dalla norma consentiva di ritenere "cedente" soltanto l’ultimo dei soggetti rispetto al proprio avente causa, sicché la pretesa del locatore non poteva che rivolgersi all’ultimo dei cessionari e, in caso di inadempimento di quest’ultimo (attuale conduttore), al (solo) suo diretto cedente, la cui obbligazione assumeva caratteri di garanzia ex lege eventuale e sussidiaria, di natura chiaramente fideiussoria. Nella sequenza delle cessioni, pertanto, il primo conduttore/cedente doveva considerarsi liberato da ogni obbligazione, stante la inconfigurabilità, nel nostro ordinamento, di una responsabilità senza fonte. Né tale soluzione poteva pregiudicare concretamente il locatore, cui il legislatore aveva conferito il potere di opporsi alla cessione per gravi motivi. Il tribunale escluse ancora che il giudicato formatosi sul provvedimento di convalida di sfratto per morosità potesse influenzare il giudizio di opposìzione al decreto ingiuntivo, specificando che, l’accoglimento dell’opposizione dei coniugi P. - C., conseguiva ipso facto il rigetto della domanda di garanzia proposta da questi ultimi nei confronti del F. e del M., mentre infondata per difetto di prova era risultata la domanda riconvenzionale spiegata dagli stessi opponenti nei confronti del D. per il recupero della trimestralità versata. La corte di appello di Lecce, investita dell’impugnazione proposta dal D. in via principale, e dai coniugì P. in via incidentale, in rìforma della pronuncia resa in primo grado, accoglierà il gravame principale osservando, per quanto ancora rileva in sede dì giudizio di legittimità: -che il provvedimento di convalida di sfratto ottenuto dal D., mai opposto, aveva natura dì sentenza costitutiva ed efficacia di cosa giudicata sostanziale, rendendo incontestabile tra le parti del procedimento la pregressa esistenza del contratto di locazione, la qualità di locatore dell’intimante, quella di conduttore dell’intimato, la sussistenza di una causa di risoluzione del rapporto; - che l’ambito del giudicato, tuttavia, ancorché affermativo della morosità, non precludeva al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni con ricorso per decreto ingiuntivo, né al conduttore di chiedere l’accertamento giudiziale dell’obbligo di pagamento e di contrastare, nel rapporto di dare/avere in relazione ai canoni, la misura di questi. Tale accertamento non poteva, peraltro, riguardare la qualità di conduttore ormai irrevocabilmente delibata, sicché, nella specie, l’estraneità al rapporto locativo in relazione al meccanismo delle plurime cessioni di contratto non poteva essere utilmente dedotto: díversamente opinando, la stessa pronuncia di condanna al rilascio, costítutiva dell’effetto risolutivo del contratto, ne sarebbe risultata illegittimamente vulnerata; -che tale effetto giuridico, legittimamente predicabile con riferimento alla posizione del P., della R. e del F., non poteva efficacemente estendersi alla C. e al M.: non alla prima, avendo essa partecipato al procedimento di sfratto non quale conduttrice - cedente ma in veste di fideiussore del P. (come tale, non destinataria dal provvedimento di convalida); non al secondo, per non aver egli mai ricevuto notifica delle impugnazioni (principale e incidentale), alle quali, peraltro, le parti istanti avevano in seguito rinunciato; -che, quanto alla questione relativa alla corresponsabilità solidale di tutti i cedenti il contratto di locazione, andava in limine rilevato come l’obbligazione di ciascuno di essi rispetto all’inadempimento del successivo cessionario non avesse punto natura fideiussoria, dovendosi riconoscere al locatore legittimazione all’azione diretta nei confronti del conduttore-cedente non liberato a prescindere dalla previa escussione del cessionario inadempiente e a prescindere dalla previa comunicazione al cedente dell’inadempimento del cessionario ex articolo 1408 comma 3 c.c., inapplicabile alla fattispecie della cessione della locazione; - che, pertanto, l’obbligazione de qua aveva indiscusso carattere solidale, senza che la natura giuridica di tale obbligazione potesse ritenersi mutata in ipotesi di cessioni plurime, anche in tal caso sussistendo, per l’inadempimento dell’ultimo cessionario, la responsabilità solidale del primo conduttore e dei successivi soggetti divenuti diacronicamente parti del rapporto locativo; - che, di converso, la natura pacificamente fideiussoria dell’ obbligazione della C. ne comportava la irresponsabilità per le dette obbligazioni ex contractu, attesa la mancata diligente proposizione, da parte del creditore, delle istanze di adempimento nei confronti del debitore principale entro il termine decadenziale di sei mesi dalla scadenza dell’ obbligazione (con conseguente estinzione della fideiussione ex articolo 1957 c.c.). Avverso tale pronuncia è proposto ricorso per cassazione, sostenuto da 6 motivi di doglianza, da L. P. e dalla s.n.c. R.. Resiste con controricorso O. D.. Le parti ricorrenti hanno depositato memoria.

DIRITTO

Il ricorso non può essere accolto. Con il primo e il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 c.c. e 324 c.p.c., in relazione agli articoli 658 c.p.c. e 36 comma 3, della legge 392/78. I motivi, da esaminarsi congiuntamente attesane la intrinseca connessione logico -giuridica, sono fondatì, ma dal relativo accoglimento non può in alcun modo derivare (come auspicato dagli istanti) la cassazione della sentenza impugnata, dovendo questa Corte procedere soltanto alla correzione della relativa motivazione in parte qua. Non erra, difatti, il ricorrente nel sostenere la non conformità a diritto della pronuncia della Corte leccese nella parte in cui ha ritenuto che l’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità pronunciata dal pretore di Maglie avrebbe reso incontestabile la qualità di conduttore non soltanto in capo al moroso M., ma anche con riferimento, in extensum, a tutti quei soggetti che, vera la ricostruzione dei fatti prospettata in quella sede dal medesimo locatore - intimante nell’atto introduttivo dello sfratto per morosità, erano soltanto precedenti conduttori. E’ principio di diritto più volte affermato da questa corte regolatrice, difatti, quello secondo il quale il giudicato sostanziale di cui all’articolo 2909 c.c. - che, quale riflesso di quello formale ex articolo 324 c.p.c., fa stato ad ogni effetto tra le parti quanto all’accertamento di merito, positivo o negativo, del diritto controverso - si forma soltanto Sezioni Unite ciò che ha costituito oggetto della decisione (o che avrebbe potuto costituirne oggetto, come nelle ipotesi di procedimenti speciali a cognizione eventuale: Cassazione 15178/00), compresi gli accertamenti di fatto che rappresentino le premesse necessarie e il fondamento logico e giuridico funzionale all’emanazione della pronuncia, con effetto preclusivo dell’esame degli stessi elementi in un successivo giudizio, quando l’azione in esso dispiegata abbia identici elementi costitutivi (soggetti, petitum, causa petendi). Non è dunque a discorrere, nella attuale vicenda processuale, di giudicato né esplicito né implicito (la cui esistenza 6 legittimamente predicabile tutte le volte che la questione decisa - nella specie, la convalida dello sfratto intimato per morosità all’ultimo conduttore - si ponga in rapporto non soltanto causale, ma di vera e propria dipendenza logico-giuridica indissolubile: Cassazione 1532/2000; 5241/1999; 12905/1997; 5222/1996, con quella che si vorrebbe tacitamente risolta - nella specie, l’accertamento dell’obbligo degli ex conduttori di garantire l’inadempimento dell’ultimo conduttore, giusta la prospettazione dello stesso locatore/intimante - che la corte salentina inopinatamente trasforma nell’avvenuto accertamento della -inesistente qualità di conduttore anche in capo agli ex conduttori cedenti). Nella specie, è innegabile che l’accertamento che si vorrebbe implicitamente delibato in via definitiva in sede pretorile (e cioè, ripetesi, la pretesa qualità di conduttore in capo a soggetti diversi dall’ultimo conduttore/cessionario moroso), oltre che insussistente in punto di diritto, non integra comunque gli estremi della "questione pregiudiziale", né in senso logico né in senso tecnico rispetto a quella esplicitamente decisa (id est lo sfratto), assumendo di converso carattere del tutto "neutro" rispetto alla pronuncia di convalida, al cui fine il pretore ebbe in realtà ad accertare soltanto la qualità di attuale conduttore inadempiente in capo al M. (oltre che, naturalmente, l’esistenza della locazione, la configurabilità di una causa di risoluzione del contratto, la qualità di locatore in capo all’intimante). Va pertanto esclusa, siccome non costituente oggetto della decisione del pretore (oltre che errata in diritto) la circostanza della accertata qualità di conduttori in capo a tutti i soggetti risultati, nel tempo, parti del negozio di cessione diverse dall’ultimo cessionario/conduttore, cosi dovendo ritenersi corretta, in parte qua, la motivazione della sentenza impugnata. Con il terzo motivo, si duole il ricorrente della violazione e falsa applicazione dell’articolo 36 della legge 392/78. Egli afferma, in sintesi, che, in tema dì cessioni plurime del contratto di locazione, e in presenza dì una dichiarazione di non liberazione da parte del locatore, il primo cessionario, che divenga a sua volta cedente, cessa di essere obbligato all’adempimento in via principale quale conduttore. e assume soltanto l’obbligazione di garanzia prevista dalla legge. Cosi che l’originario cedente, essendosi estinta l’obbligazione principale del proprio cessionario (divenuto a sua volta cedente e perciò a sua volta obbligato di garanzia ex lege), non potrà che essere liberato anche dalla propria obbligazione di garanzia, in applicazione del principio generale secondo il quale accessorium sequitur principale: egli potrà rispondere come fideiussore ex lege del proprio cessionario soltanto se (e fino a che) permanga l’obbligazione principale di adempimento in capo a quest’ultímo (fínché, cioè, questi rivesta attualmente la qualità dì conduttore) , mentre il detto conduttore, nell’avviare nuovamente il meccanismo della cessione, subentra egli stesso (egli soltanto) nella stessa posizione di garante ex lege. L’architettura dell’istituto disciplinato dal legislatore con l’articolo 36 della legge 392/78 si strutturerebbe, pertanto, sempre e soltanto secondo un rapporto trilatero (e mai dunque plurilaterale) , quello, cioè, tra il locatore, l’attuale conduttore, e il suo garante, id est il suo cessionario diretto, senza che sia in alcun modo ipotìzzabile l’estensione di tale obbligazione di garanzia ad altri soggetti (perché, diversamente opinando - conclude il ricorrente - si creerebbe un vero e proprio "esercito di garanti del garante del conduttore"), salva lesione - diversamente opinando - del principio costituzionale di uguaglianza e di quello del diritto di difesa (essendo il primo cedente in concreto privato, a differenza del locatore, dello strumento della opposizione per gravi motivi alle successive cessioni, con conseguente introduzione di un principio di sua responsabilità senza sua colpa). Con il quarto motivo, lamenta ancora il ricorrente il vizio di omessa motivazíone Sezioni Unite un punto decisivo della causa rappresentato dalla invocata applicazione dell’articolo 1408 comma 3 c.c., nonché la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1957 c.c. Egli si duole, da un canto, della mancata applicazione, da parte del giudice di merito, del disposto dell’articolo 1408 comma 3 c.c. (che obbliga il contraente ceduto a dare notizia al cedente dell’inadempimento del cessionario entro 15 giorni dall’inadempimento stesso, mentre, nella specie, tale notizia era stata comunicata ai ricorrenti a distanza di ben 7 mesi) ; dall’altro, della mancata ríconduzione della vicenda relativa all’obbligazione del conduttore cedente entro lo schema della fideiussione ex lege, di talché la mancata proposizione e l’omessa diligente prosecuzione dell’istanza di adempimento nei confronti del debitore principale entro il termine decadenziale di sei mesi avrebbe dovuto comportare ipso facto l’estinzione della fideiussione medesima. Con il quinto motivo, i ricorrenti contestano ancora una presunta violazione e falsa applicazione degli articoli 1298 1 e II comma c.c., ritenendo illegittimo il rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti dell’ultimo conduttore, poiché - si sostiene -l’obbligazione dei precedenti conduttori -cedenti, qualora esistente, non sarebbe comunque di natura solidale e pertanto non ripartibile in parti uguali al suo interno. I motivi meritano esame congiunto, attesane la loro intrinseca connessione. Essi sono infondati, benché suggestivamente e approfonditamente argomentati in punto di diritto. Non ignora il ricorrente (e puntualmente ne dà atto nella memoria difensiva) che, successivamente alla presentazione del ricorso, questa stessa sezione ha avuto modo di pronunciarsi in ordine ad analoga fattispecie, affermando, tra l’altro, il principio della natura solidale della responsabilità di tutti i cedenti (l’azienda e) il contratto di locazione e ricostruendo i successivi rapporti tra cedenti e cessionari in termini di "successione cumulativa" (Cassazione Sezione 3, 1.6.2004, n. 10485). A tale indirizzo questo collegio intende dare continuità, sia pur con le precisazioni che seguono. Con la sentenza dianzì citata, questa Corte aveva affermato, da un canto, che, in tema di cessione del contratto di locazione e di contestuale cessione dell’azienda ai sensi dell’articolo 36 della legge 392/73 (che, come è noto, prescinde dalla necessità del consenso del locatore), il conduttore cedente - che non sia stato liberato dal locatore ceduto - e il cessionario rispondono solidalmente e non sussidiariamente dei rispettivi inadempimenti; dall’altro, che l’obbligazione di garanzia del cedente (il cui fondamento andrebbe ravvisato nel potere esclusivo di scelta del cessionario da parte del cedente stesso e nella speculare esigenza di tenere il locatore – che resta del tutto estraneo a tale vicenda contrattuale - indenne dalle negative conseguenze che possano in ipotesi derivargliene) persiste anche nelle ipotesi –di cd cessioni intermedie, e cioè qualora, alla prima cessione, altre ne seguano ad opera dei successivi cessionari, con la conseguenza che l’originario conduttore (e primo cedente) rimane obbligato in solido con l’ultimo cessionario per le obbligazioni di costui, essendo tenuto a rispondere del meccanismo dei subingressi "automatici" da lui in origine attivato e che il locatore non può, salvo eccezioni, evitare (in tali sensi, cfr. anche Cassazione 17201/02; Cassazione 894/86; Cassazione 2435/89). Non si pone, in questa sede - diversamente che nella fattispecie affrontata e risolta dalla sentenza del 2004 - la questione se anche il cessionario conduttore sia responsabile nei confronti del locatore ceduto delle obbligazioni ancora gravanti sul conduttore cedente e da questi non adempiute. E’ con riguardo a tale problematica, peraltro, che la sentenza in parola ha inteso ricostruire le vicende di cessione che qui occupano in termini di "successione cumulativa", fenomeno funzionale ad indicare la permanenza dell’obbligo originario (e, quindi, secondo quel collegio, l’identità stessa dell’obbligo di cui sono chiamati a rispondere) del vecchio e nuovo debitore. I ricorrenti contestano, come si è avuto modo di esporre poc’anzi, sia la esistenza stessa di un vincolo solidale di responsabilità tra cessionari intermedi, sia la natura solidale di tale eventuale responsabilità, sia la natura solidale del vincolo tra ultimo cessíonario e suo diretto cedente (tanto che si invoca, nella specie, l’applicazione dell’articolo 1408 comma 3 c.c., che sancisce l’obbligo di comunicazione dell’inadempimento del cessionario in capo al cedente entro 15 giorni dall’inadempimento stesso), chiedendo altresì che questo giudice di legittimità, ritenuta la natura fideiussoria ex lege dell’obbligazione di garanzia dei singoli cedenti, ne dichiari conseguente la estinzione ai sensi dell’articolo 1957 c.c.. Ciascuno dei temi così proposti nel ricorso merita una approfondita disamina, non soccorrendo, all’uopo, lo scarno dato legislativo. a) La natura giuridica del vincolo di corresponsabilità, tra cedente e cessionario. In limine, non può non rammentarsi come tale questione sia stata più volte affrontata in dottrina, pur se con riferimento alla più ampia tematica della cessione del contratto disciplinata in via generale dagli articoli 1406 e ss del codice civile, essendosi da più parti opinato che, nei rapporti tra cedente e cessionario, non di obbligazione solidale sia lecito discorrere, quanto piuttosto di responsabilità sussidiaria o subordinata, con la conseguenza che il creditore ceduto avrebbe l’onere di chiedere l’adempimento al cessionario prima di rivolgersi al cedente. Questo collegio, diversamente da quanto ritenuto con la sentenza 10485/04, è dell’avviso che tale ricostruzione dei rapporti tra coobbligati debba ritenersi fondata anche con riferimento alla peculiare fattispecie di cessione di cui all’articolo 36 legge 392/78, sia pure sotto il limitato aspetto dell’esistenza di un mero beneficium ordinis (che pure risulta a tutt’oggi costantemente escluso dalla giurisprudenza di questa Corte: Cassazione Sezioni Unite 5572/79 e Cassazione 2517/95). Negare, invero, l’esistenza di tale forma sussidiaria di responsabilìtà (sussidiarietà, si badi, l’attenuata", potendo legittimamente discorrersi, nella specie, non già di beneficium excussionis, bensì del ben più limitato benefícium ordinis, contemplato anche dall’articolo 1268 c.c.), con riguardo alla posizione dell’ultimo cessionario/conduttore rispetto al suo diretto cedente, difatti (impregiudicata restando, al momento, la questione della natura del vincolo cumulativo che lega tutti i precedenti cessionari intermedi) significherebbe ignorare apertamente lo stesso disposto di legge di cui al menzionato articolo 36, ove testualmente si dispone che "il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di cessione, il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte". E’ indiscutibile, dunque, che la stessa norma di legge subordini la facoltà di agire del locatore nei confronti del cedente non liberato all’inadempimento dell’attuale conduttore/cessionario, introducendo un meccanismo legale secono il quale, richiesto il pagamento del canone a quest’ultimo, e verficatone l’inadempimento (che è, come noto, cosa altra rispetto ad un semplice ritardo), viene ad attivarsi il circuito della corresponsabilità sussidiaria (intesa, va ribadito, in termini di mero beneficium ordinis) del cedente. Il collegio non ignora che, non immotivatamente, la più attenta dottrina ha evidenziato come la disciplina codicistica preveda, all’articolo 1408 c.c., l’automatica liberazione del cedente, subordinando ad un’espressa dichiarazione del ceduto l’opposta vicenda della mancata liberazione (e prevedendo, in tale ultimo caso, la possibilità per il ceduto di agire contro il cedente, "qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte"), mentre, in tema di cessione della locazione ex articolo 36, si dispone, simmetricamente, che "il locatore, se non ha liberato il cedente, può agire contro il medesimo qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte", sottolineandosi come tale clausola "di chiusura", pur apparendo del tutto simile a quella di cui all’articolo 1408 c.c., renderebbe comunque meno convincente la soluzione della sussidiarietà nel caso della cessione del contratto di locazione. E ciò perché, si osserva, in primo luogo, questa cessione avviene senza il consenso del ceduto (che non ha quindi modo di operare alcuna valutazione del patrimonio e della solvibilità del cessionario), dovendosi in secondo luogo adeguatamente considerare la circostanza che, nella specie, i conduttori sono imprese, sovente sotto forma societaria, mentre il locatore spesso è un privato che ridotta solvibilità (società con capitale minimo e nessun patrimonio concreto), ne risulterebbe ulteriore aggravio della posizione del ceduto e una ingiustificata introduzione di un ulteriore squilibrio contrattuale. Tali osservazioni, pur dotate di indiscutibile pregio, non paiono peraltro insuperabili. La stessa dottrina che discorre di solidarietà tra coobbligati ha ritenuto di individuare un ipotetico appiglio normativo nella lettura comparata della fattispecie disciplinata attualmente dall’articolo 36 legge 392/78 e di quella precedentemente prevista dall’articolo 5 della legge 19/1963, norma che, al secondo comma, prevedeva testualmente "il conduttore cedente rimane obbligato in solido con il cessionario dell’azienda, per il pagamento del fitto e per l’osservanza di tutte le condizioni del contratto". E’ peraltro convincimento di questo collegio che proprio tale dato ermeneutica, di tipo storico-comparatistico, sia in realtà idoneo a provare, piuttosto, la tesi opposta, secondo cui, a differenza che in passato, il legislatore del 1978 mostra consapevolmente di escludere l’istituto della solidarietà "pura", così che di sola responsabilità sussidiaria sia oggi lecito discorrere. E ciò sia per la (sicuramente significativa) mancata riproduzione dell’esplicito lemma sulla solidarietà nell’attuale testo dell’articolo 36 (la cui evidente omogeneità morfologica con l’articolo 1408 c.c. ín parte qua depone piuttosto nel senso di una c a e ponderata scelta normativa in favore della sussidiarietà) sia perché le (pur legittime) argomentazioni svolte in favore della solidarietà paiono improntate piuttosto ad un’analìsi funzionale (se non di analisi economica del diritto) della fattispecie, sorvolando sia sul dato letterale della norma (che subordina esplicitamente all’inadempimento del cessionario l’azionabilità della pretesa verso il cedente), sia Sezioni Unite quello strutturale della fattispecie, modellata pur sempre sul più generale archetipo della cessione del contratto, che postula, a sua volta, l’inadempimento del cessionario alle obbligazioni assunte per poter agire contro il cedente (articolo 1408 comma 2 c.c.). Diversamente...

... continua
La versione completa è consultabile sul sito mediante registrazione