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QUESITO N. 247: Se può essere soggetto a revoca un atto di vendita a giusto prezzo destinato ad essere abitazione principale dell’acquirente nel caso lo stesso sia a conoscenza della situazione debitoria del venditore
Quesito n. 247 Se in base alle nuove disposizioni del d. lgs. 14 marzo 2005 n. 35, in merito alla revocatoria fallimentare, può essere soggetto a revoca un atto di vendita a giusto prezzo destinato ad essere abitazione principale dell’acquirente nel caso lo stesso sia a conoscenza della situazione debitoria del venditore.-
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Nel fornire una compiuta risposta al quesito proposto, anche ai fini di una maggiore chiarezza espositiva, è opportuno premettere alcune considerazioni di carattere generale.-
L’attività imprenditoriale, come ben noto a tutti, costituisce il fondamento ed il fattore propulsivo dell’intera economia, e coinvolge una vasta gamma di interessi, di natura sia privatistica, sia pubblicistica.-
Proprio in virtù di ciò, è facilmente intuibile come il dissesto economico di un imprenditore sia un fenomeno dalle conseguenze assai rilevanti, e come l’istituto deputato a disciplinarlo, ossia la c.d. legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), sia stata più volte oggetto di modifiche ed integrazioni legislative volte ad assicurare un’adeguata tutela di tutti gli interessi implicati.-
Tra di essi, è senz’altro preminente quello dei creditori del fallito ad una equa partecipazione alla liquidazione del patrimonio di quest’ultimo, nel pieno rispetto della par condicio creditorum.-
Affinché ciò possa realizzarsi compiutamente, occorre appunto ricostruire detto patrimonio, ossia il c.d. attivo fallimentare, facendo confluire in esso non solo i beni appartenenti al debitore-fallito al momento della dichiarazione di fallimento, ma anche quelli ch’egli abbia precedentemente alienato in palese frode della citata par condicio.-
Nel perseguire tale ultimo fine, uno degli strumenti più rapidi ed efficaci è costituito dalla azione revocatoria fallimentare, disciplinata dalla sezione III, agli artt. 64 e ss. della legge fallimentare.-
Essa può esercitarsi in aggiunta all’azione revocatoria ordinaria o pauliana (disciplinata dagli artt. 2787 e 2901 c.c. cui, per altro, rinvia l’art. 66 l. fall.), ed al contempo si differenzia da quest’ultima sotto molteplici profili, il principale dei quali è senz’altro da ravvisarsi nella diversa finalità di tutela delle due azioni.-
Mentre quella ordinaria, infatti, è concessa a specifico vantaggio dei singoli creditori, quella fallimentare è preposta a generale salvaguardia della par condicio creditorum.-
Mediante la proposizione, tra le due azioni testè tratteggiate, di quella più congrua al risultato da perseguire, il curatore ricostruisce l’attivo fallimentare revocando una molteplicità di atti, che l’art. 67 l. fall. suddivide in due categorie.-
Innanzitutto, gli atti compiuti nell’anno antecedente la dichiarazione di fallimento, qualora l’interessato non riesca a dimostrare la mancanza di conoscenza dello stato di insolvenza (c.d. scientia fraudis o scientia decotionis) del debitore-fallito (art. 67 co. 1) ed in secondo luogo, quelli da quest’ultimo compiuti negli ultimi sei mesi dalla medesima dichiarazione, qualora sia il curatore a fornire la prova della sussistenza della scientia fraudis (art. 67 co. 2).-
I termini appena menzionati, che circoscrivono, con riferimento alla condotta del fallito, il c.d. periodo sospetto, sono stati dimezzati, rispetto alla loro originaria estensione, dal d. lgs. 14 marzo 2005 n. 35, cosiddetto "Decreto Legge competitività", poi convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80.
Tale decreto ha inoltre novellato profondamente il terzo comma dell’art. 67, disponendo l’esenzione dalla assoggettabilità alla revocatoria fallimentare di una nutrita serie di negozi posti in essere dall'imprenditore poi fallito, nel chiaro intento di preservare, come si cenava all’inizio, interessi che, seppur differenti da quelli dei creditori, sono non per questo meno degni di tutela.
Tra di essi, figura il diritto di ciascuno ad assicurare a sé ed alla propria famiglia la proprietà dell’immobile abitativo, con ovvi riflessi anche sulla tutela del risparmio e degli investimenti privati.
Ed infatti l’art. 67 comma 3 lett. c sancisce che “non sono soggetti all’azione revocatoria… le vendite a giusto prezzo di immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti ed affini entro il terzo grado”.
Ad una prima, sommaria lettura, tale disposizione sembrerebbe essere da sé sola sufficiente a fornire una adeguata risposta al quesito proposto.
Sennonché sorgono complicazioni ed incertezze nella misura in cui, essendo la norma estremamente recente, su di essa, e sui suoi esatti contorni applicativi, non si è ancora formata una compiuta giurisprudenza di merito.-
Rebus sic stantibus, essendo comunque necessaria, ai fini di una chiara risposta al quesito in esame, una sia pur rapida esegesi del citato art. 67 comma 3 lett. c, non residua altra alternativa se non il riportarsi alle elaborazioni dottrinali già compiute in proposito.-
Al riguardo, può considerarsi più che autorevole la fonte costituita da un apposito studio del Consiglio nazionale del notariato (Studio n. 6112/I, reperibile per qualche tempo sul sito internet: www.notariato.it), nel quale si procede ad una puntuale analisi dell’intero dettato normativo, secondo cui, val bene ripetere, “non sono soggetti all’azione revocatoria… le vendite a giusto prezzo di immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti ed affini entro il terzo grado”.-
Ripercorrendo brevemente i punti salienti del citato studio alla luce di quel che qui più interessa, può affermarsi quanto segue.-
Innanzitutto, non sussiste nessun dubbio circa l’applicabilità dell’art. 67, comma 3 lett. c. Il quesito proposto, infatti, riguarda proprio una vendita, come espressamente indicato dal detto articolo, a prescindere, dunque, dal dibattito dottrinale relativo alla ampiezza di tale concetto normativo di ‘vendita’, essendo, in proposito, dubbio se ricomprendere in esso qualsiasi atto ad effetti traslativi a titolo oneroso, o, come sembrerebbe più opportuno, limitarlo unicamente alle alienazioni in senso stretto.-
Il successivo requisito previsto dall’art. 67 comma 3 lett. c ai fini della non esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare consiste nel ‘giusto prezzo’ di una siffatta vendita.-
È necessario che quest’ultima avvenga ad un prezzo che sia giusto, poiché solo in tal modo può venir meno qualsiasi analisi circa i presupposti soggettivi che normalmente regolano le fattispecie revocatorie, essendo chiara al riguardo la ratio della norma, la quale, creando una eccezione al sistema della revocatoria ha ritenuto necessario fissare anche regole precise per evitare di violare paleseme...

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