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QUESITO N. 314: Se è possibile vendere un immobile abusivo, costruito prima degli anni ’80, in attesa di sanatoria e se, inoltre, è possibile frazionarlo vendendo le due unità separatamente.-
Quesito n. 314 : Se è possibile vendere un immobile abusivo, costruito prima degli anni ’80, in attesa di sanatoria e se, inoltre, è possibile frazionarlo vendendo le due unità separatamente.-


La sanatoria edilizia nasce in Italia col governo Craxi-Nicolazzi, con la legge n° 47/1985. Tale primo condono, al quale sono seguiti negli anni molti altri, si è posto come una provvisoria legge-quadro in materia urbanistico/edilizia, ma la sua maggiore conseguenza fu quella di ammettere al condono edilizio tutti gli abusi realizzati fino al 1/10/1983. Per i manufatti costruiti in aree a vario titolo vincolate, il rilascio della concessione (o autorizzazione) in sanatoria era subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela (per il vincolo paesaggistico di solito i comuni, con successivo controllo ed eventuale annullamento da parte delle Sopraintendenze).-
L’art. 31 della Legge n° 47/85 riconosce la possibilità di conseguire la concessione o l’autorizzazione in sanatoria “ai proprietari di costruzioni e di altre opere che risultino essere state ultimate entro la data del 15 ottobre 1983 ed eseguite: a) senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse; b) in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa; c) coloro che hanno titolo, ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, a richiedere la concessione edilizia o l'autorizzazione nonché, salvo rivalsa nei confronti del proprietario, ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria medesima”.-
Laddove il proprietario dell’immobile abusivo volesse alienarlo, l’art. 40 della L. n° 47/85 espressamente sancisce che “Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'art. 35”.
Il bene immobile oggetto del contratto di compravendita da stipularsi, pertanto, può essere regolarmente alienato anche in assenza di concessione di sanatoria, purché l’atto pubblico sia corredato dalla domanda di condono con la documentazione attestante l’avvenuto pagamento dell’oblazione.
In una recentissima sentenza del tribunale di Nola, datata 29/04/2008 si ammise pacificamente riconosciuto in giurisprudenza che gli art. 17 e 40 l. 28 febbraio 1985 n. 47 (oggi fedelmente refluiti nel testo di cui all’art. 46 T.U. dell’Edilizia) comminano la nullità degli atti tra vivi con i quali vengano trasferiti diritti reali su immobili soltanto ed esclusivamente ove essi non contengano la dichiarazione degli estremi della concessione edilizia dell'immobile oggetto di compravendita, ovvero degli estremi della domanda di concessione in sanatoria, sanzionando specificamente la sola violazione di un obbligo formale di indicazione imposto al venditore al fine di porre l'acquirente di un immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla regolarità del bene stesso attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria.
Mentre nessuna invalidità tocca il contratto in conseguenza della sola difformità della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione e, in generale, per il mero difetto di regolarità del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche (Cassazione civile , sez. II, 07 dicembre 2005, n. 26970; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 5898 del 24/03/2004), accontentandosi il legislatore di sanzionare la sola mancanza degli estremi del titolo edilizio in ragione del quale il manufatto era realizzato.
Sicché, ogni doglianza afferente alla difformità sostanziale del bene ai provvedimenti abilitativi emanati dalla PA con riguardo ad esso non poteva mai fondare una actio nullitatis ex artt. 17 e 46 cit., né può giustificare, sotto altro profilo, una azione di nullità per illiceità dell’oggetto del negozio (come dalla parte attrice invocato in sede di discussione del 24.4.2008).
Ed invero qualora la legge non preveda espressamente l'incommerciabilità dell'oggetto del contratto, non può sostenersi che la compravendita che lo riguardi (nel caso, immobile abusivo, anche parzialmente) sia nulla sotto il profilo della illiceità dell'oggetto, in quanto oggetto della compravendita è sempre e solo il trasferimento della proprietà della cosa, la quale in sè non è suscettibile di valutazione in termini di liceità (cfr, ex multis, Cassazione civile , sez. II, 15 gennaio 2000, n. 409; Cassazione civile , sez. II, 26 giugno 1990, n. 64669).
In altri termini, l'oggetto del contratto, che ai sensi dell'art. 1346 c.c. deve esser lecito, è da riferire pur sempre alla sola prestazione, ovvero al contenuto del negozio, non al bene in sé; nè può residuare una illiceità della causa, ai sensi dell'art. 1343 c.c., di una vendita di tal fatta, perché alienare un immobile abusivo, magari costruito senza licenza o in violazione di essa, nè condonato, non è di per sé in contrasto con l'ordine pubblico, da intendere come il complesso dei principi e dei valori che contraddistinguono l'organizzazione politica ed economica della società in un determinato momento storico (arg. ex Cassazione civile , sez. III, 28 aprile 1999, n. 4228). Il negozio, pertanto, non è da ritenersi nullo.-
A tutela dell’acquirente, in caso di vendita di immobile abusivo, la sezione seconda civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4786 del 2007 ha specificato che: “in caso di vendita di immobile parzialmente abusivo, non si applica la generale azione di garanzia per vizi, ma trova modo di operare la disciplina specifica prevista dall'art. 1489 c.c. secondo cui “se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell’art. 1480 c.c.”.-
In ipotesi di compravendita di costruzione realizzata in difformità della licenza edilizia, pertanto, non è ravvisabile un vizio della cosa, non vertendosi in tema di anomalie strutturali del bene, ma trova applicazione l'art. 1489 c.c., in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa medesima, sempre che detta difformità non sia stata dichiarata nel contratto o, comunque, non sia conosciuta dal compratore al tempo dell'acquisto, ed altresì persista il potere repressivo della P.A. (adozione di sanzione pecuniaria o di ordine di demolizione), tanto da determinare deprezzamento o minore commerciabilità dell'immobile. In mancanza di tali condizioni, non è possibile riconoscere all'acquirente la facoltà di chiedere la riduzione del prezzo”.-
Laddove, inoltre, l’immobile in oggetto sia sottoposto al vincolo ambientale e paesaggistico imposto dal D. Lgs n. 42 del 2004 (ex legge 1939 n. 1497), la questione diventa più complessa.-
L’art. 33 della L. n. 47 del 1985 prevede che sono opere abusive non suscettibili di sanatoria quelle in contrasto con a) i vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici; b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna; d) ogni altro vincolo che comporti inedificabilità delle aree”.- Ne consegue, pertanto, che in presenza di questi vincoli non si può ottenere alcuna sanatoria e il bene è incommerciabile.-
Ci sono, però, anche casi di opere abusive costruite su territorio soggetto a vincolo ambientale e paesaggistico che, invece, sono suscettibili di sanatoria. L’ art. 32 l. n. 47/85 espressamente recita: “Fatte salve le fattispecie previste dall'art. 33, il rilascio della concessione o della autorizzazione in sanatoria per opere eseguite su aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, esso si intende reso in senso favorevole. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l'altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedono il 2% delle misure prescritte”. L’art. 32, pertanto, subordina il rilascio della concessione al parere favorevole della P.A., tenuta ad esprimerlo entro 180 giorni dalla richiesta, a pena di silenzio-assenso. Tuttavia la L. 47/85 è stata riformulata dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269 convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326.-
Nella nuova formulazione, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo, è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, che, se non viene formulato entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, dà vita ad un caso di silenzio - rifiuto.- Questa riformulazione ha dato adito a diversi problemi interpretativi in quanto si passa così dal silenzio-assenso al silenzio-rifiuto, con la conseguenza che, laddove non venisse formulato dalla P.A., ci si è chiesto se tale comportamento omissivo potrà essere impugnato dal soggetto interessato nei termini di legge.- (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza del 28.1.1998, n. 114).-
L’emendamento introdotto dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 in conversione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 ha previsto che le modifiche apportate in materia di opere costruite su aree sottoposte a vincolo non si applicano alle domande presentate ai sensi delle pregresse leggi sul condono edilizio (n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994), sicché le modalità di rilascio dei tito...

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