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Se il mediatore ha diritto alle provvigioni anche nel caso in cui l'acquirente - per scavalcare l'agenzia - attribuisce a se l'usufrutto dell'immobile mentre, ai figli, attribuisce la nuda proprietà dello stesso concludendo, inoltre, la vendita ad
ESTRATTO DELLA SENTENZA: “premesso che il concetto di "affare", cui fa riferimento l'art. 1755 cod. civ., deve intendersi in senso generico ed empirico, come qualsiasi operazione diretta a realizzare un determinato interesse economico generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, deve ritenersi che nel caso in esame sussista sostanziale identità tra la compravendita intermediata e quella poi conclusa. Non contraddice tale identità il fatto che ad acquistare siano stati non solo la originaria proponente Ma. ma anche i suoi figli, con attribuzione alla prima dell'usufrutto ed ai secondi della nuda proprietà del bene immobile, atteso che ciò che rileva ai fini del diritto alla provvigione non è - come detto - la conclusione di un determinato negozio giuridico tra le stesse parti, bensì la conclusione dell'affare, cioè la realizzazione di un determinato risultato economico, anche mediante la sostituzione di altre parti a quelle originarie […]Quanto poi al fatto che la vendita sia stata conclusa ad un prezzo (Lire 126 milioni) inferiore a quello originariamente richiesto dai venditori nell'incarico di mediazione (160 milioni), ed invece prossimo a quello originariamente offerto dalla parte acquirente (120 milioni), si tratta di un elemento non sufficiente ad affermare la diversità dell'affare concluso; tanto più che, per consolidata giurisprudenza, non è necessario, ai fini del diritto alla provvigione, che il mediatore partecipi attivamente a tutta la trattativa, ben potendo le parti valorizzare nel rapporto diretto l'originaria attività svolta dal mediatore […]Il fatto, poi, che ciò sia accaduto dopo quasi due anni dalla originaria proposta sottoscritta in agenzia dalla Ma. non costituisce di per sé circostanza idonea ad interrompere tale rapporto causale”

TESTO DELLA SENTENZA

Corte d’appello di Roma Sez. II, 10-09-2009

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 37894/03 depositata in data 27 novembre 2003, il Tribunale di Roma rigettava, con onere delle spese di lite, la domanda proposta, con atto di citazione notificato il 18 novembre 1999, dalla s.r.l. St.Co., mediatore immobiliare, nei confronti di Fr. e An.Le., Em.Tr., Gi. e At.Da., nonché di Ma.Ma., diretta ad accertare che la vendita di un immobile dai primi cinque in favore della Ma., quale usufruttuaria, e dei figli di lei Ma. e Au.Di., era stata conclusa il 15 aprile 1999 per effetto degli atti di intermediazione di essa società attrice, e conseguentemente condannare gli uni e l'altra al pagamento delle provvigioni (rispettivamente Lire 9.600.000 e 4.280.000) concordate con la stessa dai venditori e dalla Ma. in precedenza. Con atto di citazione notificato in data 9 e 12 luglio 2004, la St.Co. ha proposto appello. Si sono costituiti in giudizio, con separate difese, tutti gli appellati, chiedendo il rigetto dell'appello. Quindi la causa, sulle conclusioni sopra trascritte, è stata rimessa in decisione con assegnazione dei termini di legge per conclusionali e repliche.

Motivi della decisione
Il tribunale ha ritenuto insussistente nella specie il diritto alla provvigione del mediatore, in quanto: a)una prima fase di trattative, intermediata dalla società attrice che ne aveva ricevuto incarico il 18 febbraio 1997 dai proprietari Le., Tr. e Sa., si era chiusa dopo che la proposta di acquisto sottoscritta dalla Ma. il 9 aprile 1997 non era stata accettata dai venditori perché insufficiente (lire 120 milioni a fronte dei 160 richiesti), ed altre trattative con terzi successivamente intermediate dalla società attrice non erano andate a buon fine; b)dal 6 novembre 1998, data dell'ultima proposta di acquisto ricevuta dalla società attrice, questa non risultava aver più svolto alcun tipo di attività a favore dei venditori, si che doveva ritenersi tacitamente e definitivamente cessato ogni rapporto; c)il contratto notarile di compravendita era stato stipulato nell'aprile 1999 a seguito di iniziative nuove ed autonome in nessun modo collegabili con la condotta della società attrice, ed era intercorso con i figli della Ma., Ma. e Au.Di., acquirenti della nuda proprietà, e con la Ma. acquirente dell'usufrutto, si che vi era diversità di soggetti, oltre che diverse condizioni (prezzo Lire 126 milioni anziché i 160 richiesti dai venditori nell'incarico).
La società appellante lamenta l'errata valutazione dei fatti di causa e l'erronea applicazione dell'art. 1755 cod. civ. Insiste in particolare nell'affermare: a) che l'intervallo di tempo tra la conclusione del contratto e le prime trattative non esclude il nesso causale richiesto da tale norma; b) che vi era una sostanziale identità tra l'affare effettivamente concluso e quello originariamente intermediato, non smentita neppure quanto al prezzo, ove si consideri quello concretamente offerto dalla Ma. nella proposta originaria; c) che alla messa in relazione iniziale si aggiungeva la consegna di tutta la documentazione inerente il fabbricato; d)che la parziale sostituzione non è rilevante per escludere il diritto alla provvigione. L'appello è fondato. Il diritto del mediatore alla provvigione sorge quando la conclusione dell'affare sia in rapporto causale con l'opera dallo stesso svolta per la messa in relazione dei contraenti. Per la sussistenza di tale rapporto, secondo i principi della causalità adeguata, è sufficiente che il mediatore abbia posto in essere un antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e vicende successive alle quali egli non partecipi, alla conclusione dell'affare (cfr. ex multis Cass. n. 19785/2008; n. 28231/2005; n. 3438/2002; n. 1566/1997). Nel caso in esame, è innanzitutto pacifica - e comprovata dai testi escussi - l'iniziale attività di segnalazione dell'affare alla Ma., alla quale venne in tale cont...

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