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Se la realizzazione di un organismo edilizio identico ad un precedente edificio demolito è da considerarsi come “intervento di ristrutturazione edilizia”.-
Se la realizzazione di un organismo edilizio identico ad un precedente edificio demolito è da considerarsi come “intervento di ristrutturazione edilizia”.-

Gli "interventi di ristrutturazione edilizia" sono quelli che – ai sensi dell’art. 10 e dell’art. 3, comma 1, lett. d), del  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=3600" d.P.R. n. 380/2001 – "portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso", e richiedono il permesso di costruire.-
Non sono interventi di ristrutturazione edilizia quelli che consistono, invece, nella realizzazione di un organismo edilizio identico al precedente, senza aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, né, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, mutamenti della destinazione d'uso, che viceversa detto permesso di costruire non richiedono, restando perciò soggetti alla disciplina abilitativa semplificata di cui all’art. 22 del cit.  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=3600" T.U..-
Con una interessante digressione storica delle vicende normative del  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=3600" T.U. dell’edilizia, il Consesso siciliano ha delimitato (o, quantomeno, ha cercato di delimitare) con precisione il confine che separa un intervento di ristrutturazione edilizia da un intervento diverso, con la conseguente individuazione del regime di titolo edilizio che succede nel caso.-
Soffermandosi sulle modifiche intervenute in materia a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 1, lett. a), del  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=5603" d.lgs. 27 dicembre 2002, n. 301 (con il quale l’art. 3, comma 1, lett. d), del  HYPERLINK "http://www.altalex.com/index.php?idnot=3600" T.U. dell’edilizia ha visto sostituire le parole «successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente» con «ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente»), il G.A. d’appello ha, pertanto, riconosciuto che gli interventi di ristrutturazione edilizia (soggetti al preventivo rilascio di permesso di costruire) non comprendono fattispecie concrete caratterizzate dalla demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello già esistente, con eccezione circoscritta dettagliatamente alle innovazioni che si debbano apportare per il rispetto della normativa antisismica.-

C.G.A.
Sezione Giurisdizionale
Decisione 25 maggio 2009, n. 481
(Pres. Virgilio, Est. De Francisco)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale,
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 918/2006, proposto da
L. E. e W. M. E.,
rappresentati e difesi dall’avv. Salvatore Raimondi, presso il cui studio elettivamente domiciliano in Palermo, via N. Turrisi n. 59;
contro
il COMUNE DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro De Luca, con cui è ex lege domiciliato in Palermo, presso la Segreteria della Sezione giurisdizionale di questo Consiglio di giustizia amministrativa;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Sicilia, sede di Palermo (sez. int. I), n. 642 del 27 aprile 2005.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Castellammare del Golfo;
Viste le memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza istruttoria 24 aprile 2008, n. 333;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore, alla pubblica udienza del 12 dicembre 2008, il Consigliere Ermanno de Francisco;
Udito altresì l’avv. S. Raimondi per gli appellanti;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Viene in decisione l’appello avverso la sentenza indicata in epigrafe che – nel dichiarare improcedibile il ricorso principale contro il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rilascio di autorizzazione in sanatoria ex art. 13 L. n. 47/85 per la ricostruzione di edificio crollato durante l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria, poiché in corso di causa era sopravvenuto all’impugnato silenzio l’atto di cui appresso – ha altresì respinto i motivi aggiunti proposti dagli odierni appellanti per l’annullamento della nota dell’Ufficio tecnico comunale prot. n. 4395 del 9 dicembre 2003, recante la comunicazione di rigetto parziale (salvo che per le già realizzate fondamenta) dell’istanza di autorizzazione in sanatoria, nonché la contestuale richiesta di ulteriore documentazione ai fini del rilascio della concessione edilizia, ritenuta necessaria per il completamento della ricostruzione del manufatto.
Giova riferire, più in dettaglio, che sull’edificio degli appellanti erano in corso lavori di manutenzione straordinaria iniziati a seguito di autorizzazione comunale 12 febbraio 2003, n. 16/3. Crollato l’edificio in corso d’opera, i ricorrenti iniziavano a ripristinarne le fondazioni, poi sospendendo i lavori per l’intervenuto sequestro dell’immobile.
Il 24 luglio 2003 i ricorrenti hanno quindi presentato istanza per l’accertamento di conformità, ai sensi dell'articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in relazione alla rimozione dei detriti a seguito del crollo e alla realizzazione delle strutture di fondazione; nonché per il rilascio di autorizzazione per le opere di completamento della ricostruzione, qualificate come di restauro e di risanamento conservativo, ai sensi dell’art. 5 della L.R. 10 agosto 1985, n. 37.
Dopo una prima richiesta istruttoria, non seguivano ulteriori riscontri, sicché si formava il silenzio rifiuto, ai sensi dell’articolo 36 del T.U. edilizio; silenzio che veniva impugnato col ricorso originario.
Infine, con la nota prot. n. 4395 del 9 dicembre 2003 impugnata con motivi aggiunti, il Comune comunicava il parere favorevole della C.C.E. sull’istanza di autorizzazione "limitatamente alla demolizione del fabbricato e alla realizzazione del reticolo di fondazione a condizione che prima del rilascio della concessione edilizia venga prodotto il nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza di Trapani, oltre ad una apposita relazione geologica e geotecnica al fine di soddisfare quanto disciplinato dall’articolo 9 del D.A. n. 543/2002".
Nel corso del presente giudizio di appello, è stata disposta – con l’ordinanza istruttoria 24 aprile 2008, n. 333 – l’acquisizione del Regolamento edilizio e delle Norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Castellammare del Golfo, nonché di una relazione dello stesso Comune da cui emerga la valutazione circa la compatibilità della ricostruzione dell’edificio, secondo il progetto presentato dai ricorrenti e alla luce della normativa a esso applicabile.
Espletato l’incombente, all’odierna udienza la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – Non è oggetto di appello la declaratoria di improcedibilità dell’originario ricorso avverso il silenzio, la materia del contendere essendosi concentrata, in pendenza del giudizio di prime cure, sulla nota 9 dicembre 2003, n. 4395, di cui si è detto nella narrativa in fatto che precede, nonché sulla relativa impugnazione con i motivi aggiunti, che sono stati tuttavia disattesi dalla sentenza gravata.
2. – Come rileva la sentenza gravata, "costituisce oggetto della controversia la corretta qualificazione delle opere che i ricorrenti in parte hanno già realizzato, ed in parte devono ancora realizzare, in località Scopello e l’identificazione del relativo regime edilizio".
In punto di fatto, come affermato dalla sentenza di primo grado in difetto di confutazioni in questa sede, risulta definitivamente "acclarato che – a fronte di un intervento originariamente previsto di manutenzione straordinaria del preesistente immobile, per il quale è stato richiesta e rilasciata autorizzazione ex art. 5 l.r. n. 37/1985 – è emersa l’esigenza, in conseguenza del crollo delle strutture fatiscenti, di procedere ad una demolizione (in realtà già realizzatasi per effetto del crollo) ed alla fedele ricostruzione dell’immobile".
Correttamente riferendo la res controversa, la stessa sentenza rileva che tale intervento è ritenuto dai ricorrenti complessivamente ricompreso nella nozione di restauro e risanamento conservativo, ai sensi dell’art. 20, I comma, lett. c), della L.R. 27 dicembre 1978, n. 71, ed in quanto tale soggetto ad autorizzazione ex art. 5 L.R. n. 37/1985, cit.; laddove la nota per cui è causa mostra chiaramente di ritenere necessaria la concessione edilizia per la riedificazione.
2.1. – Sicché la sentenza appellata ritenne di qualificare gli interventi di demolizione e ricostruzione quali "ristrutturazioni edilizie ex lett. d) dell’art. 31 l. n. 457/1978, norma del tutto analoga al citato art. 20 l.r. n. 71/1978"; ma escludendo, con la giurisprudenza prevalente, che "il concetto di ristrutturazione desumibile dall’art. 31, lett. d), Legge 5 agosto 1978, n. 457, postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare e quindi di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura, sicché la ricostruzione su ruderi costituisce nuova costruzione, la quale richiede un’apposita concessione edilizia".
Secondo l’esegesi seguita in sentenza, "la ristrutturazione può, quindi, attuarsi o intervenendo sulla struttura originaria ovvero, quando ragioni tecniche od economiche rendano tale metodologia di intervento eccessivamente gravosa, mediante demolizione e ricostruzione dell'immobile preesistente".
Ad avviso del primo giudice, "nell’ambito di siffatto principio, … [si] richiede che l'organismo interessato ai lavori, pur potendo risultare in tutto o in parte diverso dal precedente, debba rimanere o ritornare il medesimo per forma, volume e altezza".
La sentenza rileva altresì che "con riferimento alla disciplina regionale di cui all’art. 20 l.r. n. 71/1978, il C.G.A. (nn. 198/1996 e 204/2002) ha ripetutamente affermato che "la ristrutturazione di un fabbricato può avvenire anche mediante la demolizione di un altro preesistente edificio e la sua successiva ricostruzione nei limiti di quanto autorizzato, purché ciò non comporti un'alterazione della tipologia edilizia e della volumetria precedente", con ciò consolidando un orientamento seguito anche dal TAR Sicilia … secondo il quale "la demolizione e ricostruzione può farsi rientrare nel concetto di ristrutturazione soltanto ove si tratti di "fedele ricostruzione" ma non anche quando venga realizzato un nuovo e diverso edificio, localizzato su aree diverse, con diversa sagoma, altezza, volume"".
"Alla luce dei superiori sviluppi giurisprudenziali – ai quali il Collegio ritiene di dovere aderire perché assolutamente maggioritari rispetto alle pronunzie richiamate dai ricorrenti e aderenti al dettato normativo, che ricomprende nella lett. c) gli interventi finalizzati alla "conservazione" dell’organismo edilizio e nella lett. d) quelli finalizzati alla "trasformazione" – non può trovare accoglimento la prima delle censure dedotte con i motivi aggiunti, volta ad affermare la necessità della autorizzazione, e non della concessione edilizia, per l’intervento di demolizione e ricostruzione".
"Per altro, il Collegio [di primo grado] rit[enne] di dover precisare che detto intervento, sia pure soggetto a concessione edilizia, rimane sempre ricompresso nella generale nozione di "recupero del patrimonio edilizio esistente", propria di tutte le tipologie di intervento di cui al citato art. 20 l.r. n. 71/1978, con la conseguenza dell’ammissibilità della ristrutturazione edilizia anche nella fascia dei 150 metri dalla battigia ex art. 15 l.r. n. 78/1976 (C.G.A. n. 198/1996) e, più in generale, del suo assoggettamento alla normativa urbanistica sostanziale vigente all'epoca di realizzazione del manufatto oggetto di ripristino e non a quella (successiva) in vigore all' epoca della richiesta di concessione (Cons. Stato V 3.4.2000, n. 1906 e T.A.R. Sicilia - Catania, Sez. I, n. 294/2003)".
3. – Il primo motivo di appello reitera, per i surriferiti profili motivazionali, le censure di "violazione e falsa applicazione dell’art. 20 L.R. 27 dicembre 1978, n. 71, dell’art. 13 L. 28 febbraio 1985, n. 47 (oggi art. 36 T.U. edilizia, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)", di cui al primo dei motivi aggiunti proposti in primo grado ed ivi disattesi.
Con il motivo si sostiene che illegittimamente il provvedimento impugnato "assume … , implicitamente ma chiaramente, che l’inter-vento edilizio di che trattasi sarebbe soggetto alla previa concessione edilizia, e non alla previa autorizzazione".
Il motivo è fondato, nei sensi che si passa ad illustrare.
3.1. – Giova chiarire che la controversia va decisa applicando, almeno quali parametri ermeneutici, le disposizioni normative recate, all’epoca dei fatti (24 luglio 2003), dall’art. 3, in relazione agli artt. 10 e 22, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per le ragioni di cui appresso.
La Regione siciliana, ai sensi dell’art. 14, lett. f), dello Statuto regionale, ha, nella materia dell'urbanistica, competenza legislativa primaria o esclusiva. Nondimeno, molte disposizioni dell’ordinamento statale sono state recepite nell’ordinamento regionale, e ciò anche – per quanto qui rileva – nelle materie dell’urbanistica e dell’edilizia.
L’art. 1 della L.R. 10 agosto 1985, n. 37, ha recepito la L. 28 febbraio 1985, n. 47, "ad eccezione degli articoli 3, 5, 23, 24, 25, 29 e 50, … con le sostituzioni, modifiche ed integrazioni" ivi previste.
L’art. 9, comma 1, di detta legge n. 47/1985, considerando "le opere di ristrutturazione edilizia, come definite dalla lettera d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457", mostra di richiamare nell’ordinamento regionale siciliano quantomeno la definizione di "ristrutturazione edilizia" contenuta nella cit. let...

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