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QUESITO N. 349: Se è lecita la condotta dei condomini nel tenere chiuso il cancello di accesso all’area condominiale, limitando, così, l’accesso ai locali commerciali posti al piano terra e non dotati di impianto citofonico autonomo.-
Quesito n. 349: Se è lecita la condotta dei condomini nel tenere chiuso il cancello di accesso all’area condominiale, limitando, così, l’accesso ai locali commerciali posti al piano terra e non dotati di impianto citofonico autonomo.-
La soluzione del quesito in esame richiede una preliminare disanima della disciplina legislativa relativa all’uso della cosa comune.-
L’articolo 1117 c.c. indica le parti comuni dell’edificio che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, salvo che, dal titolo che legittima la proprietà, non risulti il contrario. In particolare, la norma in esame indica espressamente tra le parti comuni dell’edificio “i portoni di ingresso, i vestiboli, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune”.-
L’istituto del condominio si pone in relazione di specie a genere rispetto all’istituto della comunione; trova applicazione, pertanto, la norma di cui all’art. 1102 c.c., che consente al singolo condomino di usare della cosa comune anche per un suo fine particolare, con il limite che non ne derivi una lesione del pari diritto spettante agli altri condomini.-
L’articolo 1102 c.c. statuisce, infatti, al primo comma, che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può adottare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”.-
Per facoltà d’uso si intende qualsiasi facoltà del comunista di compiere o meno atti materiali sul bene comune sia che tali atti gli procurino una utilità immediata senza produrre cose nuove od utilità nuove, sia che servano come mezzo per produrre nuovi beni.-
A fronte di tale diritto il legislatore pone un limite all’utilizzo della cosa comune che è duplice: sia nel senso che la norma vieta al singolo partecipante di attrarre la cosa comune o una sua parte nell’orbita della propria disponibilità esclusiva e di sottrarla, in tal modo, alla possibilità di godimento degli altri contitolari; sia nel senso che la norma vieta l’alterazione della cosa comune ad opera di uno o di più condomini.-
L'art. 1102 c.c. intende, infatti, assicurare al singolo partecipante, per quel che concerne l'esercizio del suo diritto, la maggior possibilità di godimento della cosa comune, nel senso che, purchè non resti alterata la destinazione del bene comune e non venga impedito agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa, egli deve ritenersi libero di servirsi della cosa stessa anche per un fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità e può scegliere, tra i vari possibili usi quello più confacente ai suoi personali interessi. Pertanto, a rendere illecito l'uso basta il mancato rispetto dell'una o dell'altra delle due condizioni, sicché anche l'alterazione della destinazione della cosa comune, determinato non soltanto dal mutamento della funzione, ma anche dal suo scadimento in uno stato deteriore, ricade sotto il divieto stabilito dall'art. 1102 c.c.-
Alla luce di quanto finora esposto l’utilizzazione della cosa comune o di una sua porzione da parte di uno o di alcuni dei partecipanti al condominio deve ritenersi legittima solo nel caso in cui sia attuata in esecuzione di uno specifico accordo concluso tra tutti i titolari del diritto. In concreto le ipotesi di abuso della cosa comune si verificano quando si impedisce agli altri condomini o ad uno di essi di servirsi del bene comune. In particolare il partecipante o i partecipanti alla comunione non possono estendere il proprio diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non per compiere atti idonei a mutare il titolo del loro possesso.-
L'uso da parte di ciascun condomino - nonchè del locatario che da quest'ultimo ha causa - della cosa comune e delle parti comuni di una cosa è sottoposto, quindi, ai sensi dell'art. 1102 c. c., al divieto di alterare la destinazion...

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