Le novità apportate dal D. Lgs. 141/2010 al mercato del credito al consumo: più controlli e nuova disciplina degli intermediari del credito.-
Le novità apportate dal D. Lgs. 141/2010 al mercato del credito al consumo: più controlli e nuova disciplina degli intermediari del credito.-
Sommario: Il quadro normativo - La nuova Direttiva 08/48/Ce ed il suo recepimento nell’ordinamento interno - Il mercato del credito al consumo in Italia - Gli interventi della Banca d’Italia e la nuova disciplina degli intermediari del credito.
Il quadro normativo
Il credito al consumo consiste nell’attività di concessione di credito, nell’esercizio di un’attività professionale o commerciale, sotto forma di dilazione di pagamento, finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria, a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta.-
Si tratta quindi di uno strumento che da un lato consente ai consumatori di soddisfare il proprio fabbisogno di determinati beni e servizi, ponendo rimedio ad eventuali carenze di liquidità; dall’altro aiuta anche le imprese che tali beni e servizi offrono a continuare ad operare.-
La prima disciplina del credito al consumo è stata introdotta nell’ordinamento nazionale a seguito del recepimento della Direttiva 87/102/Cee.-
Obiettivo del legislatore comunitario fu quello di rimuovere le principali differenze normative esistenti all’interno dei vari Stati membri, predisponendo un sistema di tutela minimo che i singoli Stati avrebbero dovuto adottare.-
Il legislatore nazionale diede quindi attuazione alla Direttiva 87/102/Cee mediante gli artt. 18 – 24 della legge 19 febbraio 1992, n. 142 (Legge Comunitaria per il 1991), disposizioni successivamente abrogate e riprodotte all’interno del Titolo VI, Capo II e III, del TUB (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385); a seguito, poi, dell’introduzione del Codice del Consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) parte dell’art. 125 TUB fu trasposta, senza modifiche, nell’art. 42 del Codice stesso; da ultimo questa disciplina ha subito notevoli modifiche a seguito della nuova Direttiva 08/48/Ce, recentemente attuata dal legislatore nazionale con il d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141.-
Prima di analizzare tali ultime novità, e al fine di comprenderne meglio la portata, è utile passare in rassegna le disposizioni che hanno regolato in questi anni il credito al consumo nel nostro ordinamento.-
Il TUB esordiva, all’art. 121, comma 1, fornendo una precisa definizione di credito al consumo, in base alla quale è tale l’attività di «concessione di credito, nell’esercizio di un’attività professionale o commerciale, sotto forma di dilazione di pagamento, finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria, a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta».-
L’ambito di applicazione soggettivo della disciplina era poi ulteriormente individuato dal successivo comma 2, ove si affermava che l’attività di credito al consumo deve intendersi riservata alle banche, agli intermediari finanziari e ai soggetti autorizzati alla vendita di beni e servizi, ma – in quest’ultimo caso – esclusivamente nella forma di dilazione di pagamento; nonché dal comma 3 dello stesso art. 121, ove si leggeva che le norme sul credito al consumo si applicano, in quanto compatibili, anche ai soggetti che s’interpongo tra finanziatore e consumatore.-
Con riguardo, poi, ai limiti oggetti, il TUB individuava una serie di fattispecie per le quali si escludeva l’applicazione della disciplina del credito al consumo:
(i) i contratti di finanziamento per un importo inferiore o superiore ai limiti individuati con apposita delibera dal CICR (tale delibera non è stata tuttavia mai emanata e pertanto tali limiti erano individuati in quelli stabiliti dalla legge 142/1992, pari cioè a euro 154,93, come limite minimo, ed euro 30.987,41, come limite massimo);
(ii) i contratti di somministrazione ex art. 1559 c.c., stipulati preventivamente in forma scritta e consegnati contestualmente in copia al consumatore;
(iii) i finanziamenti rimborsabili in un’unica soluzione entro diciotto mesi, con il solo eventuale addebito di oneri non calcolati nella forma di interesse;
(iv) i finanziamenti privi di corrispettivo, di interessi o di altri oneri, ad eccezione del rimborso per le spese vive sostenute e documentate; i finanziamenti destinati all’acquisto e alla conservazione di un diritto di proprietà su un terreno o immobile edificato o da edificare, ovvero all’esecuzione di opere di restauro o di miglioramento;
(v) i contratti di locazione, purché sia prevista la clausola che escluda la possibilità che la proprietà della cosa locata possa essere trasferita al locatario.-
Precisato l’ambito di applicazione della disciplina, il legislatore si proponeva di predisporre un sistema di tutela che fosse in grado di proteggere il consumatore in tutte le varie fasi del rapporto contrattuale.-
Con riguardo al momento antecedente alla stipula del contratto, l’art. 123 imponeva precisi obblighi informativi in capo al finanziatore: al comma 1 si estendeva quindi ai contratti di credito al consumo l’art. 116 TUB, dettato in materia di trasparenza dei contratti bancari e avente a oggetto la pubblicità effettuata all’interno di locali aperti al pubblico; il comma 2 dell’art. 123 riguardava invece la pubblicità effettuata con qualsiasi altro mezzo.-
Tra i contenuti imposti alla comunicazione pubblicitaria rientravano le informazioni relative al TAEG definito dall’art. 122 TUB come il costo totale del credito a carico del consumatore, comprensivo degli interessi e di tutti gli oneri da sostenere per l’utilizzazione del credito, espresso in percentuale annua del credito concesso.-
Con riguardo alla tutela predisposta in sede negoziale, l’art. 124 del TUB, rinviando ai commi 1 e 3 dell’art. 117, richiedeva la forma scritta, pena la nullità del contratto e la consegna di una copia dello stesso al consumatore. Tale invalidità, tuttavia, non operava secondo le regole classiche del codice civile, atteso che l’art. 127 TUB precisava che essa potesse essere fatta valere solo dal consumatore, configurandosi quindi come una nullità di protezione.-
Oltre alla forma scritta, poi, lo stesso art. 124, ai commi 2 e 3, imponeva un contenuto minimo obbligatorio del contratto di credito al consumo e al successivo comma 4 aggiungeva che il finanziatore non potesse richiedere alcuna somma al consumatore che non fosse espressamente prevista nel contratto, sancendo la nullità di qualsiasi clausola contrattuale che rinviasse agli usi per la determinazione di condizioni economiche.-
Qualora, poi, il contratto di credito al consumo sottoscritto dal finanziatore e dal consumatore fosse stato mancante di alcune delle previsioni richieste dalle suddette norme come contenuto minimo del regolamento contrattuale, ovvero le stesse fossero state affette da nullità, il comma 5 dell’art. 124 TUB prevedeva un sistema d’integrazione automatica del contratto in base al quale:
(i) il TAEG era individuato nel tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto;
(ii) la scadenza del credito s’intendeva di trenta mesi;
(iii) era esclusa la costituzione in favore del finanziatore di qualsiasi garanzia o copertura assicurativa.-
Erano inoltre previste, all’art. 125 TUB, una serie di disposizioni dirette a tutelare il consumatore in seguito alla stipula del contratto di credito al consumo.-
In primo luogo si prevedeva l’estensione della disciplina di cui all’art. 1525 c.c. ai contratti in cui sia stato concesso un diritto reale di garanzia sul bene acquistato con il denaro ricevuto in prestito: ciò comportava che il finanziatore non potesse richiedere la risoluzione del contratto e la restituzione della somma finanziata qualora l’inadempimento del consumatore non superasse l’ottava parte del prezzo.-
Il comma 2 dell’art. 125 TUB attribuiva esclusivamente al consumatore il diritto di adempimento anticipato e di recesso, escludendo la possibilità di patto contrario: per quanto riguarda il diritto di estinzione anticipata, esso si configura come un vero e proprio diritto potestativo in capo al consumatore, cui è altresì riconosciuto il diritto ad un’equa riduzione del costo del credito, secondo le modalità fissate dal Ministero del Tesoro con decreto dell’8 luglio 1992.-
La disciplina del diritto di recesso era invece dettata dall’art. 118 TUB, in base al quale il finanziatore aveva diritto a modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di contratto, purché tali modifiche fossero comunicate espressamente al consumatore, con un preavviso minimo di trenta giorni, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal consumatore, il quale poteva recedere, senza spese, dal contratto entro sessanta giorni.-
L’ultimo comma dell’art. 125 TUB tutelava infine il consumatore in caso di cessione del credito da parte del finanziatore, consentendo al primo di opporre al cessionario tutte le eccezioni derivanti dal contratto, anche in deroga all’art. 1248 c.c. in materia di compensazione.-
Tale norma era stata oggetto di dibattito in dottrina, in particolare circa l’opportunità di estendere il richiamo all’art. 1248 c.c. sia al comma 2 che al comma 3: tuttavia in considerazione della ratio che aveva ispirato il legislatore, consistente, evidentemente, nel voler disincentivare, nell’ambito della tipologia contrattuale di cui si tratta, la cessione del credito, tutelando in tal modo maggiormente i diritti del consumatore, si era ritenuto che la norma dovesse essere interpretata nel senso che la deroga riguardasse l’intero testo dell’art. 1248 c.c.-
Altra disposizione posta a protezione del consumatore era poi l’art. 42 cod. cons., ove si prendeva in considerazione l’ipotesi in cui il contratto di credito al consumo sia finalizzato all’acquisto di un bene o di un servizio: si tratta di casi in cui si è quindi di fronte a due contratti, uno di compravendita e l’altro di finanziamento, i quali sono distinti sul piano giuridico ma sicuramente interdipendenti sul piano economico.-
L’art. 42 cod. cons. proprio in virtù di tale collegamento consentiva al consumatore di agire contro il finanziatore, per l’inadempimento del fornitore del bene o del servizio, nei limiti del credito concesso, purché fosse stata effettuata inutilmente dallo stesso la costituzione in mora e a condizione che fosse stata provata l’esistenza di un accordo di esclusiva tra il finanziatore e il fornitore per la concessione di credito ai clienti di quest’ultimo.-
La nuova Direttiva 08/48/Ce ed il suo recepimento nell’ordinamento interno
Con la nuova Direttiva 08/48/Ce si è assistito a un mutamento dell’obiettivo del legislatore comunitario nel settore del credito al consumo: mentre in precedenza, con la Direttiva 87/102/Cee, si volle prevedere uno standard minimo di tutela, rispetto al quale i singoli Stati membri erano liberi di adottare o meno disposizioni più incisive, ora il risultato cui si è mirato è stato quello della massima armonizzazione degli ordinamenti nazionali.-
Come si evince dalla Direttiva, infatti, la Comunità Europea ha preso atto di come gli ampi spazi di manovra lasciati dalla precedente normativa comunitaria avesse portato a un’eccessiva frammentazione normativa all’interno dei singoli ordinamenti dei vari Stati membri nel settore del credito al consumo, e ciò, unito al rapido sviluppo e all’evoluzione del mercato del credito, aveva costituto un ostacolo alla realizzazione del mercato unico del credito. A tal fine, quindi, il legislatore comunitario ha inteso intervenire nella materia del credito al consumo, ponendo rimedio alle problematiche applicative che erano sorte con la precedente disciplina, e vietando agli Stati membri, come si evince dall’art. 22 della Direttiva, di mantenere o introdurre disposizioni in contrasto con la nuova normativa.-
L’iter per il recepimento nell’ordinamento interno della Direttiva 08/48/Ce è stato avviato dal legislatore nazionale con l’attribuzione al Governo di un’apposita delega legislativa, ai sensi dell’art. 33 legge n. 8 del 2009 (Legge Comunitaria per il 2008); delega che è stata da ultimo esercitata con l’approvazione del d.lgs. 141/2010, che ha modificato l’intero Titolo VI del TUB e ad abrogare agli artt. 40, 41 e 42 cod. cons.-
Analizzando la nuova normativa si evince come le principali novità riguardino in primo luogo l’ambito applicativo della stessa.-
Sotto il profilo oggettivo risulta, infatti, modificato l’art. 122 TUB con riguardo alle fattispecie escluse, e con l’aggiunta di alcune ipotesi in cui vi è solo una parziale disapplicazione della disciplina.-
Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione si fa invece riferimento alla figura dell’intermediario del credito, espressamente definito dall’art. 121, comma 1, lett. h), come qualsiasi soggetto diverso dal finanziatore che, nell’esercizio della propria attività commerciale o professionale, provveda, dietro pagamento di un compenso in denaro o di altro vantaggio economico, a presentare proposte di credito ai consumatori, ad assisterli nella conclusione dei contratti, ovvero a stipulare contratti di credito con i consumatori in nome e/o per conto del finanziatore.-
Tali soggetti sono quindi sottoposti agli stessi obblighi, ivi compresi quelli informativi, previsti per il finanziatore, con l’aggiunta di ulteriori e specifici obblighi informativi indicati dal nuovo art. 125-novies aventi ad oggetto l’ampiezza dei propri poteri, la circostanza se lavori a titolo esclusivo per uno o più finanziatori ovvero come mediatore, ed inoltre il compenso che il consumatore deve versare all’intermediario.-
Con riferimento agli obblighi informativi previsti in applicazione della nuova Direttiva, essi si concentrano non solo nella fase più prettamente precontrattuale, ma anche nel momento antecedente della comunicazione commerciale rivolta al consumatore.-
L’art. 123 TUB individua quindi quello che deve costituire il contenuto minimo di qualsiasi comunicazione commerciale relativa ai contratti di credito, all’interno della quale si faccia riferimento a qualsiasi dato numerico riguardante il costo del credito al consumatore, informazioni che devono essere fornite in maniera chiara, concisa e con l’impiego di un esempio rappresentativo.
Passando al momento strettamente precontrattuale, il nuovo art. 124 TUB non solo ampia in modo considerevole, rispetto alla precedente normativa, il contenuto delle informazioni rilevanti, ma precisa, al comma 1, che queste devono essere fornite al consumatore in tempo utile prima che egli sia vincolato da un contratto o da un’offerta di credito ed in modo tale da consentirgli di raffrontare le varie offerte contrattuali. Si tratta evidentemente di disposizioni attraverso le quali si vuole che il consumatore sia posto nella condizione di compiere una scelta consapevole in merito alla conclusione del contratto.-
L’importanza di tali informazioni per il compimento di una scelta consapevole da parte del consumatore ha poi portato il legislatore comunitario a far sì che esse siano fornite nel modo più chiaro possibile. Da ciò derivano le previsioni di cui al comma 2 dell’art. 124 TUB, concernenti non solo la naturale prescrizione della forma scritta o di altro supporto durevole, ma anche la precisazione che qualsiasi altra informazione che il finanziatore intenda fornire dovrà essere tenuta distinta rispetto a quelle indicate dalla norma, in modo da evitare qualsiasi rischio di confusione per il consumatore.-
Particolare rilievo assume poi la previsione di cui al comma 5 dello stesso art. 124 TUB, in base alla quale il finanziatore, ovvero anche il suo intermediario, dovranno assistere il consumatore per consentirgli di scegliere le condizioni economiche del contratto di credito a lui maggiormente confacenti. La norma precisa in particolare che dovranno essere illustrate al consumatore le informazioni precontrattuali, le caratteristiche essenziali dei prodotti proposti e gli effetti specifici che possono avere sul consumatore, incluse le conseguenze del mancato pagamento.-
Tale nuovo onere imposto ai finanziatori e agli intermediari è strettamente connesso con la nuova disciplina del cosiddetto “merito creditizio”: l’obiettivo è di evitare che il consumatore, aderendo a un’operazione di credito al consumo, si sottoponga ad un rischio eccessivo rispetto alle sue capacità economiche ed in tal senso si vuole che anche il creditore si attivi per evitare che tale rischio sia corso.-
In applicazione dell’art. 8 della Direttiva, il nuovo art. 124-bis TUB impone, quindi, lo svolgimento, da parte del finanziatore di una verifica sul merito creditizio del consumatore, cioè sulla sua solvibilità e sulla sua capacità di adempiere gli oneri economici derivanti dal contratto di credito, mediante l’acquisizione di informazioni che possono essere fornite anche dal consumatore stesso ovvero tramite la consultazione di apposite banche dati permanenti, in base alla disciplina dettata dal nuovo art. 125 TUB.-
La valutazione del merito creditizio, peraltro, non dovrà essere compiuta solo prima della stipula del contratto, ma anche successivamente qualora le parti intendano modificare l’importo totale del credito.-
Va detto, peraltro, che quella del merito creditizio non costituisce una novità assoluta per il nostro ordinamento: si pensi alla disciplina dettata dagli artt. 39-40 della delibera Consob n. 16190/2007 in materia di prestazione di servizi di gestione di portafoglio.-
Tra le altre novità apportate in materia di credito al consumo, vi è la disciplina del diritto di recesso, all’interno della quale è dedicata un’apposita previsione, contenuta nel nuovo art. 125-quater TUB, per i casi di contratti aventi durata indeterminata.-
Per tali ipotesi si prevede quindi che il consumatore potrà recedere in qualsiasi momento dal contratto senza penalità e senza alcun obbligo di preavviso, a meno che quest’ultimo non sia previsto contrattualmente e comunque in misura non superiore ad un mese; diversamente il finanziatore potrà recedere solo se tale possibilità sia prevista nel contratto, mediante comunicazione scritta o su altro supporto durevole al consumatore con un preavviso di due mesi.-
Non è stata invece prevista la possibilità concessa al finanziatore dall’art. 13 della Direttiva di recedere senza preavviso laddove sussista un motivo oggettivamente giustificato, mentre il finanziatore potrà, sempre se previsto contrattualmente, sospendere per una giusta causa l’utilizzo del credito da parte del consumatore, dandogliene comunicazione su supporto cartaceo o altro durevole, in anticipo ovvero, laddove ciò non sia possibile, immediatamente dopo la sospensione.
Con riguardo poi alla normativa generale del diritto di recesso, il legislatore comunitario ha inteso porre rimedio alla frammentazione che si era creata nei vari ordinamenti nazionali, circa il diritto di ripensamento in capo al consumatore, escluso in alcuni, tra cui anche nel nostro ordinamento, e previsto in altri, dove, come visto, il recesso si configura come uno strumento di reazione del consumatore alle modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali.-
A tal fine l’art. 14 della Direttiva, attuato nel nostro ordinamento con l’introduzione di un nuovo art. 125-ter TUB, ha previsto definitivamente anche nel settore del credito al consumo il diritto di recesso come diritto di ripensamento del consumatore, da esercitarsi entro 14 giorni decorrenti dalla conclusione del contratto di credito, ovvero dal giorno in cui il consumatore h...
... continua