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Tabelle millesimali, Cassazione: non serve l'unanimità per modificarle.-
Tabelle millesimali, Cassazione: non serve l'unanimità per modificarle


Non sarà più necessario avere l'unanimità dei consensi per modificare le tabelle millesimali: la sentenza n° 18477 del 9 agosto scorso delle sezioni unite della Corte di cassazione ha risolto l'annoso problema. E' quanto sostengono le associazioni Sunia, Apu e Aduc. Più prudente la Confedilizia, che parla di un principio non del tutto nuovo e comunque limitato solo alla ripartizione delle spese.- Sunia e Apu: era ora, eliminata un'assurdità. «Finalmente» commentano in una nota Sunia e Apu riferendo i contenuti della sentenza. Il Sunia e l'Apu (l'Associazione proprietari e utenti costituita proprio nell'ambito del Sunia, il sindacato inquilini) «si battono da anni - recita la nota - contro questa assurda interpretazione normativa che non rendeva, di fatto, possibile la modifica delle tabelle millesimali in presenza di cambiamenti rilevanti (sopraelevazioni, ampliamenti, etc.) nei fabbricati in condominio. I proprietari e gli inquilini onesti, per anni, hanno dovuto pagare anche le spese condominiali di quelli che (attraverso sopraelevazioni, trasformazione dei sottotetti e delle cantine etc.) hanno ampliato la loro quota patrimoniale. Tutto questo produceva tra l'altro malumore tra i condomini, incentivando la morosità e le liti condominiali». L'Apu sottolinea il fatto che «adesso, grazie alla sentenza della Corte, l'assemblea condominiale, con la maggioranza dei presenti e di 501 millesimi, può modificare le tabelle millesimali, adeguandole alle reali quote proprietarie».-  Aduc: revisione tabelle più facile ed economica. L'associazione dei consumatori Aduc saluta con favore la sentenza della Cassazione che «contrariamente a quello che era l'indirizzo giurisprudenziale fino ad ora dominante, ha stabilito che per l'approvazione delle tabelle millesimali, conformi ai parametri legali di ripartizione delle spese, non è necessaria l'unanimità dei consensi, essendo sufficiente l'approvazione a maggioranza. Ciò renderà - afferma l'Aduc in una nota - molto più semplice e meno dispendioso, in termini di tempo e di denaro, il procedimento d'approvazione e revisione delle tabelle millesimali conformi ai criteri legali». Per l'associazione dei consumatori «per la valida approvazione delle tabelle saranno sufficienti 500 millesimi».- Confedilizia frena. «La sentenza della Cassazione non porta un principio del tutto nuovo»: è quanto sostiene la Confedilizia, la maggiore organizzazione dei proprietari di casa, che frena gli entusiasmi sulla sentenza, spiegando che riguarda solo la ripartizione delle spese, e non i diritti di proprietà. L'ufficio studi della Confedilizia rileva infatti che «la sentenza prende in esame il caso dell'approvazione di una tabella millesimale al fine di stabilire i contributi dei condomini dovuti in relazione al servizio di riscaldamento, sancendo che la relativa decisione possa essere assunta a maggioranza dall'assemblea. Non si tratta di un principio del tutto nuovo, soprattutto in dottrina, e quindi questa sentenza non va enfatizzata più di tanto, non riferendosi alle tabelle millesimali ai fini dei diritti di proprietà».-

Corte di cassazione

Sezioni unite civili

Sentenza 9 agosto 2010, n. 18477
 
 
 
 
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 
Con atto di citazione notificato il 2 novembre 1994 I.E. conveniva il condominio di [omissis], di cui faceva parte, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che venisse dichiarata la nullità o annullata la delibera dell'assemblea condominiale in data 30 settembre 1994, con la quale era stata approvata a maggioranza, e non all'unanimità, la nuova tabella per le spese di riscaldamento. Il condominio si costituiva, resistendo alla domanda, Con sentenza n. 21737/2000 il Tribunale di Roma dichiarava la nullità della delibera in questione. Contro tale decisione proponeva appello l'altra condomina M.A.M.; la Corte di appello di Roma, con sentenza in data 13 ottobre 2004, confermava la decisione di primo grado, in base alla seguente motivazione: Deve, preliminarmente, esaminarsi l'eccezione di inammissibilità dell'appello sollevata dalla I. Tale eccezione è priva di pregio. Ed invero, la dichiarazione di nullità della deliberazione in questione incide non solo sulla gestione delle cose comuni, ma anche sul diritto soggettivo dell'appellante all'attribuzione di una quota millesimale corrispondente all'effettiva consistenza della sua proprietà esclusiva usufruente del servizio di riscaldamento. Nel merito, l'appello non appare fondato e deve essere, pertanto, rigettato proprio per la considerazione suesposta ed in base alla quale esso deve ritenersi ammissibile. Infatti, le tabelle millesimali, comprese quelle relative a servizi dei quali i singoli condomini usufruiscono in maniera diversa quali il riscaldamento lo le scale e gli ascensori, sono pur sempre riferite alle esclusiva proprietà dei singoli partecipanti al condominio e costituiscono il presupposto per la concreta ripartizione della relative spese. Sulla base di tale distinzione deve essere interpretato il combinato disposto dell'art. 1138 c.c., commi 1 e 3 nel senso che, mentre il regolamento, riguardante la concreta ripartizione delle spese, può essere approvato dalla maggioranza di cui all'art. 1136 c.c., comma 2, le tabelle, millesimali devono essere approvate all'unanimità. La circostanza che la precedente tabella millesimale, che non risulta essere stata autonomamente impugnata, è stata approvata con la maggioranza di cui all'art. 1136 c.c., comma 2, non ha alcun rilievo nella presente fattispecie, perché non legittima l'approvazione di una nuova tabella con una votazione diversa da quella unanime. Proprio tale influenza impedisce il rilievo di ufficio della nullità della delibera che ha approvato la precedente tabella nella presente controversia che riguarda soltanto la validità della deliberazione impugnata. Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, M.A.M. Resiste con controricorso I.E., che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato, con un unico motivo.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
 
Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi. Con il primo motivo M.A.M. si duole del fatto che i giudici di merito abbiano ritenuto che le tabelle millesimali vanno approvate all'unanimità, per cui non sarebbe sufficiente la maggioranza qualificata prevista dall'art. 1136 c.c., comma 2, al quale rinvia l'art. 1128 c.c., comma 3, in tema di approvazione del regolamento di condominio, al quale, in base al disposto dell'art. 68 disp. att. cod. civ., le tabelle millesimali devono essere allegate. Ritiene il collegio che la doglianza sia fondata. Per lungo tempo questa S.C. ha ritenuto che per l'approvazione o la revisione delle tabelle millesimali è necessario il consenso di tutti i condomini; ove tale consenso unanime manchi, alla formazione delle tabelle provvede il giudice su istanza degli interessati, in contraddittorio con tutti i condomini (cfr. in tal senso: sent. 5 giugno 2008 n. 14951; 19 ottobre 1988 n. 5686; 17 ottobre 1980 n. 5593; 18 aprile 1978 n. 1846; 8 novembre 1977 n. 4774; 6 marzo 1967 n. 520). A sostegno di tale sono stati addotti vari argomenti. Si è affermato che la determinazione dei valori della proprietà di ciascun condomino e la loro espressione in millesimi è regolata direttamente dalla legge, per cui non rientra nella competenza dell'assemblea (sent. 27 dicembre 1958 n. 3952; 9 agosto 1996 n. 7359) oppure si è fatto riferimento alla natura negoziale dell'atto di approvazione delle tabelle millesimali, nel senso che, pur non potendo essere considerato come contratto, non avendo carattere dispositivo (in quanto con esso i condomini, almeno di solito, non intendono in alcun modo modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, ma intendono soltanto determinare quantitativamente tale portata), deve essere inquadrato nella categoria dei negozi di accertamento, con conseguente necessità del consenso di tutti i condomini (sent. 8 luglio 1964 n. 1801) oppure ancora si è fatto leva sul fatto che, essendo le tabelle millesimali predisposte anche al fine del computo della maggioranza dei condomini (quorum) nelle assemblee, hanno carattere pregiudiziale rispetto alla costituzione e alla validità delle deliberazioni assembleari, e quindi non possono formarne oggetto (sent. 6 marzo 1967, cit., per la quale il fatto che le tabelle siano contenute nel regolamento, a norma dell'art. 68 disp. att. c.c., sta semplicemente ad indicare una allegazione formale che non muta la natura intrinseca dell'istituto come innanzi descritta). Secondo tale orientamento, in conseguenza della inesistenza di una norma la quale attribuisca all'assemblea la competenza a deliberare in tema di tabelle millesimali, la deliberazione di approvazione delle tabelle adottata a maggioranza è inefficace nei confronti del condomino assente o dissenziente per nullità radicale deducibile senza limitazione di tempo (sent. 9 agosto 1996 n. 7359). La eventuale approvazione a maggioranza di una tabella millesimale non sarebbe, tuttavia, senza effetti. Si è, in proposito, affermato che le deliberazioni in materia adottate dalla assemblea, sia a maggioranza sia ad unanimità dei soli condomini presenti, configurerebbero una ipotesi di nullità non assoluta, ma soltanto relativa, in quanto non opponibile dai condomini consenzienti, e non obbligherebbero i dissenzienti e gli assenti, i quali potrebbero dedurne la inefficacia secondo i principi generali, senza essere tenuti all'osservanza del termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c. (sent. 6 marzo 1967, cit.; 23 dicembre 1967 n. 3012/6 maggio 1968 n. 1385; 6 marzo 1970 n. 561; 14 dicembre 1974 n. 4274; nel senso che gli assenti ed i dissenzienti potrebbero far valere la nullità relativa dell'atto, ai sensi dell'art. 1421 cod. civ., costituita dalla loro mancata adesione, cfr. sent. 14 dicembre 1999 n. 14037). La limitata efficacia da attribuire a tabelle millesimali approvate a maggioranza è stata giustificata con la considerazione che la determinazione dei valori viene attuata agli effetti degli art. 1123, 1124, 1126 e 1136 c.c.: essa riguarda, cioè, la ripartizione delle spese e il funzionamento delle assemblee, ma non incide sui diritti reali, e neppure sul valore reale dei beni; dato che, a norma dell'art. 68 cit., u.c., nell'accertamento dei valori in millesimi non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione della cosa, ne consegue che la formazione o la modificazione dei valori millesimali non può che dar luogo a un rapporto di natura personale, le cui diverse determinazioni ben possono avere efficacia limitatamente ai condomini che le posero in essere, senza che, al riguardo, debba dunque parlarsi di nullità assoluta (6 marzo 1967, cit.). Si è anche ritenuto (sent. 6 marzo 1967, cit.) che la impugnazione non è consentita neppure al successore a titolo particolare nella proprietà dell'appartamento del condomino che ha dato il suo consenso alla approvazione a maggioranza delle tabelle millesimali: posto, infatti, che gli obblighi dei condomini, relativi ai beni compresi nel condominio, come quello della partecipazione alle spese comuni, o del rispetto della maggioranza assembleare, rappresentano, nell'ambito del particolare istituto, vincoli di natura personale previsti dalla legge (e non dalla volontà delle parti) in diretta dipendenza del diritto reale, essi si trasferiscono automaticamente, anche per atto tra vivi, con il trasferimento di quel diritto, e indipendentemente dalle limitazioni che derivano dalla pubblicità per esso prevista, alla stregua di quanto avviene, a causa del loro carattere ambulatorio, per le obbligazioni propter rem o rei cohaerentes, non potrebbe negarsi che anche le determinazioni necessariamente connesse con quegli obblighi si trasferiscano contemporaneamente con essi nel successore a titolo particolare, in forza del principio per il quale l'oggetto del trasferimento perviene all'acquirente nella stessa misura e con le stesse facoltà con cui esso appartenne al precedente titolare (nemo plus iuris quam ipse habet transferre potest). Tale conclusione troverebbe conferma nella considerazione che la stessa osservanza dei valori millesimali costituisce una obbligazione ex lege, sì che, rappresentando i valori medesimi la valutazione proporzionale della parte rispetto al tutto, ed avendo funzione strumentale al fine precipuo della ripartizione delle spese comuni e della formazione del quorum della maggioranza assembleare, essi vengono, in sostanza, a realizzare la quantificazione e la determinazione concreta di quell'obbligo, con la conseguenza che, con il trasferimento di esso nel successore a titolo particolare, si trasferisce la determinazione concreta dei valori fatta in sede assembleare con il consenso del dante causa, in forza dei principi sopra enunciati. Secondo altre decisioni la deliberazione assunta a maggioranza sarebbe affetta da nullità assoluta (e quindi inefficace anche per coloro che hanno votato a favore) ove non sia stata assunta con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino anche la metà del valore dell'edificio, mentre sarebbe affetta da nullità relativa derivante dalla loro mancata adesione solo nei confronti degli assenti e dissenzienti ove assunta con la maggioranza in questione (sent. 24 novembre 1983 n. 7040; 9 febbraio 1985 n. 1057). È stata anche prospettata la semplice inefficacia della delibera di approvazione non all'unanimità dei condomini, da ritenere condizionata al raggiungimento in epoca successiva del consenso unanime verificatosi in virtù dell'applicazione di fatto delle tabelle da parte dei condomini assenti (sent. 17 ottobre 1980 n. 5593). È comunque costante l'affermazione che nel comportamento dei condomini assenti i quali abbiano pagato i contributi condominiali secondo la tabelle approvate a maggioranza è possibile individuare una accettazione delle tabelle stesse, non vertendosi in tema di effetti reali, per cui il consenso alla approvazione delle tabelle, non postulando il requisito di particolari requisiti formali, può ben manifestarsi per facta concludentia (sent. 8 novembre 1977 n. 4774; 19 ottobre 1988 n. 5686). Principi analoghi sono stati affermati con riferimento alla modifica delle tabelle millesimali. Si è, pertanto, ritenuto che la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere adottate dall'assemblea dei condomini di un edificio per ripartire le spese straordinarie secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, o l'acquiescenza rappresentata dalla concreta applicazione delle stesse tabelle per più anni (sent. 16 luglio 1991 n. 7884; 19 ottobre 1988 n. 5686), può assumere il valore di univoco comportamento rivelatore della volontà di parziale modifica delle tabelle millesimali da parte dei condomini che hanno partecipato alle votazioni o che hanno aderito o accettato la differente suddivisione e può dare luogo, quindi, ad una convenzione modificatrice della disciplina sulla ripartizione delle spese condominiali, che, avendo natura contrattuale e non incidendo su diritti reali, non richiede la forma scritta, ma solo il consenso anche tacito o per facta concludentia, purché inequivoco di tutti i condomini (sent. 17 maggio 1994 n. 4814). Il consenso non potrebbe, invece, dedursi dal comportamento tenuto da quei condomini che nella assemblea abbiano già espresso dissenso dalla approvazione delle tabelle millesimali, in quanto, in presenza della loro esplicita volontà, non è lecito ricercare una contraria volontà tacita o presunta che sulla prima dovrebbe prevalere (sent. 9 febbraio 1985 n. 1057; nel senso che i condomini, partecipando alle assemblee per tre anni ed effettuando i pagamenti in conformità delle nuove tabelle, non manifestano per facta concludentia quel consenso che avevano espressamente negato in occasione della relativa delibera condominiale cfr. sent. 28 aprile 2005 n. 8863) o dal comportamento degli acquirenti (sent. 9 agosto 1996 n. 7359). Si distacca implicitamente, ma immotivatamente, da tale orientamento la sentenza 11 febbraio 2000 n. 1520, secondo la cui "massima" la modifica delle tabelle millesimali già esistenti, ovvero la creazione di tali tabelle, costituisce facoltà riservata all'assemblea dei condomini, e non rientra i compiti dell'amministratore di condominio. Rileva il collegio che gli argomenti addotti per sostenere la tesi della incompetenza della assemblea ...

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