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Certificato di abitabilità: se si può chiedere la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di compravendita se l’immobile ne è privo.-
Certificato di abitabilità: se si può chiedere la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di compravendita se l’immobile ne è privo.


L'immobile privo della condizione di abitabilità presenta un vizio che costituisce idonea causa di risoluzione per inadempimento, non solo nei contratti definitivi di vendita, ma anche in quelli preliminari.- Il fatto.
Tizio citava davanti al Tribunale Caio, Sempronio e Mevio, esponendo che Sempronio, agendo in rappresentanza di Caio, si era obbligato a vendere a Mevio - il quale, a sua volta, aveva poi ceduto il contratto a Tizio - una porzione di un comprensorio immobiliare, risultata poi priva del certificato di abitabilità, requisito di cui era stata garantita la sussistenza. Ciò posto, Tizio chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento e la restituzione delle somme già versate, con interessi e rivalutazione monetaria, oltre al risarcimento dei danni. Il Tribunale dichiarava la risoluzione del contratto preliminare. La Corte d'appello accoglieva il gravame di Caio, riformando parzialmente la decisione di primo grado e riducendo la somma dovuta dall'appellante; infine, la Suprema corte, pronunciandosi sul ricorso principale e su quello incidentale, li rigettava, affermando quanto in epigrafe riferito.- L'abitabilità di un immobile.
In via preliminare, si consideri il quadro normativo, secondo cui la cd. abitabilità di un immobile, di cui parla l'art. 41-ter, L. 17 agosto 1942, n. 1150, l'art. 15, L. 6 agosto 1967, n. 765, e l'art. 35, L. n. 47 1987, certifica la conformità alle norme igienico-sanitarie degli edifici con alta frequentazione umana, a destinazione abitativa.-
Con l'emanazione del DPR. 6 giugno 2001, n. 380, è stata eliminata la distinzione tra il requisito di abitabilità e quello di agibilità: allo stato, la disciplina contenuta nel T.U. sull'edilizia, agli artt. 24 e ss., prevede un unico certificato di agibilità, che deve essere rilasciato, in presenza delle condizioni richieste dalla legge.- Ciò posto, nella redazione del preliminare di compravendita di un immobile, assume particolare importanza l'indicazione non solo degli estremi catastali del bene, nel rispetto del principio generale per cui l'oggetto del contratto deve essere indicato in modo preciso, affinché risulti determinato od almeno determinabile, ma anche delle dichiarazioni urbanistiche. Al riguardo, gli artt. 17 e 40, L. n. 47 del 1985 (come modificati dal DPR. n. 380 del 2001), prevedono l'obbligo di effettuare, contestualmente alla stipula di certi tipi di contratto ivi elencati, alcune dichiarazioni ed allegazioni (come, per la compravendita dei terreni, l'allegazione del certificato di destinazione urbanistica).-
Secondo la giurisprudenza prevalente, il preliminare che non rechi le dichiarazioni e le allegazioni previste dalle leggi urbanistiche, non è invalido, salva l'eventuale responsabilità per inadempimento del promittente venditore, per non avere eventualmente dichiarato la pendenza di pratiche di condono aperte il cui esito sia ancora incerto.-
Ciò posto, bisogna dare atto dell'esistenza di diverse opzioni ermeneutiche sorte in merito alla qualificazione della fattispecie del trasferimento di edificio privo di agibilità. Secondo la tesi più risalente, si tratta di un trasferimento con oggetto illecito (Trib. Venezia, 9 febbraio 1978).-
Tale tesi, però, è stata abbandonata: secondo altra teoria, nel caso di specie la res tradita appartiene ad un genere del tutto diverso, ed è inidonea ad assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (c.d. aliud pro alio); di conseguenza, l'acquirente può esperire l'azione generale di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 Cc. ( Trib. Cagliari Sent., 15-02-2008).- Secondo diverso orientamento, invece, la cosa è del genere che si intendeva acquistare ma, ciò nonostante, presenta delle irregolarità, sub specie di vizi redibitori ex art. 1490 Cc., (poiché la cosa è affetta da un vizio, ovvero da un difetto di produzione o fabbricazione), o di mancanza di qualità ex art. 1497 Cc.-
In sostanza, il bene non risulta pienamente conforme a quanto ci si dovrebbe normalmente aspettare o vi è mancanza di qualità, con applicazione dei termini e delle condizioni di cui all'art. 1495 Cc. Preme evidenziare, al riguardo, che l'adesione alle differenti teorie appena indicate ha importanti effetti in tema di prescrizione dell'azione, poiché secondo l'art. 1495 Cc, richiamato dall'art. 1497 Cc., il termine è di un solo anno, mentre nel caso si inquadri la fattispecie nella vendita di aliud pro alio si applica l'art. 1453 Cc., che non prevede i termini di decadenza e di prescrizione fissati dall'art. 1495 Cc. (Sergio Miranda, Il certificato di abitabilità nella prassi contrattuale, in Notariato, 2010, 2, 129 e ss.).- Passando al profilo risarcitorio, anche se il rilascio del certificato di abitabilità non è stato posto come obbligazione a carico del venditore, ebbene, anche in tale ipotesi il venditore è tenuto al risarcimento del danno (App. Roma, Sez. II, 01-04-2010).-
Precisamente, se nel contratto l'onere di ottenere il certificato di abitabilità non è stato posto contrattualmente a carico del compratore - con garanzia da parte del costruttore della ricorrenza dei requisiti per ottenerlo, o con esclusione di responsabilità dello stesso, nel qual caso l'immobi...

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