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Contratto preliminare: scrivere “entro e non oltre” per indicare il termine con il quale le parti convengono la stipula del definitivo, non può essere considerato, di per sé, termine essenziale.-
Contratto preliminare: scrivere “entro e non oltre” per indicare il termine con il quale le parti convengono la stipula del definitivo, non può essere considerato, di per sé, termine essenziale.-

Il termine, contenuto all’interno di un contratto preliminare, “entro e non oltre” con il quale le parti convengono la stipula del definitivo, non può essere considerato, di per sé, “essenziale”, trattandosi solo di uno degli elementi da considerare al fine di stabilire se i contraenti abbiano voluto assegnare una decisiva valenza a tale data.-
Lo ha stabilito la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 25 ottobre 2010, n. 21838 con la quale si evidenzia, inoltre, come, nel caso in cui l’affare salti, il promissario acquirente adempiente che rinunci alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno perché vuole la restituzione del doppio della caparra versata, potrà ottenerla solo se l’inadempimento del promittente venditore risulti “grave”.-
La giurisprudenza di legittimità dominante, richiamata nella sentenza che qui si annota, ritiene che “il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo”.-
Tale volontà, continuano gli ermellini, “non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre” quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata”.-
L’impiego dell’espressione in questione, pertanto, è da ritenersi insufficiente a far considerare senz’altro il termine come essenziale, anche se non implica, di per sé, che esso non lo sia, trattandosi di un dato da prendere in considerazione insieme con tutti gli altri elementi utili ad accertare se le parti abbiano inteso, o meno, attribuire al termine quel carattere.
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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 8 giugno - 25 ottobre 2010, n. 21838
(Presidente Schettino - Relatore Bucciante)
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 12 e il 13 febbraio 1997 E. P. citò davanti al Tribunale di Firenze R. N., P. N. e M. G., dai quali con un contratto preliminare del 1° ottobre 1996 si era obbligato ad acquistare, entro il 31 dicembre di quell’anno, un terreno di circa ha 5.58.20 con sovrastante annesso agricolo in Lastra a Signa per il prezzo di lire 200.000.000, di cui lire 60.000.000 versate a titolo di caparra confirmatoria; sostenne l’attore che la vendita definitiva non era stata conclusa per fatto dei convenuti e chiese quindi che costoro fossero condannati a restituirgli il doppio della caparra, previa dichiarazione della legittimità del proprio recesso dal preliminare, comunicato il 28 gennaio 1997. R. N., P. N. e M. G. si costituirono in giudizio, contestando la fondatezza degli assunti di E. P. e chiedendo che fosse accertato il loro diritto a trattenere l’importo della caparra.-
All’esito dell’istruzione della causa, con sentenza del 19 novembre 2002 il Tribunale respinse le domande proposte dall’una parte e dall’altra.-
Impugnata da R. N., P. N. e M. G. in via principale, da E. P. in via incidentale, la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Firenze, che con sentenza del 21 settembre 2004, rigettato il primo gravame e accolto l’altro, ha condannato R. N., P. N. e M. G. a pagare a E. P. la somma di 61.974,83 euro, oltre agli interessi con decorrenza dal 29 gennaio 1997. A tale conclusione il giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo che il termine del 31 dicembre 1996, concordato dalle parti, aveva carattere essenziale e che del suo mancato rispetto erano responsabili i promittenti venditori, i quali non avevano tempestivamente dato notizia della loro intenzione di vendere ai confinanti titolari del diritto di prelazione.-
Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione R. N., P. N. e M. G., in base a quattro motivi. E. P. si è costituito con controricorso.-
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso R. N., P. N. e M. G. lamentano che erroneamente, con la sentenza impugnata, si è ritenuto essenziale il termine del 31 dicembre 1996, concordato nel contratto preliminare per la stipulazione del definitivo. Secondo i ricorrenti, la Corte d’appello avrebbe dovuto invece aderire alla tesi della non essenzialità, innanzitutto in base al criterio ermeneutico letterale, perché era stato pattuito che la vendita dovesse avvenire “entro e non oltre” il giorno suddetto; inoltre difettavano elementi che potessero far propendere per la tesi contraria; né è stata compiuta alcuna indagine sull’interesse che le parti potessero avere all’inderogabilità del termine in questione.-
La doglianza va disattesa.-
La giurisprudenza di legittimità (v., per tutte, Cass. 6 dicembre 2007 n. 25549) è univocamente orientata nel senso che “il termine per l’adempimento può essere ritenuto essenziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo; tale volontà non può desumersi solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre” quando non risulti dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti che queste hanno inteso considerare perduta l’utilità prefissasi nel caso di conclusione del negozio stesso oltre la data considerata”.-
L’impiego dell’espressione in questione, pertanto, è bensì insufficiente a far considerare senz’altro il termine come essenziale, ma neppure implica di per sé che esso non lo sia, come i ricorrenti sostengono: si tratta di un dato da prendere in considerazione insieme con tutti gli altri elementi utili ad accertare se le parti abbiano inteso - o non - attribuire al termine quel carattere. A tale indagine la Corte d’appello non si è sottratta e del suo esito - favorevole a E. P. - ha dato adeguatamente conto, spiegandone compiutamente e diffusamente le ragioni, consistenti nel tenore della nutrita corrispondenza intercorsa tra le parti nell’imminenza del 31 dicembre 1996 e nel diverso contenuto di un altro contratto preliminare tra loro stesse intervenuto in precedenza relativamente ai medesimi beni, poi sostituito con quello oggetto della causa. La diversa valutazione di questi elementi propugnata dai ricorrenti, i quali contestano che siano in alcun modo significativi, non può costituire idonea ragione di cassazione della sentenza impugnata, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, che non consentono a questa Corte, nel campo degli accertamenti di fatto e degli apprezzamenti di merito, di estendere il pr...

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