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Mancata conclusione dell'affare e diritto al compenso del mediatore.-
Mancata conclusione dell'affare e diritto al compenso del mediatore
In tema di mediazione, qualora - per il caso in cui il conferente l’incarico rifiuti di concludere l’affare con il terzo indicato dal mediatore - sia pattuito che quest’ultimo abbia comunque diritto ad un compenso pari a quello previsto per l’ipotesi di conclusione dell’affare, il giudice deve stabilire se tale clausola sia vessatoria, ai sensi dell'art. 1469 bis, comma primo, cod. civ. (ora art. 33, comma primo, codice del consumo), se nel detto patto non sia chiarito che, nell’ipotesi considerata, il compenso al mediatore è dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata. Qualora, invece, il rifiuto del conferente tragga origine da circostanze ostative, non comunicate al mediatore al momento del contratto o cui il conferente abbia dato causa successivamente, è configurabile una responsabilità di quest'ultimo per violazione dei doveri di correttezza e buona fede; in tal caso la previsione dell'obbligo di pagare comunque la provvigione può integrare una clausola penale, soggetta al diverso apprezzamento di cui all'art. 1469 bis, comma terzo, n. 6, cod. civ., (ora art. 33, comma secondo, codice del consumo), concernente la presunzione di vessatorietà delle clausole che, in caso di inadempimento, prevedano il pagamento di una somma manifestamente eccessiva.-
La Cassazione ha formulato un principio di diritto per il caso della mancata conclusione dell'affare per rifiuto del conferente l'incarico al mediatore, per dirimere la controversia in merito al diritto alla corresponsione del compenso da parte di quest'ultimo.-
La Cassazione ha ricordato che "E' stato chiarito (da Cass., n. 7067/2002) che il patto col quale sia previsto il diritto del mediatore al compenso anche nel caso di mancata conclusione dell'affare deve valere a collegare il diritto alla provvigione ad un fatto diverso" e che "questo fatto può essere l'avere il mediatore svolto per un certo tempo una concreta attività di ricerca di terzi interessati all'affare ed essere pervenuto al risultato entro un certo termine od anche non esservi pervenuto, se prima della scadenza del termine la parte ritira l'incarico al mediatore: in questi casi la provvigione costituisce il compenso per aver il mediatore assunto ed adempiuto l'obbligo di impegnare la propria organizzazione nella ricerca del terzo interessato all'affare".-Secondo la Cassazione "Se, dunque, il conferente l'incarico rifiuti (anche se ingiustificatamente) di concludere l'affare col terzo indicato dal mediatore e che abbia fatto un’ offerta coincidente con le aspettative del conferente, la previsione dell'obbligo di corrispondere comunque un compenso all'intermediario può avere causa nella remunerazione dell'attività da quello posta in essere nella ricerca di un interessato. Ma se il compenso sia previsto in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l'ipotesi di conclusione dell'affare, si pone il problema di stabilire se, in relazione al caso di mancata conclusione dell'affare per scelta di chi ha conferito l'incarico, vi sia squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti (art. 1469 bis, comma l, c.c.; ora art. 33, comma l, del codice del consumo), giacché solo con la conclusione dell'affare il proponente realizza il suo interesse e poiché il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento".Il giudice dovrà dunque stabilire se la clausola sia vessatoria, considerando che l'art. 1469 ter, comma 3, c.c. (ora, art. 34, comma 3, del citato codice del consumo) esclude bensì che la valutazione della vessatorietà possa concernere l'oggetto del contratto e l'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tuttavia "tali elementi ...
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