Alienazione di un immobile: come si ripartiscono le spese condominiali tra venditore e acquirente?
Alienazione di un immobile: come si ripartiscono le spese condominiali tra venditore e acquirente?
MASSIMA:
Condominio – Vendita di unità immobiliare di proprietà esclusiva – Lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni – Ripartizione delle spese per le parti comuni tra venditore e compratore – Determinazione – Criteri
Corte di Cassazione, sent. 3 dicembre 2010, n. 24654, Sez. II
In caso di vendita di un’unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione o innovazioni, in difetto di accordo tra le parti, nei rapporti interni tra alienante e acquirente è tenuto a sopportarne i costi chi era proprietario al momento della delibera dell’assemblea, sicché, ove tali spese siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell’atto di trasferimento dell’unità immobiliare, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che tali siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto a rivalersi, nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in virtù del principio di solidarietà passiva previsto dall’art. 63 disp. att. cod. civ
Con la sentenza n. 24654/2010 la Corte di legittimità ritorna sulla controversa questione relativa all’individuazione del momento di insorgenza della titolarità passiva dell’obbligazione condominiale in caso di alienazione di un’unità immobiliare facente parte del condominio, confermando, nella fattispecie, la decisione del giudice di merito secondo la quale l’obbligo di pagare i contributi per le spese riguardanti opere di ristrutturazione delle parti comuni dell’edificio grava su colui che era proprietario al momento dell’adozione della delibera di approvazione delle spese stesse, dovendosi ritenere irrilevante il momento di effettiva esecuzione dei lavori, attendendo esso non alla costituzione dell’obbligazione ma alla sua attuazione. Pertanto, con la sentenza in esame, la S.C. ha ritenuto corretta la statuizione della Corte territoriale che aveva respinto l’appello avverso la sentenza del giudice di prime cure, con la quale era stata ravvisata la fondatezza dell’azione di rivalsa esercitata dagli attori che, quali acquirenti di un’unità immobiliare di un determinato condominio, avevano cominciato a rivestire la qualità di condomini in un momento successivo a quello della delibera condominiale autorizzativa dell’esecuzione di una serie di lavori di ristrutturazione, intervenuta anteriormente all’alienazione dell’immobile in loro favore.
Spese condominiali: gli aspetti generali
È pacifico che la partecipazione al condominio negli edifici obbliga i singoli titolari di unità immobiliare a concorrere nel sostenere le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle cose comuni: in proposito, si osserva che i principio già previsto, in termini generali, dall’art. 1104, comma 1 cod. civ. con riferimento alla comunione, trova una sua disciplina specifica negli artt. 1123 ss. dello stesso codice in materia propriamente condominiale, nei quali è anche regolamentato il concorso alle spese per i servizi comuni.
L’obbligo dei singoli condomini di partecipare pro quota al peso delle spese afferenti le parti e i servizi comuni dell’edificio costituisce, secondo l’inquadramento assolutamente prevalente in dottrina e in giurisprudenza, una situazione giuridica riconducibile alla figura della cosiddetta obbligazione propter rem, la quale, cioè, deriva la sua origine dal diritto dominicale che i condomini hanno sulle parti comuni e sui beni destinati all’utilizzazione di un servizio collettivo.
In altri termini, sulla scorta di tale qualificazione, l’obbligo di contribuzione alle spese di mantenimento e conservazione delle porzioni comuni risulta assolutamente connesso (con conseguente determinabilità del debitore solo per relationem) in modo inscindibile alla titolarità del diritto reale e della quota a esso correlata.
La norma specifica ricollegabile al citato art. 1123 cod. civ. (che si riferisce alle sole spese necessarie e che ha, peraltro, natura dispositiva, facendo salva ogni diversa convenzione) individua tre diversi criteri di ripartizione delle spese concernenti la conservazione e il godimento delle cose comuni, la prestazione dei servizi nell’interesse collettivo o, ancora, le innovazioni deliberate dalla maggioranza. I tre criteri sono rispettivamente rapportati:
alla proporzionalità del valore della proprietà di ciascun condomino, nel caso in cui si tratti di cose e di servizi finalizzati a un utilizzo indifferenziato da parte dei condomini stessi;
all’uso che ciascun condomino può fare, nell’ipotesi in cui si tratti di cose e servizi destinati a un uso differenziato;
alla relazione con l’utilità che ciascun gruppo di condomini può trarre, in presenza di cose o servizi funzionalmente destinati a servire solo una parte dell’edificio.
L’obbligo di concorso contributivo gravante su ogni condomino investe tanto le spese per la manutenzione ordinaria o straordinaria delle parti comuni quanto quelle relative all’esercizio dei servizi comuni. In particolare, tutte queste spese, a cui è rivolto il disposto dell’indicato art. 1123 cod. civ., sono, in linea di massima:
deliberate dall’assemblea con le maggioranze individuate dall’art. 1136, commi 2 e 3 cod. civ. o determinate dall’amministratore (ai sensi dell’art. 1130 cod. civ.), quando si riferiscano all’amministrazione o al godimento delle cose o dei servizi comuni;
decise dall’assemblea con le maggioranze più elevate e qualificate previste nel comma 4 del menzionato art. 1136 cod. civ., qualora siano riferibili a riparazioni straordinarie di notevole entità, o con quelle contemplate dall’art. 1120 cod. civ. e dal comma 5 dello stesso art. 1136, se relative a innovazioni.
Nei casi del tutto eccezionali di cui all’art. 1134 cod. civ. alcune spese possono essere decise anche da uno solo dei condomini nei cui riguardi, nella sussistenza della necessaria condizione (ovvero di spesa urgente), potrà essere riconosciuto il diritto al rimborso da parte degli altri.
Gli effetti della vendita di un’unità in condominio
Si è già sottolineato che, proprio in virtù della rilevata natura propter rem dell’obbligazione di sostenere le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni (oltre che per l’utilizzazione dei servizi nell’interesse della collettività condominiale), la stessa obbligazione ricade sui condomini in quanto tali, ovvero ricoprenti tale qualità per effetto della circostanza di essere proprietari di unità immobiliari ubicate in un edificio costituito in condominio, a cui consegue anche la comproprietà sulle parti comuni e il diritto alla fruizione degli inerenti servizi. A tal riguardo è stato pure precisato che risulta irrilevante, ai fini dell’insorgenza del suddetto obbligo, il titolo in virtù del quale il condomino abbia acquistato tale status, potendo trattarsi, indifferentemente, di un atto inter vivos oppure mortis causa, come anche di un’assegnazione conseguente a un procedimento di espropriazione forzata.
Nell’ipotesi di alienazione di un appartamento ricompreso in un complesso condominiale, è onere dell’acquirente o del venditore portare a conoscenza l’amministratore dell’avvenuto negozio traslativo. Al riguardo, la giurisprudenza più acuta ha avuto modo di sottolineare che, nel caso appunto di alienazione di un piano o di una porzione di piano di un edificio condominiale, affinché l’acquirente si legittimi di fronte al condominio quale titolare di diritti e di obblighi della qualità di condomino occorre, in mancanza di espresse disposizioni normative, che si realizzi una qualche iniziativa che in forma documentale renda noto al condominio, in persona dell’amministratore pro tempore (per esempio, attraverso l’esibizione o il deposito presso la sede di quest’ultimo della scrittura privata o dell’atto pubblico di compravendita), il mutamento del titolare della proprietà separata, da cui deriva, appunto, nel nuovo soggetto la qualifica di condomino dell’edificio.
Pertanto, fino a quando tale iniziativa non venga effettivamente concretizzata, l’alienante rimane ancora titolare dei diritti e degli obblighi condominiali, con la conseguenza che l’acquirente non potrà pretendere che, con riferimento al periodo trascorso prima che sia stata resa nota la cessione della proprietà separata, ne risulti inficiato quanto deliberato nella sua formale assenza, perché deve considerarsi che l’alienante abbia agito in sua vece (essendo applicabile l’istituto della gestione di affari non rappresentativa).
Ciò comporta – secondo i più recenti indirizzi dottrinali che l’acquirente non può ritenersi legittimato in alcun modo a impugnare le deliberazioni del condominio che risultino anteriori al suo inserimento formale nello stesso, né a contrastare gli atti dell’amministratore relativi all’esecuzione di quelle deliberazioni. Tuttavia, egli, nei rapporti con l’alienante, potrà escludere o limitare il suo obbligo di rimborsare le spese condominiali già versate dal venditore, o rivalersi verso quest’ultimo di tutte o di parte delle spese condominiali che egli dovesse pagare, deducendo il negligente o colpevole comportamento dell’alienante...
... continua