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Provvigione del mediatore: è sempre dovuta dalle parti che se ne sono avvalse per la conclusione dell'affare?
Provvigione del mediatore: è sempre dovuta dalle parti che se ne sono avvalse per la conclusione dell'affare?

La mediazione presuppone la volontà delle parti di avvalersi dell'opera del mediatore, con la conseguenza che il rapporto (e il diritto alla provvigione) non sorge nei confronti della parte che non sia stata posta in grado di conoscere l'opera di intermediazione ed abbia dunque incolpevolmente ignorato l'attività del mediatore.-
Affinché sorga il diritto del mediatore alla provvigione è insomma necessario che l'attività di mediazione sia da questi svolta in modo palese, e cioè rendendo note ai soggetti intermediati la propria qualità e la propria terzietà (così, tra le altre, Cass., 9 maggio 2008, n. 11521).-
Non è sufficiente che le parti abbiano concluso l'affare grazie all'attività del mediatore se non siano state messe in grado di conoscere l'opera di intermediazione svolta dal predetto e non abbiano perciò neppure potuto valutare l'opportunità di avvalersi o no della relativa prestazione e di soggiacere ai conseguenti oneri (come nel caso in cui il mediatore abbia, con il suo comportamento, potuto ingenerare nelle parti una falsa rappresentazione della qualità attraverso la quale si sia ingerito nelle trattative che hanno condotto alla conclusione dell'affare).-
Chi adduce di avere ignorato che fosse un mediatore chi s'è ingerito nelle trattative che hanno portato alla conclusione dell'affare non svolge un'eccezione in senso proprio in quanto la conoscenza delle qualità di chi domanda la provvigione rappresenta uno dei fatti costitutivi del diritto di ottenerla e deve essere provata da chi fa valere quel diritto.-

Nel caso in esame viene riproposta la tematica relativa  ai casi in cui il mediatore matura il diritto alla provvigione; questo non sorge, infatti, automaticamente per il solo fatto di aver svolto un’attività di intermediazione, pur in presenza di determinati presupposti previsti dalla legge ai fini della sua validità, quali, ad esempio, l’iscrizione nell’apposito albo.-
Il punto nodale della questione riguarda la conoscenza o meno in capo ai soggetti intermediati della qualità di mediatore; su questa base un soggetto conveniva in giudizio una società chiedendone la condanna al pagamento della provvigione -evidentemente negatagli- per aver lo stesso agevolato la conclusione di un affare che coinvolgeva direttamente la convenuta; quest’ultima eccepiva la circostanza della mancata qualificazione dell’attore quale mediatore che partecipava alla trattativa in veste di amministratore delegato di un ente avente scopi associativi nel territorio.-
Accolta la domanda attorea, in sede di gravame la Corte d’Appello ribaltava la decisione, proprio sulla base di quanto eccepito in primo grado dalla società cui si richiedeva il pagamento della provvigione, ossia in virtù della mancata conoscenza della qualità di mediatore dei soggetti intermediati, per cui nonostante l’attività svolta, non sarebbe maturato il relativo diritto alla provvigione spettante all’intermediario.- 
In sede di legittimità, i giudici della Suprema Consulta rigettavano il ricorso promosso dal “presunto” mediatore, confermando in sostanza le conclusioni della Corte d’Appello, aderendo dunque al consolidato orientamento giurisprudenziale in virtù del quale “ il rapporto di mediazione non può configurarsi, e non sorge…il diritto alla provvigione, qualora le parti, pur avendo concluso l’affare grazie all’attività di mediazione, non siano state messe in grado di conoscere l’opera di intermediazione svolta dal predetto e non siano perciò messe in condizione di valutare l’opportunità o meno di avvalersi della relativa prestazione e di soggiacere ai conseguenti oneri….” (cfr. Cass. 6004/07; conf. Cass. 11521/11).-
Invero, anche in pronunce più risalenti si sottolineava come, in tema di mediazione, proprio a causa della sua natura contrattuale, fosse necessaria la prova la volontà delle parti, sia essa esplicita o per facta concludentia e che, “mancando la prova della coscienza della parte interessata all’affare di avvalersi dell’opera del terzo –e cioè un soggetto neutro ed imparziale - per la conclusione dell’affare stesso, il contratto di mediazione deve ritenersi inesistente” ( Cass. 2750/89; conf. Cass. 6813/88).- 
Ineccepibile, dunque, a parere di chi scrive, l’epilogo della vicenda in questione, soprattutto richiamando la circostanza in precedenza citata, secondo la quale, trattandosi di una trattativa finalizzata all’acquisto di un immobile in un'area ad alta densità abitativa del nordovest italiano al fine di realizzarvi una struttura cinematografica multisala, l'attore non si era mai qualificato come mediatore, partecipando alla prima riunione in veste di amministratore delegato di un ente che associava fra loro le camere di commercio italiane e francesi a cavallo delle alpi meridionali avente come scopo l'integrazione economica culturale e scientifica dell'Euroregione, ingenerando nelle parti,  a fortiori,  con la sua condotta,  una falsa rappresentazione della qualità attraverso la quale si sia ingerito nelle trattative che hanno poi condotto alla conclusione dell'affare.-

(Sentenza Cassazione civile 07/06/2011, n. 12390)
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Svolgimento del processo
1.- Nell'ottobre del 2000 D.F. convenne in giudizio la Lingotto s.p.a. che l'anno precedente aveva venduto alla Cinema sviluppo s.p.a. (partecipata per il 49% dal gruppo francese Pathè) una porzione dell'immobile "Lingotto" di Torino per il prezzo di circa L. 23 miliardi. Ne chiese la condanna al pagamento della provvigione mediatoria per avere egli, quale mediatore iscritto nel relativo ruolo, agevolato la conclusione dell'affare organizzando un incontro, avvenuto a Torino il 6.12.1997, tra l'amministratore della società venditrice ( B.F. di……….) ed il direttore del gruppo Pathè, determinato ad acquistare un immobile in un'area ad alta densità abitativa del nordovest italiano al fine di realizzarvi una struttura cinematografica multisala. Affermò che nel corso di tale incontro, cui avevano partecipato molte persone, tra le quali il vice sindaco della città di Nizza, egli aveva prospettato il possibile affare, ma che era stato poi escluso dalle trattative.
La società convenuta resistette, rappresentando che l'attore D. non si era mai qualificato come mediatore e che aveva partecipato alla riunione nel suo ruolo di amministratore delegato di un ente che associava fra loro le camere di commercio italiane (tra le quali quella di Cuneo, di cui il D. era presidente) e francesi a cavallo delle alpi meridionali e che aveva come scopo l'integrazione economica cu...

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