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QUESITO N. 566: Se il figlio può usucapire l’immobile concesso in abitazione dal proprio genitore.
QUESITO
Il figlio può usucapire l’immobile concesso in abitazione dal proprio genitore? Si tratta in questo caso di possesso idoneo ad usucapire o di atto di tolleranza a mente dell’art.1144 del cod. civ. ?
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Risposta al quesito

Sebbene Tizio abbia esercitato sulla cosa un potere continuato ed ininterrotto per più di vent’anni, ed avente tutte le caratteristiche per considerare avvenuto l’acquisto a titolo originario del bene, esso non è formalmente ancora avvenuto, stante che Tizio non ha promosso il necessario procedimento davanti all’autorità giudiziaria per far dichiarare l’usucapione del cespite in parola. Tuttavia però, potrebbe operare la disciplina di cui all’articolo 1144 del codice civile. In forza di questa norma determinati atti, i c.d. atti di tolleranza, non possono servire di fondamento all'acquisto del possesso idoneo ad acquistare la proprietà dei beni a titolo originario. Si tratta di una particolare tipologia di atti che comportano un godimento di modesta portata, incidente molto debolmente sull'esercizio del diritto da parte dell'effettivo titolare o possessore, e soprattutto traggono la loro origine da rapporti di amicizia o familiarità e che per questo non sono idonei a determinare in favore dell’usucapiente il possesso ad usucapionem. Pertanto si deve ritenere che anche ove Tizio esperisse l’azione necessaria per far dichiarare l’usucapione del cespite immobiliare che il di lui genitori gli hanno concesso in abitazione, difficilmente sarebbe dichiarato dall’autorità giudiziaria l’acquisto a titolo originario, stante che la giurisprudenza sul punto ritiene da tempo memorabile che “il godimento di un bene protrattosi per lungo tempo deve essere considerato quale disponibilità meramente tollerata della cosa, nel caso in cui si sia instaurato tra parenti” (tra le tante Cass. Civ 18 giugno 2001 n. 8194). Tuttavia se Tizio dimostrasse che ha agito nonostante il rapporto di parentela, con poteri più ampi tali da incidere in modo significativo sull’esercizio del diritto di proprietà dei propri genitori ad esempio apportando modifice ed effettuando lavori importanti all’immobile in questione, la sua disponibilità dell’immobile non potrebbe essere più considerata in questo caso meramente tollerata, al contrario ricadrebbe in una fattispecie di vero possesso, idoneo come tale a legittimare un acquisto a titolo originario del bene. L’eccezione, costituita nel nostro caso dalla disponibilità non per possesso bensì per tolleranza altrui, dovrà per converso essere provata. L’onere di provare questa circostanza, e cioè che Tizio ha goduto del cespite immobiliare perché ha posseduto grazie alla tolleranza dei genitori è come insegna la giurisprudenza e della dottrina, a carico del proprietario che contesta l’avverarsi del possesso. Ovviamente, se vi siano però degli elementi ragionevoli che facciano presumere la tolleranza, ma Tizio ritenga invece che sia sorta una situazione possessoria, la prova contraria spetterà a quest’ultimo.-
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Motivi della risposta

La questione sottoposta alla nostra attenzione accarezza una serie di temi giuridici molto delicati, uno di questi è l’usucapione, esso è un istituto giuridico che risale all’epoca romana, costituisce un modo di acquisto a titolo originario della proprietà e dei diritti reali di godimento art.922 cod. civ. Il nostro ordinamento prevede che affinché si compia l’usucapione e conseguentemente l’acquisto di un diritto reale sono necessari due requisiti: il possesso della cosa oggetto di usucapione e il decorso di un periodo di tempo, legislativamente determinato in ragione della natura del bene posseduto. In giurisprudenza costituisce principio consolidato che per aversi usucapione occorre un possesso e/o comunque un potere sulla cosa che si manifesta in un attività corrispondente ad un diritto reale o all’esercizio del diritto di proprietà protrattosi per un periodo di tempo determinato (Cass. Civ. n.2469 del 08/08/1962). Oltre all’elemento oggettivo di cui si è detto, occorre in capo all’usucapiente anche lo stato soggettivo e cioè necessita che il possessore manifesti “l’animus possidendi“, ovvero il potere di fatto sulla cosa corrispondente ad un diritto reale. Nel caso che ci occupa ci troviamo nell’ambito dell’acquisto della proprietà per usucapione di un bene immobile di proprietà per ciascuno della metà dei genitori di Tizio, tali Sempronio e Mevia. L’acquisto della proprietà per usucapione di un bene immobile ha per fondamento una situazione di fatto caratterizzata dal mancato esercizio del diritto da parte del proprietario e della prolungata signoria di fatto sulla cosa da parte di chi si sostituisca a lui nell’utilizzazione di essa. Dunque ai fini dell’usucapione ordinaria di beni immobili è richiesto un possesso continuato, pacifico e pubblico, non interrotto, non equivoco, accompagnato dall’animo di tenere la cosa come propria, che si protragga per oltre venti anni, cui corrisponda per la stessa durata, la completa inerzia del proprietario, il quale si astenga dall’esercitare le sue potestà e non reagisca al potere di fatto esercitato dal possessore. La giurisprudenza sul punto ritiene che per la configurabilità del possesso "ad usucapionem", è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all'uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno "ius in re aliena", un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di alti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all'inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994n. 10652, Cass. 9 agosto 2001 n. 11000).

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A mente dell’art. 1444 determinati atti, i c.d. a...

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