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QUESITO N. 480: inadempimento e clausola risolutiva espressa nel contratto di locazione.
Quesito n.480: inadempimento e clausola risolutiva espressa nel contratto di locazione.

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La questione oggetto del presente quesito, ci impone di fare una breve disamina circa l’istituto della risoluzione contrattuale. È principio pacifico che la validità di un contratto attiene al momento della conclusione. Tuttavia capita spesso che un contratto concluso validamente può peraltro non produrre effetti o per circostanze coeve alla nascita o per circostanze sopravvenute. La risolubilità di un contratto è legata a questa seconda eventualità. Essa si verifica ogniqualvolta il programma contrattuale non è più in grado di svolgere la propria funzione che è quella di assicurare il soddisfacimento degli interessi dei contraenti cosi come essi sono stati composti nel regolamento contrattuale. Da ciò discende che viene ad essere turbato il sinallagma e cioè le prestazioni dedotte nel regolamento contrattuale, che sono l’una in funzione dell’altra. Con la risoluzione si viene dunque a riequilibrare la posizione economica dei contraenti eliminando (con efficacia ex tunc) non già il contratto ma piuttosto gli effetti di esso. È fondamento comune che esistono nel nostro ordinamento giuridico una serie di fattispecie risolutorie che difficilmente però possono essere ridotte ad unità sul piano disciplinare, non a caso infatti per questo motivo il codice civile regolamenta separatamente le diverse ipotesi di risoluzione contrattuale. La risoluzione del contratto può intervenire non soltanto per effetto di una sentenza del giudice (ope iudicius), ma anche di diritto (ipso iure) nei tre casi espressamente regolati dal codice civile; essi sono: 1) la clausola risolutiva espressa (art. 1456 cod. civ.); 2) la diffida ad adempiere (art. 1454 cod. civ.); 3) il termine essenziale art. 1453 cod. civ.). Orbene, ai fini della soluzione del quesito giuridico sottopostoci, abbisogna soffermarsi sulla clausola risolutiva espressa (ex art. 1456 cod. civ.). Viene chiamata in questo modo la clausola contrattuale con la quale le parti di un contratto prevedono espressamente che il contratto dovrà considerarsi risolto automaticamente allorquando, una determinata obbligazione o talune obbligazioni, purché sempre specificatamente indicate nella clausola stessa non venga adempiuta affatto o non venga eseguita secondo le modalità pattuite.
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Nel caso che ci occupa, il nostro cliente nel mese di marzo del corrente anno concludeva un contratto per la locazione di un negozio. Nel contratto veniva inserita una clausola risolutiva espressa, con la quale veniva stabilito che in caso di inadempienza da parte del conduttore di uno dei patti convenuti nel contratto quest’ultimo venisse dichiarato “ipso iure” risolto. Dall’esame del contratto, e dalla narrativa dei fatti che il cliente ci ha fornito appare chiaro che in modo del tutto anomalo il conduttore non ha adempiuto ad alcune delle obbligazioni pattuite, in particolare non aveva ancora corrisposto il deposito cauzionale e non aveva altresì richiesto le chiavi dell’immobile locato.
Da ciò discende, che nel caso di specie certamente opera la disciplina di cui all’art. 1456 cod. civ., ma è comune opinione che quando in un contratto si prevede una clausola risolutiva espressa la risoluzione non consegue immediatamente all’inadempienza. Sennonché...

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