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QUESITO N. 507: Successione e diritto di rappresentazione.
Quesito n. 507 : Successione e diritto di rappresentazione. Se nell’ambito della successione legittima laddove uno dei due eredi, che agiscono in rappresentazione del proprio genitore defunto, rinunci all’eredità, è possibile che il figlio, oggi minore, o altri soggetti possano esercitare il diritto di rappresentazione. Quali pregiudizi per il terzo acquirente nel caso in cui la rinuncia dell’eredità è avvenuta in esclusivo favore di uno dei due coeredi.
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La soluzione del caso sottoposto alla nostra attenzione richiede, in primo luogo, l’individuazione dei caratteri essenziali dell’istituto della rappresentazione previsto e disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c., in materia di successioni.
Ebbene, la norma richiamata prevede la possibilità per i discendenti legittimi o naturali, di subentrare nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui quest’ultimo non possa o non voglia accettare l’eredità. Si ha rappresentazione nella successione testamentaria, invece, quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui il chiamato non possa o non voglia accettare l'eredità.
Dal punto di vista soggettivo, poi, ai sensi dell’art. 468 c.c., la rappresentazione ha luogo, a favore dei discendenti dei figli, fratelli o sorelle del defunto (si pensi al nipote del defunto, al pronipote, ecc.).
In altri termini è necessario, perché si presenti il fenomeno della rappresentazione, che il c.d. rappresentato (colui che rinuncia), sia figlio, fratello o sorella del de cuius (defunto) e che il c.d. rappresentante (colui che agisce in rappresentazione) sia a sua volta un discendente del rinunciante.
Circa la natura di tale istituto, tra le diverse teorie elaborate in dottrina, quella maggioritaria equipara il fenomeno della rappresentazione ad una chiamata indiretta, nella quale il rappresentante succede in virtù di un diritto proprio, ma il contenuto di quanto gli è offerto è oggettivamente uguale a quanto sarebbe spettato al rappresentato.
Fatta questa premessa, notiamo che nel caso in esame abbiamo la rinuncia di uno dei figli già chiamati in rappresentazione del genitore defunto. Ebbene, poiché la rappresentazione ha luogo in infinito, ossia, verso tutti i discendenti del defunto o rinunciante, si verifica una ulteriore chiamata in rappresentazione in favore del figlio del rinunciante, anche se minore.
Nel caso dei minori chiamati in luogo del genitore rinunciante, infatti, la legittimazione ad accettare l’eredità è riconosciuta dall’art. 320 c.c. ai genitori o a quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà; in ogni caso, non possono essere accettate o rifiutate le eredità devolute ai minori se non previa autorizzazione del giudice tutelare.
Nel caso in cui, poi, i soggetti indicati dalla norma non possano o non vogliano accettare l’eredità, il giudice su richiesta del figlio stesso, del pubblico ministero o di uno dei parenti che vi abbia interesse, sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo al compimento di tali atti.

Va segnalato , inoltre, che il giudice tutelare potrebbe autorizzare la madre o qualunque ascendente ad accettare l’eredità, nel caso in cui il padre non possa o non voglia accettare (Cass. 1294/1975).
Ricordiamo, altresì, che un’eventuale accettazione in favore dei minori sarebbe ammessa esclusivamente col beneficio d’inventario, come prescritto dall’art. 471 c.c., e che il minore è comunque legittimato a rinunciare all'eredità entro un anno dal compimento della maggiore età, non potendo essere addossate a suo carico le spese relative alla predisposizione dell'inventario (Cass. civ., sez. II, n. 9648 del 24 luglio 2000).
Prima di rispondere al secondo quesito posto, è necessario fare una breve digressione sulla disciplina codicistica prevista per la rinuncia all’eredità.
La rinuncia è essenzialmente una dichiarazione attraverso la quale il chiamato manifesta la sua volontà di non assumere la qualità di erede del d...

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