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QUESITO N. 519: Locazione commerciale. Se è possibile cedere l’attività, nell’ipotesi in cui le parti abbiano a pattuire che l’immobile sia destinato esclusivamente all’esercizio dell’attività del conduttore.
Quesito: Nel contratto di locazione d’immobili urbani destinati ad uso diverso dall’abitazione, il locatore può inviare la disdetta del contratto sette mesi prima della sua scadenza?
Inoltre nel caso in cui le parti, stabiliscono che l’immobile sia destinato esclusivamente all’esercizio dell’attività del conduttore, questi può cedere l’attività e in tal caso ha diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento?
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RISPOSTA
La locazione d’immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, trova la propria disciplina fondamentale nella Legge 27 luglio 1978, n.392 ed in particolare negli artt. 27 e seguenti.
Ai sensi dell’art. 27 della legge citata, gli immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo sono quelli in cui si svolgono le seguenti attività: industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico, di lavoro autonomo, alberghiere. Per le locazioni di immobili adibiti ad uso commerciale, l’art. 27 lg. 392/1978 prevede una durata minima del contratto di locazione non inferiore ai sei anni.
Il successivo art. 28 lg. 392/78 dispone, che: “Per le locazioni di immobili nei quali siano esercitate le attività indicate nei commi primo e secondo dell'articolo 27, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni e, per quelle di immobili adibiti ad attività alberghiere, di nove anni in nove anni; tale rinnovazione non ha luogo se sopravviene disdetta da comunicarsi all'altra parte, a mezzo di lettera raccomandata, rispettivamente almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza”.
Pertanto, a differenza di quanto previsto, dalla legge 431/1998, per i contratti di locazione adibiti ad uso abitativo, in cui è data facoltà al locatore di esercitare la disdetta del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi; nell’ambito dei contratti di immobili destinati ad uso diverso dall’abitazione, il termine non è quello di sei mesi, bensì di dodici o diciotto mesi a seconda che si tratti delle attività indicate dal primo comma dell’art. 27 lg. 392/78 (attività industriali, commerciali, artigianali, d’interesse turistico, di lavoro autonomo) o dal seconda comma dello stesso articolo (attività alberghiere).
Quindi, in risposta al primo quesito, possiamo affermare che la disdetta inviata dal locatore sette mesi prima della scadenza del contratto è inefficace, proprio perché la legge, qualora si tratti di attività commerciale, stabilisce un termine non inferiore ai dodici mesi.

Per quanto riguarda il secondo quesito, sulla possibilità o meno per il conduttore di cedere l’attività, trova applicazione l’articolo 36 della legge 392 del 1978.
L'art. 36 della legge in esame consente al conduttore di un immobile destinato ad uso diverso dall'abitazione di cedere il contratto di locazione, anche senza il consenso del locatore, allorché ceda o lochi contestualmente a terzi l'azienda, si deroga pertanto al consenso del locatore ceduto, consenso che sarebbe viceversa necessario affinché sia valida la cessione del contratto ex art. 1406, c.c. (Cass. n. 5137/2003).
È nulla, ex art. 79 lg. 392/78 l’eventuale clausola contrattuale che vieti al conduttore il diritto di cedere il contratto di locazione, sempre che non sia fatto contestualmente salvo il disposto dell’art. 36.
La cassazione ha tal proposito affermato che “La sublocazione o la cessione del contratto di locazione d’immobile adibito ad uso non abitativo sono consentite al conduttore, ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392 del 1978, qualora venga locata o ceduta contestualmente l'azienda, anche senza il consenso del locatore e pure nel caso in cui un apposito patto contrattuale contenga il divieto espresso di sublocare l'immobile o di cedere il contratto; la mancata comunicazione della cessione al locatore non pone il conduttore in una situazione di inadempienza ma comporta soltanto l'inopponibilità della cessione al locatore”.
(Cassazione civile, sez. III, 13/04/2000, n. 4802).
Pertanto, volendo rispondere al secondo quesito, nel caso sottoposto in esame, il contratto di locazione prevede solo che il conduttore non può sublocare o dare in comodato l’immobile senza il consenso scritto del locatore, ma non prevede alcuna clausola disciplinante la cessione del contratto e in conseguenza anche l’attività, che tra l’altro sarebbe nulla, come detto sopra, se vietasse al conduttore di esercitare tale diritto.
Di conseguenza, il conduttore è pienamente legittimato a cedere il contratto di locazione.

Per quanto riguarda, la questione se al conduttore, spetti o meno l’indennità per perdita dell’avviamento, in caso di cessione d’azienda, ai sensi dell’art. 36: “Le indennità previste dall'articolo 34 sono liquidate a favore di colui che risulta conduttore al momento della cessazione effettiva della locazione”.
Il diritto all’indennità è quindi disciplinato dall’art. 34 e dal successivo art. 35 che prevede le limitazioni a tele diritto, infatti solo il conduttore che svolga nell’immobile locato attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori – ad eccezione dei casi in cui si tratti di immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici (art. 35, L. 392/1978) – alla cessazione del rapporto locatizio ha diritto di ricevere da parte del locatore un’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto (per le attività alberghiere l’indennità è pari a 21 mensilità).
Il conduttore ha diritto ad un’ulteriore indennità (nella misura di 36 mensilità) nel caso in cui l’immobile venga da chiunque adibito all’esercizio della stessa attività esercitata dal conduttore (o di attività incluse nella stessa tabella merceologica), qualora il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente (art. 34, commi 1 e 2, L. 392/1978).
In conclusione, il conduttore oltre a poter esercitare liberamente, il suo diritto di cedere il contratto di locazione, ha diritto anche qualora svolga attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, l’indennità di avviamento nella misura pattuita dalla legge.

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MOTIVI DI DIRITTO
La locazione d’immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo trova la propria disciplina fondamentale nella Legge 27 luglio 1978, n. 392 ed in particolare negli artt. 27 e seguenti.
Per parlare di “uso diverso da quello abitativo” l’immobile locato deve essere adibito all’esercizio di una delle attività di cui al primo comma dell’art. 27 (attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico, di lavoro autonomo) ovvero ad una di quelle attività elencate dall’art. 42 (attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche).
Inoltre, si ha un uso diverso da quello abitativo, quando l’immobile locato è destinato ad ospitare le sedi di partiti e sindacati e quando la qualità di conduttore è assunta dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali.
Pur non essendo espressamente prescritto dalla legge, nella prassi il contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo viene redatto in forma scritta. Il codice civile – infatti – prescrive la forma scritta ad substantiam soltanto per le locazioni di immobili che superino la durata di nove anni (art. 1350, n. 8, c.c.), le quali devono anche essere trascritte nei registri immobiliari ex art. 2630, n. 8, c.c.
Per le locazioni de quo, l’art. 27 lg. 392/1978 prevede una durata minima del contratto di locazione non inferiore ai sei anni o nove anni nel caso di attività alberghiere.
Se nel contratto è convenuta una durata inferiore o non è convenuta alcuna durata, ai sensi dell’art. 79 della Legge 392/1978 la clausola contrattuale che prevede una durata inferiore è nulla e la locazione si intende pattuita per la durata prevista dalla legge (sei o nove anni). Di contro, le parti possono stabilire liberamente una durata superiore al minimo legale, incontrando solo il limite trentennale di cui all’art. 1573 c.c.
Il successivo art. 28 lg. 392/78 dispone al primo comma, che: “Per le locazioni di immobili nei quali siano esercitate le attività indicate nei commi primo e secondo dell'articolo 27, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni e, per quelle di immobili adibiti ad attività alberghiere, di nove anni in nove anni; tale rinnovazione non ha luogo se sopravviene disdetta da comunicarsi all'altra parte, a mezzo di lettera raccomandata, rispettivamente almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza”.
Pertanto, a differenza di quanto previsto, dalla legge 431/1998, per i contratti di locazione adibiti ad uso abitativo, in cui è data facoltà al locatore di esercitare la disdetta del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi; nell’ambito dei contratti di immobili destinati ad uso diverso dall’abitazione, il termine non è quello di sei mesi, ma bensì di dodici o diciotto mesi a seconda che si tratti delle attività indicate dal primo comma dell’art. 27 lg. 392/78 (attività industriali, commerciali, artigianali, d’interesse turistico, di lavoro autonomo) o dal seconda comma dello stesso articolo (attività alberghiere).
La cassazione si è più volte espressa sulla disdetta, ribadendo che: “La disdetta, quale atto negoziale unilaterale e recettizio, adempie alla funzione di impedire la prosecuzione e la rinnovazione tacita del contratto e deve essere comunicata con quel preavviso che risulta stabilito dal legislatore (art. 28, 29 e 59 legge n. 392 del 1978) in riferimento all'intervallo temporale minimo che deve intercorrere tra la comunicazione e l'effetto interruttivo (della prosecuzione) od impeditivo (della continuazione) del contratto, ma senza riferimento ad un intervallo temporale massimo, prima del decorso del quale la manifestazione di volontà sarebbe intempestiva ed inefficace”. (Cassazione civile, sez. III, 26/04/1983, n. 2869).
Dapprima si era già pronunciata statuendo che: “La disdetta del contratto di locazione adempie alla funzione di un preavviso diretto ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del contratto, senza che sussista alcun obbligo per il locatore di motivare tale manifestazione di volontà, con la conseguenza che le ragioni della richiesta di rilascio dell'immobile locato in regime vincolistico possono essere indicate per la prima volta nel successivo atto introduttivo del giudizio”. (Cassazione civile, sez. III, 12/07/1980, n. 4487).
Il locatore, peraltro, può denegare il rinnovo del contratto, sempre con un preavviso di un anno, alla prima scadenza convenzionalmente pattuita nel contratto stesso, esclusivamente per i tassativi motivi previsti dall’art. 29 lg. 392/78. Nel caso in cui ricorra una di queste ipotesi tassative, il locatore dovrà intimare al conduttore la disdetta del contratto a mezzo lettera raccomandata a/r almeno dodici mesi (diciotto mesi nel caso di attività alberghiera) prima della scadenza del contratto medesimo.
La giurisprudenza, inoltre, considera nulla la comunicazione del diniego di rinnovazione alla prima scadenza convenzionale del contratto di locazione, se il locatore non abbia specificato nella raccomandata, al conduttore, l’inequivoca indicazione della motivazione adottata, in quanto in tal modo il conduttore non è in grado di valutare, la serietà dell’intento manifestato dal locatore (Cass. n. 5637/1997 e Cass. n. 15547/2002).

La legge 29 luglio 1978 n. 392 con l'art. 36 regola la cessione del contratto di locazione.
Quest’ articolo prevede che ”Il  conduttore  può  sublocare l'immobile o cedere il contr...

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