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QUESITO N. 521: Successione testamentaria. Ipotesi in cui il de cuius non ha parenti prossimi, ad eccezione di alcuni cugini. Qualora uno dei cugini muoia prima dell’apertura della successione, i beni a lui destinati da chi saranno ereditati?
Quesito: Nell’ipotesi di una successione testamentaria, in cui il de cuius non ha parenti prossimi, esclusi alcuni cugini, qualora uno dei chiamati all’eredità muoia prima dell’apertura della successione, i beni a lui destinati da chi saranno ereditati?
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RISPOSTA
La successione testamentaria è disciplinata dagli artt. 587 e ss. del codice civile, in particolare l’art. 587 cod. civ., definisce il testamento “l’atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”.
L’articolo successivo precisa poi, che “le disposizioni testamentarie, …sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario”.
Nella fattispecie in esame, il de cuius ha redatto un testamento olografo, cioè redatto di proprio pugno, con il quale ha istituito alcuni legati a favore dei suoi parenti più prossimi nonché nei confronti di altri soggetti, sennonché uno dei legatari è premorto alla successione stessa. Il codice civile a tal proposito, ha previsto alcuni istituti, la cui applicazione ricorre qualora qualcuno non possa o non voglia accettare l’eredità.
L’art. 688 cod. civ., disciplina l’istituto della sostituzione ereditaria, che ricorre nel caso in cui, uno dei chiamati si trovi nelle condizioni di non volere o potere accettare l'eredità; questa situazione può aprire la strada alla rappresentazione o all'accrescimento, ma il testatore può indicare un'altra persona in sostituzione dell'erede istituito. Come è facile intuire la sostituzione, essendo puntuale espressione della volontà del testatore, prevale sulla rappresentazione e sull'accrescimento. Tuttavia nel caso di specie, il testatore non ha previsto alcunché al riguardo, quindi non trova applicazione tale istituto.
Qualora il primo chiamato all'eredità non possa o non voglia accettare l'eredità e il de cuius non abbia disposto la sostituzione ereditaria, il chiamato ulteriore, può essere individuato mediante le regole della rappresentazione.
La rappresentazione, ai sensi dell’art. 467 cod. civ., è l’istituto che fa subentrare i discendenti legittimi o naturali, nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato.
L’art. 468 prevede che, “la rappresentazione ha luogo, in linea retta, a favore dei discendenti dei figli, nonché dei discendenti dei figli del defunto, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto”. Nella fattispecie in esame, il de cuius non aveva né figli né fratelli o sorelle, pertanto la rappresentazione non può avere luogo.
Il codice civile prevede, infine, l’istituto dell’accrescimento, regolato dagli articoli 674 e ss. del codice civile. L’accrescimento, come la rappresentazione e della sostituzione, cerca di porre rimedio ad anomalie che possono verificarsi dopo la morte del de cuius; anche in questo caso le anomalie consistono nel fatto che gli eredi o i legatari non possano o non vogliano accettare l'eredità o il legato; verificatasi questa situazione ecco che per l'art. 674 si avrà accrescimento delle quote degli altri eredi o il subingresso degli altri legatari.
Nell’ipotesi della chiamata congiuntiva nella successione testamentaria, è necessario in primo luogo che tutti gli eredi devono essere stati chiamati con un solo testamento; in secondo luogo che le parti di ogni coerede non devono essere state determinate o devono essere state determinate in parti uguali, ed infine non vi deve essere una diversa volontà del testatore.
Per aversi accrescimento non vi devono essere le condizioni per la sostituzione o la rappresentazione; di conseguenza quando il chiamato non può o non vuole accettare non si applica automaticamente l'accrescimento, ma si seguirà il seguente ordine: 1) sostituzione, in mancanza; 2) rappresentazione, in mancanza; 3) accrescimento. Nella caso di specie, però le parti di ogni coerede non sono state determinate in parti uguali, e pertanto anche tale istituto non può trovare applicazione. In caso di successione testamentaria, se nemmeno l'accrescimento sarà possibile, si aprirà la strada alle successioni legittime.
A tal proposito, l’art. 572 cod. civ., dispone che: “se alcuno muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distinzione di linea. La successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado”.
Ai sensi dell'articolo 572 del codice civile, vale la regola per cui i parenti più prossimi escludono quelli più lontani e quindi i figli del cugino premorto al “de cuius” sono, senza dubbio, esclusi dall'eredità.
La quota a favore del parente del de cuius dipende quindi dalla presenza o meno di altri parenti di pari grado: se non ci sono altri parenti di pari grado, al parente in questione spetta l’intera eredità del defunto, mentre se ci sono più parenti di pari grado, l’eredità viene suddivisa fra di essi in parti uguali.
In conclusione, volendo rispondere al quesito, possiamo affermare che nella fattispecie in esame i beni destinati al cugino premorto alla successione, non saranno ereditati dai figli di costui, poiché esclusi dal principio del grado, in base al quale, il parente più prossimo esclude tutti gli altri, pertanto saranno gli altri cugini ad ereditare i beni destinati al cugino premorto, suddividendoli in parti uguali.

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MOTIVI DI DIRITTO
La successione testamentaria è disciplinata dagli artt. 587 e ss. del codice civile, in particolare l’art. 587 cod. civ., definisce il testamento “l’atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”.
L’articolo 588 cod. civ., precisa poi, che “le disposizioni testamentarie, qualunque sia l'espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono la qualità di erede, se comprendono l'universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario”.
Il legato può distinguersi tra legato di specie e legato di genere.
È legato di specie quello avente ad oggetto una cosa o un diritto determinato. In questo caso il legatario diviene titolare del diritto in via immediata al momento della morte del testatore.
È legato di genere quello avente ad oggetto una cosa determinata solo nel genere. In questo caso il legatario si configura come un creditore dell’erede e l’adempimento del legato di genere coincide con la scelta della cosa con la quale soddisfarsi concretamente e può essere dal testatore affidata al legatario o ad un terzo.
Se però chi è chiamato all’eredità non possa (perché ad esempio sia premorto rispetto al de cuius) o non voglia accettarla (ad esempio perché intenda rinunciarvi), si pone il problema di stabilire a chi debba essere rivolta la chiamata ereditaria per individuare se questi accetti di diventare successore del de cuius.
Nel gergo dei giuristi, il chiamato che non può o non vuole accettare si dice “primo chiamato” mentre il chiamato individuato successivamente al primo si dice “chiamato ulteriore”.
Il codice civile a tal proposito, ha previsto degli istituti, la cui applicazione ricorre qualora qualcuno non può o non vuole acc...

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