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QUESITO N. 549: Se un contratto di mantenimento, cosiddetto vitalizio alimentare, può essere impugnato qualora la leda la quota di legittima spettante agli eredi.
Quesito: un contratto di mantenimento, cosiddetto vitalizio alimentare può essere impugnato qualora la leda la quota di legittima spettante agli eredi?
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RISPOSTA
Nel caso, sottoposto ad esame, qualora risulti che il contratto di mantenimento ha leso la quota spettante ad un legittimario, costui potrà esercitare l'azione di riduzione della disposizione lesiva, nei confronti del soggetto che con quella disposizione ha ricevuto un valore superiore alla disponibile ed alla eventuale legittima che gli spetta ove il vitaliziato sia legittimario.
Ciò significa, quindi in risposta al quesito che è possibile impugnare il vitalizio alimentare qualora la leda la quota di legittima spettante agli eredi.
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MOTIVI DI DIRITTO
Il contratto di mantenimento o "vitalizio alimentare", è un contratto non espressamente disciplinato dalla legge ma elaborato dalla prassi per soddisfare esigenze di assistenza personale future e mutevoli. Il tipo contrattuale di riferimento è il contratto di rendita vitalizia che prevede, a fronte della cessione di un capitale o dell'alienazione di un bene mobile o immobile, la costituzione di una rendita, cioè di un diritto di credito a percepire una prestazione periodica, normalmente una somma di denaro, per la residua vita del creditore (artt. 1872 e ss. c.c.).
Caratteristica peculiare e indefettibile di tale contratto è la natura di contratto aleatorio: l'alea consiste nell'impossibilità per il debitore di conoscere esattamente il valore della prestazione a cui si obbliga, essendo la durata della sua obbligazione periodica commisurata alla vita del beneficiario.
Poiché l'alea penetra nella causa del contratto, è nullo per mancanza di causa il contratto concluso con mancanza di alea, ad esempio con un beneficiario in età molto avanzata o gravemente ammalato (Cass. 9 gennaio 1999, n. 117).
Qualora le obbligazioni assistenziali non penetrino nella causa del contratto, cioè non siano la ragione giustificativa del trasferimento immobiliare, ma siano semplicemente uno dei motivi dello stesso, sarà prevalente l'intento liberale e il contratto andrà, correttamente, configurato come donazione immobiliare con onere. L'onere consisterà nelle obbligazioni di assistenza verso l'alienante, assunte dal donatario, obbligazioni il cui valore, secondo la valutazione fatta dalle parti, non esaurirà il valore del bene trasferito.
Nel contratto di mantenimento, a differenza dalla rendita vitalizia, la prestazione a favore del beneficiario non consiste nella dazione di una somma periodica di denaro o di altre cose fungibili, ma in prestazioni assistenziali di natura personale, quali, a titolo esemplificativo, il vitto, l'alloggio, la compagnia, il trasporto, l'assistenza sanitaria, per tutta la residua vita del beneficiario.
Un'ulteriore differenza tra i due contratti consiste nel tipo di prestazione a cui è obbligato il vitaliziante: si tratta di una prestazione periodica nella rendita vitalizia mentre nel contratto di mantenimento la prestazione è continuativa in quanto è destinata a soddisfare le mutevoli esigenze di vita del vitaliziato.
Una particolare attenzione va dedicata al rischio di inadempimento del vitaliziante: al momento della conclusione del contratto lo stesso ha già ricevuto la prestazione convenuta (cessione di un capitale o trasferimento di un immobile) mentre il vitaliziato riceve semplicemente un diritto di credito alle prestazioni assistenziali in suo favore.
È orami pacificamente riconosciuto in giurisprudenza che non si applica al contratto di mantenimento la disciplina di cui all'art. 1878 c.c. stabilita per la rendita vitalizia, che, al fine di garantire al creditore la corresponsione della rendita, impedisce la risoluzione del contratto per inadempimento, e prevede una procedura coattiva di alienazione dei beni del debitore per soddisfare le ragioni creditorie del vitaliziato. L'impossibilità d...
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