QUESITO N. 090: Se il condominio è tenuto a risarcire i danni arrecati da un terzo all'autovettura di un condomino all'interno del parcheggio condominiale
contratto di deposito, questo contratto di posteggio, infatti (a titolo oneroso o gratuito), concerne ed ha per causa la custodia di un veicolo.
Il deposito è la principale fonte dell'obbligazione di custodire. L'articolo 1768 c.c. si uniforma alla regola generale, prevista dall'art. 1176 c.c., della diligenza del buon padre di famiglia; il secondo comma aggiunge che "se il deposito è gratuito la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore".
Il limite al dovere di diligenza è determinato dall'impossibilità della prestazione per causa non imputabile al depositario ex art. 1218 c.c.: fuori di questa ipotesi, l'inadempimento comporterà la responsabilità contrattuale del depositario.
Così in caso di furto, la giurisprudenza ha richiesto la prova, da parte del depositario, dell'inevitabilità dell'evento malgrado l'uso della diligenza del buon padre di famiglia.
Oltre che dal contratto di deposito, il dovere di custodire può sorgere, ex art. 1177 c.c., quale prestazione sussidiaria rispetto ad una obbligazione principale di consegna di una cosa.
Altro tipo di parcheggio è quello a pagamento ma senza custodia, (alle condizioni pubblicate con avvisi affissi sulle colonnine dei parchimetri o nelle immediate vicinanze). In questo secondo caso deve ritenersi che il contratto di parcheggio integra un mero contratto di locazione, avente ad oggetto lo spazio utilizzabile dalle auto parcheggiate.
È possibile configurare una responsabilità del gestore del parcheggio per non aver consentito il pacifico godimento dell’area oggetto della locazione (v. art. 1575 n. 3 c.c.) o per non aver mantenuto il parcheggio in buono stato locativo ( v. art. 1576 c.c.), in modo da servire all’uso cui l’area è destinata. La riconducibilità del rapporto negoziale in argomento alla locazione impedisce di ritenere il locatore responsabile dei danni subiti dall’utente (per così dire inquilino) ad opera di un terzo.
Appare quindi certo che, a differenza del contratto di posteggio con custodia che si distingue perché in esso la causa è la custodia di una cosa mobile (autovettura) a titolo oneroso o gratuito, nel negozio di posteggio senza custodia, è dato ravvisare una locazione, cioè il godimento dell’area di sosta dietro corrispettivo.
Custode è colui che avendo il potere materiale di diritto o di fatto sulla cosa (quindi non solo il proprietario ma anche il possessore ed il detentore) ha il dovere di controllare i rischi inerenti alla cosa stessa, dovere che si concreta nell’attività di vigilare e provvedere affinché la cosa non arrechi pregiudizio ad altri.
Non vi è dubbio, in particolare, che in tema di condominio negli edifici il condominio possa qualificarsi custode della res comune (Cass. Civ., sez III, 12 novembre 1997, n. 11160) e che quindi quale custode degli impianti comuni risponda dei danni da questi provocati a terzi.
Infatti ai sensi dell’art. 2051 c.c. ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia.
La norma pone a carico del custode una presunzione iuris tantum di colpa, che può essere vinta soltanto dalla prova del caso fortuito.
La responsabilità trova quindi la sua fonte nell’inosservanza o nell’inesatta osservanza dell’obbligo di vigilanza che scaturisce dal rapporto di custodia.
Ci troviamo di fronte ad uno dei casi di responsabilità oggettiva, che trova la sua ratio nella traslazione delle conseguenze dannose dal danneggiato ad altro soggetto (ratio retributiva della responsabilità civile). Si ricorre cioè ad ipotesi di responsabilità oggettiva per assicurare al danneggiato la possibilità di essere risarcito per i danni subiti.
Infatti poiché non è facile stabilire la dinamica dell’evento dannoso (si pensi per esempio al caso di incendi, scoppi, fughe d’acqua, danneggiamenti), il Legislatore ha trovato comodo presumere che non fossero state adottate tutte le precauzioni idonee ad evitarlo, ritenendo responsabile chi ha in custodia la cosa che lo ha provocato, a meno che non venga provato il caso fortuito o il comportamento colposo dello stesso danneggiato, o il fatto di un terzo, semprechè questo si inserisca nella determinazione dell’evento dannoso con impulso causale autonomo rispetto alla sfera del custode e sia imprevedibile ed inevitabile (Cass. Civ., sez. III, 23 Ottobre 1998, n. 10556).
L’onere probatorio si distribuisce tra il danneggiato ed il custode nel senso che il primo è tenuto a dimostrare il concorso degli elementi per l’applicazione dell’art. 2051 c.c.; deve cioè dimostrare a) che la cosa sia causa diretta del danno; b) che colui che viene chiamato a rispondere del danno possa considerarsi custode, in considerazione dell’effettivo potere fisico sulla cosa;
mentre il secondo deve fornire la prova contraria mediante la dimostrazione positiva del fortuito.
La prova liberatoria consiste nella dimostrazione di un evento interruttivo del nesso causale. Si deve trattare di un fatto autonomo, imprevedibile, inevitabile.
In mancanza di tale prova il custode è responsabile, anche in assenza di colpa: la causa ignota resta cioè a suo carico.
In base all’art. 1117 c.c. sono parti comuni dell’edificio, se il contrario non risulta dal regolamento condominiale, 1) il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune 2) i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per simili servizi in comune 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come g...
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