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Nº 3526 Se è vietato il patto commissorio nella compravendita immobiliare.-

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  • Giurisprudenza

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L’art. 2744 del codice civile (Divieto del patto commissorio), prevede che: “è nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno” Al riguardo la Cassazione ha chiarito che va escluso il divieto di patto commissorio se, tra le parti del contratto di compravendita immobiliare, manca un rapporto di debito-credito tra alienante ed acquirente, infatti i Giudici hanno specificato che non si può annullare ex articolo 2744 c.c. la compravendita dell’immobile, laddove non c’è obbligo di restituzione del denaro ricevuto dall’alienante e fra le parti contrattuali non intercorre un rapporto di debito-credito. La legge parla chiaro: è nullo ogni contratto che ha l’obiettivo di garantire il pagamento di un debito attraverso la cessione preventiva di un bene in proprietà. Prendiamo il caso in cui è effettivamente previsto il trasferimento dell’immobile: la vendita con patto di riscatto non vale - spiegano gli “ermellini” - quando la somma versata dall’acquirente non rappresenta il pagamento del prezzo ma l’esecuzione di un mutuo: l’atto, insomma, è privo della causa di scambio tipica della vendita e serve in realtà a costituire in favore del creditore una provvisoria posizione di garanzia capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o meno l’obbligo di restituire il denaro ricevuto. Un contratto del genere non integra direttamente il patto commissorio vietato dal Codice ma rappresenta comunque un mezzo per eludere la norma imperativa ex articolo 2744 c.c. e va dunque ritenuto «in frode alla legge» in base all’articolo 1344 c.c.. Fattispecie Il venditore non riesce a far annullare il contratto, anzi pagherà i danni. L’alienante sostiene che l’atto fu stipulato soltanto per garantire l’acquirente, una finanziaria poi fallita: la società avrebbe estinto le passività del venditore con le banche, circa 62,5 milioni di vecchie lire, ottenendo entro dieci anni la somma di 100 milioni; eppure la casa compravenduta valeva almeno mezzo miliardo, lamenta l’ex proprietario. Non è questo il punto, però: è escluso che si possa parlare di illiceità della vendita - concludono i giudici - perché il creditore dell’alienante non è la finanziaria-acquirente dell’immobile ma un gruppo di banche; in sostanza il raggiro ipotizzato dal venditore avrebbe inciso sulla volontà dell’alienante in relazione a una circostanza che è rimasta estranea al contratto “incriminato”: al trasferimento del bene, dunque, non è sotteso lo scopo di garanzia che fa scattare il divieto imposto dall’articolo 2744 c.c.. Cfr. Cass. civ., Sez. II, Sentenza 7 Settembre 2009, n. 19288

Il documento contiene un breve commento alla sent. della Cass. civ., Sez. II, del 7 Settembre 2009, n. 19288.-

Autore Lex Consult S.r.l.
Data pubblicazione 21-09-2009
Data aggiornamento 02-07-2014
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