Nº 6279 LA COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO INSERITA NEI CONTRATTI BANCARI È VALIDA SE CONTIENE LA SPECIFICA INDICAZIONE DI TUTTI GLI ELEMENTI CHE CONCORRONO A DETERMINARE LA COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO, OVVERO LA PERCENTUALE, LA BASE DI CALCOLO, I CRITERI E LA PERIODICITÀ DELL'ADDEBITO, SENTENZA VITTORIOSA STUDIO D'ARAGONA - LEGALI ASSOCIATI MAGGIO 2024.
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Sentenza vittoriosa ottenuta dallo Studio d’Aragona – Legali Associati, responsabile Avv. Serena Leo, innanzi alla Tribunale di vallo della lucania, nel maggio 2024 - ‘Nel caso si specie, è stato confermato, infatti, che "Quanto alla legittimità in astratto della commissione di massimo scoperto (dunque anche in riferimento al periodo precedente l'emanazione della L. 2/2009), va precisato quanto segue. La commissione di massimo scoperto - definita nella tecnica bancaria come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto, di norma applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni e calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento - pur non costituendo un interesse in senso tecnico, bensì una commissione, vale a dire un onere posto in relazione allo "scoperto di conto corrente", trova giustificazione quale parziale ristoro per la minore redditività che la banca subisce dovendo tenere a disposizione del cliente risorse liquide. Pertanto, l'autonomia contrattuale riconosciuta alle parti dall'art. 1322 c.c. consente alle stesse di convenire il pagamento di una simile commissione, posto che la stessa è volta a remunerare un onere effettivamente gravante sulla banca e quindi sia meritevole di tutela giuridica. Si richiede, per lo meno, la specifica indicazione di tutti gli elementi che concorrono a determinare la commissione di massimo scoperto, ovvero la percentuale, la base di calcolo, i criteri e la periodicità dell'addebito, in quanto, in assenza di tali elementi, non è ravvisabile un vero e proprio accordo delle parti su tale pattuizione accessoria, non potendosi ritenere che il correntista abbia potuto prestare un consenso consapevole, rendendosi conto dell'effettivo contenuto giuridico ed economico della clausola. In tali casi l'addebito delle commissioni si traduce in un'imposizione unilaterale della banca che non trova legittimazione in una valida pattuizione consensuale e ciò in violazione del disposto di cui all'articolo 1346 c.c., atteso che una clausola, per la sua validità, richiede che l'oggetto sia determinato o determinabile (cfr., Trib Pistoia, 07/11/2018; Trib. Agrigento, 20.02.2016; Trib. Napoli, 10.12.2014; Trib. Verbania, n. 257/2013). Nella fattispecie, la commissione di massimo scoperto risulta legittimamente pattuita ed applicata al rapporto di conto corrente affidato. In particolare, nella perizia si legge “La commissione trimestrale di massimo scoperto è stabilita nella ragione dello 0,375% per la prima commissione nei limiti del fido accordato e dello 0.612% oltre i limiti del fido”. Per quanto esposto, gli interessi a debito venivano puntualmente pattuiti, rispettosi della normativa di settore applicabile ratione temporis, pertanto, l’odierno giudicante ritiene di dover confermare la somma portata in ingiunzione, senza dover procedere al suo ricalcolo con l’epurazione o correzione della capitalizzazione applicata".
Autore | Avv. Serena Leo |
Data pubblicazione | 27-06-2024 |
Data aggiornamento | 27-06-2024 |
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